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Un’indagine sulla solitudine effettuata da ricercatori dell'universita'di Haifa (Israele) ha evidenziato che la maggioranza dei sofferenti di solitudine cerca soluzioni "culturali": lettura di libri, attività artistiche o creative, cinema, teatro. Altri preferiscono forum, chat, social network. Altri ancora scelgono i centri commerciali o vanno allo stadio la domenica per sentirsi parte della folla, oppure praticano un’attività sportiva, fanno viaggi o prediligono la compagnia di un animale domestico. Sono reazioni di contrasto per non pensare alla propria solitudine o all’isolamento.
Comprendere la propria condizione non è facile ed ognuno ha il suo modo di reagire alle diverse situazioni, come leggiamo in alcuni testi letterari di autori come Joyce, Kafka, Proust, T.S. Eliot.
Sulle nostre relazioni interpersonali abbiamo aspettative che vengono spesso deluse, e la delusione è tanto più cocente quanto più i rapporti sono amichevoli o affettuosi. Continuamente lanciamo segnali o messaggi che vengono ignorati o travisati: ci aspettiamo un consiglio e riceviamo un rimprovero, cerchiamo conforto e troviamo indifferenza, riveliamo una confidenza, sperando di ricevere complicità e condivisione, e ci ridicolizzano.
Scopriamo continuamente che la nostra immagine dell’altro/a, costruita sulla proiezione, sulla base delle nostre aspettative su come lui/lei dovrebbe essere, non combacia con i fatti. Se invece non inviamo messaggi e non facciamo richieste perché ci aspettiamo che l’altro/a spontaneamente si accorga delle nostre esigenze e vi corrisponda, allora aumentano le probabilità di delusione.
Rubin Gotesky nel suo libro titolato: “Aloneness, loneliness, isolation, solitude”, afferma che noi proviamo la solitudine se non riusciamo a condividere i nostri pensieri, le nostre verità, i nostri bisogni.
La solitudine può indurre all’isolamento, perché ci libera dalla tensione di offrire agli altri una nostra immagine socialmente adeguata. In assenza degli altri, si riduce la nostra attenzione su come appariamo, si evita il continuo automonitoraggio dei nostri gesti ed è più facile concentrare l’attenzione sui propri progetti, sulla creatività. Nelle biografie di filosofi, scienziati e artisti si legge spesso che le nuove idee o scoperte nascono in periodi di isolamento non costrittivo.
Tra i “solitari” per scelta ci sono navigatori, eremiti, esploratori ai quali l’isolamento ha dato forme diverse di soddisfazione intellettuale. Si soddisfa il bisogno di mettersi alla prova, di farcela da soli, di dimostrare a se stessi ed agli altri, il proprio coraggio, la propria resistenza e la propria autonomia.