La storia racconta:
Maria Capitanio. La ragazza, nel 1865, a quindici anni si innamorò di Agostino Luongo, un operaio delle ferrovie. Maria continuò ad amarlo e a frequentarlo di nascosto anche quando questi si dette alla macchia. Lo seguì nella latitanza, consumò le "nozze rusticane" e partecipò per pochi giorni alle azioni delittuose della banda, fungendo da vivandiera e da carceriera di un ricco possidente, tenuto in ostaggio. Catturata dopo una decina di giorni, in uno scontro a fuoco, grazie ai denari del padre, fu prosciolta dall'accusa di brigantaggio, essendo riuscita a dimostrare - attraverso false testimonianze - di essere stata costretta con la forza a seguire il brigante Luongo.
Cerco di sentire la sua voce, un sussurro al suo Agostino. Come una missiva nel baule.
Il binario correva e noi due sulla chiatta a guardare il mondo che spariva. Il cielo, sembrava che il cielo ti avesse mandato a me. Caro Agostino, hai braccia possenti e la mascella volitiva come piace a me. Gli occhi profondi come due perle, belli come il mare. E tu non hai mai mostrato paura. Di nessuno. Tanto meno di quei piemontesi scesi per comandare le nostre terre, per questo in paese hai avuto tutti contro. Soprattutto mio padre. Naturalmente non parlo di me, cielo quando mi baciavi a me venivano i brividi e credevo di morire. Non pensare male di me. Ricordi la notte della fuita insieme? Ti ho seguita e sarebbe stato un bel vivere insieme. E quel farabutto di Carmelo Positano, soldi maledetti ti dicevo io ma poi gli portavo da mangiare e pulivo la grotta dove lo tenevi. Lo facevo per te. Lo sai, mi faceva impressione vederlo smagrito in catene e provavo schifo da morire per i suoi escrementi. Bacili da vuotare per farlo respirare. Lo facevo per te, Agostino. E tu, come mi vedevi di malo umore, mi sollevavi il mento per baciarmi. “Ci ha soldi da vergogna quell’aguzzino”, mi spiegavi e aggiungevi che Positano si faceva cucire i soldi dentro al cuscino. Ti giuro tesoro che è stato mio padre. Io mi sarei lasciata incarcerare fino a marcire tutti gli anni che mi davano ma lui ha pagato i testimoni. Tutti bugiardi a dire che mi avevi preso con la forza. Al processo io piangevo, l’hanno visto tutti che piangevo, anche il giudice. Lacrime non per le cose brutte che hanno detto su di te ma perché… Lo sai. Adesso dove sei finito? In quale antro del Pollino ti stanno danno la caccia? Mio padre dice che se ti incontra ti ammazza. E’ un cretino che non capisce niente, lui è un lecchino lesto a levarsi il capello davanti al Farmacista e all’Avvocato. Hai ragione tu, noi siamo chiamati alla libertà e la nostra Regina Maria Sofia tornerà. Adoro quando mi racconti che il Regno tornerà e che i regnanti hanno capito la lezione, ci sarà la costituzione e un regno delle due sicilie come quello Inglese. A me gira la testa quando mi parli così e vorrei soltanto che le tue mani fossero qui con me. Mi manca il tuo modo di guardarmi. Di sorridermi e di prendermi. Accanto a te, io smetto di essere la timida Maria, mi sento un’altra. Forte e senza vergogna. Un giorno o l’altro, te lo giuro amore mio, il coraggio me lo faccio venire, imbraco l’archibugio di mio padre e ti vengo a cercare sul Pollino. Mio fratello si tenga pure la promessa di trovarmi marito. Agostino, solo tu accendi il mio sole. Torneremo a correre sulla chiatta sul binario di Reggio, veloci da fare invidia al vento. Ci riusciremo ancora, vero amore?