Non posso pensare di vivere una vita senza mai conoscere un altro mondo che non fosse il mio, senza mai viaggiare per ritornare e sentirmi ancora più ricca di prima. Sono chiusa in casa ormai saranno anni e l'unica cosa che conosco è il giardino oltre la mia casa. Così pensavo appena diciottenne, e poi incontrai tuo nonno e tutto mi sembrò a portata. Ci sposammo una mattina di maggio prima in municipio e poi in chiesa io con l'abito bianco, lui in blu e con una rosa all'occhiello. Al pomeriggio ancora ballavamo e mangiavamo tutti contenti e pieni di speranza. La sera finita la grande festa ci ritrovammo soli in una stanza offertaci per l'occasione dal padrone dell'albergo, tuo nonno, mia cara, era molto buono e tutti per riconoscenza al suo buon cuore sempre si sentivano in debito con lui anche per un sorriso che sapeva regalare. Così quella nottata passò prima a convincermi che tra un uomo e una donna era giusto si “facessero certe cose” e poi a consolarmi del fatto che non era stupido non sapere ancora certi aspetti della vita. Quando finalmente sembrò tutto appianato gli dissi che avevo ancora bisogno di un attimo e quando ritornai dal bagno lo trovai seriamente addormentato.
Da quel giorno iniziò la nostra vita insieme, lui era così paziente e buono, mi spiegava sempre tutto, ed io testarda come un mulo sembra che glielo facessi apposta a non sapere. Gli ci vollero serate intere a tuo nonno per farmi capire questo e quello e come va il mondo, eppure sempre la sua pazienza mi metteva a dura prova, sapevo che prima o poi lui vinceva sempre, ed io glielo lasciavo fare. Solo una volta tutto questo non accadde, e credimi, me lo porto appresso questo mio rimpianto. Avvenne che gli regalarono un viaggio premio per due persone a Tripoli quell'anno, e lui tutto contento ritornò a casa dicendomi: “finalmente il nostro viaggio, amore mio, preparati che partiamo, quello che hai sempre sognato oggi si sta avverando ed io sono l'uomo più felice del mondo perché te lo sto regalando”. Lo guardai come se il suo cervello si fosse fuso, ma come, non si rendeva conto che avevamo tre figli piccoli da guardare? Allora lui con tanta pazienza, e quella volta fece anche di più attirandomi tra le sue braccia e facendomi sedere sulle sue ginocchia come fossi una bimba e lui mio padre, mi spiegò che a badare ai figli avevamo chi ci poteva pensare e se per quattro giorni io e lui ce ne saremmo andati, i figli di certo non sarebbero morti di crepacuore. Fui irremovibile, ricordo anche con quanta stupida ostinazione gli buttai in faccia le mie ragioni, e allora lui senza più andare oltre a fare discussioni, concluse dicendomi che a quel punto sarebbe partito solo.
Se lo avessi accompagnato in quel viaggio, ora che lui non c'è più avrei avuto anche quei ricordi e invece ho solo questa pipa che tuo nonno mi portò al suo ritorno.
Non mi disse mai fino a che campò quanto dopo mi sarei pentita di quella decisione, e quando i suoi occhi mi guardarono per l'ultimo istante, fu allora che avrei voluto tornare indietro non una ma cento volte, per vivere con lui il nostro primo viaggio scartato invece senza nemmeno un soffio d'ali.