Non è tempo adesso di spiegare le forme dell’anima. E neanche di spiegare il mio segreto sull’amore. La donna bionda con i tacchi rossi deve capire che non è tempo. E poi. Io l’amore non so cosa sia. Io vivo quando nessuno mi guarda. Sto in un posto vuoto tutto mio dove nessuno arriva. Arrivano soltanto le voci di là fuori che mi arrivano nervose agitate - quasi sempre, quasi sempre - e io vorrei invece una carezza tra i capelli e un bacio sugli occhi. Un bacio sugli occhi, potrei morire a sentire la mia lacrima morire consolata. Sarei pronto a morire e invece mi tocca correre. Corri cadi ti rialzi ei corri ancora tra i vicoli di questa città bianca - c’è gente che mi ferma e mi chiede dove vado, come fosse affare loro. Mi fermo davanti a un semaforo che mostra un unico colore con un numero che sale e che scende. Stupido. E questi ridicoli uomini candidi ciondolano la testa e domandano insistenti chi sono e dove vado. Non rispondo, chino la testa e non aspetto il semaforo, riprendo a correre per un’altra via. Le vie tutte bianche di questa città io le conosco. Devo stare attento però: finisce come l’altra volta che mi hanno sussurrato parole dolci e poi - a tradimento - mi hanno pizzicato il braccio. Non mi fido più di nessuno, quasi neppure della donna bionda con i tacchi rossi. Sento il suono dei suoi passi sul marmo bianco. Mi guarda sorridendo e mi parla. Sì, adesso mi parla.
- Non mi deludere, Alfredo.
Io ci penso un attimo e mi viene una commozione che non trattengo. Perché lei è la mia sorellina vestita di bianco e io sogno sempre che lei mi prenda la mano e mi dica che accarezzerà i miei capelli e mi bacerà gli occhi. E vorrei prometterle che torneranno i colori del mondo a riempire questo bianco attonito. Mi stropiccio gli occhi umidi mentre lei si avvicina lentamente, come se avesse paura.
- Io non ci torno lì dentro - piagnucolo e con gli occhi indico la cappella dove portano quelli che legano e pizzicano.
- Voglio soltanto che mi racconti i tuoi sogni. - mi sorride gentile - Le forme dell’anima, vuoi parlarmi di questo?
La guardo bene e stringo gli occhi. Non ci credo che vuole sapere delle forme dell’anima. Trattengo il mio labbro inferiore con i denti, sennò riprende a balbettare. Non vorrei ma il gelo di acqua scivola sulla mia spina dorsale e discende sulle braccia. Con la coda dell’occhio mi accordo che stanno arrivando gli uomini che pizzicano - lo vedo che tengono in mano la siringa - ma adesso proprio no, vi prego. Proprio no perché i palmi delle mie mani si sono aperti. Ho i cerchi piccoli nel palmo delle mani e il canto nella testa. C’è soltanto da piangere di gioia di tristezza e non mi viene più di scappare. Quando stasera la dottoressa sorellina mi ha sorriso e ha chiuso gli occhi, era logico che dovevo andare via. Mica la lasciavo in balia della città bianca. Sarei tornato a prenderla con un mazzo di fiori e una macchina lucida, si capisce. E invece lei ha rovinato tutto mettendosi a strillare. Ho corso per la città ma lei mi ha trovato e sono arrivati gli uomini che pizzicano con la siringa piena di blu. Dicono che così mi calmo e mi rilasso. E io lo so che poi non ricordo più niente e invece c’è il canto delle forme dell’anima che io preferire tenere per me, però lo so che deve arrivare a tutti. Scuoto dunque la testa disperato, mi dibatto cercando di liberarmi dalla loro stretta. Infine stremato mi arrendo.
- Anima a ombrello, imbuto rovesciato, scatola di Psiche, due ruote congiunte, almeno questi nomi - dico con voce calma così si calmano - questi nomi di forme d’anima aggiungili al nostro atlante delle anime.
I due uomini guardano perplessi la sorellina dottoressa e lei mostra l’atlante dicendo che è la scheda di anamnesi del paziente. Si capisce, anche lei deve fingere nella città bianca. Qui non ci sono poesie ma rapporti diagnostici, qui non c’è l’asfalto nero che corre come un serpente tra le case ma questi marciapiedi lucidi di visi sconvolti. C’è chi galleggia in un mondo tutto suo, e resta ore alle finestre a guardare i piccioni dritti sul filo. Marta dai pochi fili di capelli dice che nel collo dei piccioni vede l’arcobaleno. “Ma che stai a dire vecchia! Quelli so’ topi con le ali grigi e sporchi.” Luigi stasera all’ora di comunità le ha sputato addosso così. Lui è un farabutto e io ho alzato gli occhi, mi sono avvicinato e gli ho preso il suo colletto tra le mani deciso che rischiavo le bastonate e la pizzicatura. Perché Marta ha la forma d’anima a ombrello. Per questo la tengono qui e lei non ha colpa se la forma d’anima a ombrello ti fa vedere l’arcobaleno anche in un piccione. E non mi credevo che la sorellina dottoressa bionda con i tacchi rossi, mentre lo facevo guardasse dalla porta della piazza che dicono salone. Si è avvicinata e mi ha convinto a seguirla a casa sua. Una stanza bianca ma al muro c’è una donna con la schiena ad arco che guarda le nuvole. La tiene appesa alle parete bianca. Io ho spiegato mordendo il labbro inferiore e lei mi conosce già. Però stavolta non mi stava a sentire, diceva con voce cattiva che mi faceva pizzicare se sfioravo ancora Luigi o qualsiasi altro paziente. Io non sapevo che rispondere, se dicevo di sì avrei tradito Marta e tutti gli arcobaleni. La forma d’anima a ombrello si merita di meglio, così ho alzato le braccia rivolgendo i palmi al cielo bianco. Ho chiesto aiuto all’acqua del cielo. Ero sicuro che sarebbero arrivate la parole giuste, come quando ho spiegato alla dottoressa bionda con i tacchi che sapevo perché aveva le occhiaie. E’ successo non mi ricordo quando è successo. Quella volta lei aveva preso appunti, le piaceva che io le spiegassi il mio segreto sull’amore: il grande dilemma dell’amore è che ognuno uccide una parte di sé e poi corre a cercarla in qualcun altro. Come l’avesse dimenticata in giro. E se uccidi la donna dentro di te, poi la cerchi in giro dolce tenera sensuale come quella che avevi dentro. E se uccidi l’uomo dentro, lo cerchi in giro coraggioso lucido e tenace come quello che avevi dentro. E ovviamente non lo hai perso da nessuna parte ma è soltanto un cadavere dimenticato dentro di te. E per questo la forma d’anima si deforma in tutti: perde la forma ad ombrello e diventa una delle forme inferiori; a volte - orrore- la forma a imbuto rovesciato. Cioè la forma di quando sei pazzo come Luigi e non vedi per niente l’arcobaleno sul collo dei piccioni dritti sul filo che sostiene i due palazzi. Ecco, quando ho spiegato il segreto dell’amore alla sorellina Dottoressa bionda con i tacchi rossi, lei ha chiuso gli occhi per un momento. Non ha chiamato per farmi pizzicare. Io allora ho capito che lei sperava che io facessi qualcosa di concreto. In quel momento ho capito: non basta parlare di uomo e donna dentro, di arcobaleni e forme dell’anima, occorre anche agire e riconquistare la libertà. Pe me, per la sorellina Dottoressa e per Marta che ha pochi capelli bianchi. Io voglio bene a Marta. Anche alla sorellina Dottoressa bionda con i tacchi rossi. Ma adesso cosa fa? Sbuffa e non scrive nessuna forma dell’anima che le ho detto. Dice che va a fumare fuori. Io guardo le sue spalle allontanarsi e i miei occhi giocano a fare il mare. Non mi dibatto e loro non perdono più tempo, pizzicano. Tra un istante non ricorderò più niente, come al solito. Forse, meglio così. Però una carezza tra i capelli e un bacio sugli occhi, l’anima mia piange.