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Quando i condannati alla crocifissione erano più di uno venivano legati fra di loro e venivano legate fra di loro le estremità destre di tutti i patiboli. Ogni condanna¬to poi oltre ad avere l'estremità sinistra del suo pati¬bolo legata al proprio piede sinistro, l'aveva anche legata al piede destro del condannato che precedeva.
Sul luogo dell’esecuzione il condannato veniva inchiodato o legato sul patibulum.
Poi la trave orizzontale insieme al corpo del condannato venivano sollevati con le funi e collocati sullo stauros o stipes, la trave verticale, già infissa al suolo. La fase successiva era l’inchiodatura dei piedi.
L’evangelista Luca ci fa sapere che “Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra” (23, 33).
Secondo i vari vangeli Gesù sulla croce disse sette frasi:
la prima fu la richiesta di perdono per coloro che lo trattavano in modo ignobile: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34).
A Maria, sua madre, disse: “Donna, ecco tuo figlio”. E al discepolo Giovanni: “Ecco tua madre” (Gv 19, 26 – 27).
Al malfattore pentito, crocifisso accanto a lui: “In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43).
“Elì, Elì, lema sabactani ? (= Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?” (Mt 27, 46; salmo 22, 2).
“Ho sete !” (Gv 19, 28).
“Tutto è compiuto !” (Gv 19, 30).
“Padre, alle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23, 46; salmo 31, 6).
Gesù ebbe sete e gli diedero da bere la “posca”, bevanda di vino blandamente anestetica, miscelata con fiele, o, come dice Marco, con la mirra; Egli l’assaggiò ma non la volle bere.
La posca nell’antica Roma era un’economica bevanda dissetante e disinfettante ottenuta miscelando acqua e aceto.
Gli evangelisti raccontano che i quattro soldati incaricati della morte di Gesù si divisero le sue vesti tirandole a sorte, come previsto dall’usanza romana, secondo cui le vesti del giustiziato spettavano al plotone d’esecuzione.
“E sedutisi, gli facevano la guardia” (Mt 27, 36) durante la sua agonia.
Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: ‘Questi è Gesù, il re dei Giudei’.
Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: ‘Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso ! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce’. Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: ‘Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E’ il re di Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuole bene. Ha detto infatti: ‘Sono Figlio di Dio !’. Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo” (Mt 27, 32 – 44). Ma uno dei due intuisce il “mistero” di Cristo e lo prega: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23, 42). La risposta di Gesù va oltre la richiesta. Al posto di un futuro indeterminato pone ilo suo “oggi”: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43). Così nella storia della devozione cristiana il cosiddetto “buon ladrone” è diventato l’immagine della speranza, della consolazione della misericordia di Dio