Molti ospiti ieri sera a far da opinionisti o esperti nella trasmissione di Corrado Formigli: l’economista Alan Friedman; Peter Gomez, direttore del “Il fatto quotidiano”; Elisabetta Gualmini de “La Stampa” di Torino; Aurora Lussana, direttore de “La Padania”, l’imprenditore Angelo Petrosillo e, infine, il vero protagonista della serata, il politico da far cuocere lentamente sulla graticola o, se si vuole, il condannato di turno che dovendo assumersi tutte le colpe della politica del governo che rappresenta, altro non potrà fare che farsi crocifiggere. Oppure, difendere l’azione del suo Capo, Enrico Letta, l’uomo del fare e dell’immobilismo, al contempo. Lui è, udite udite, Stefano Fassina, Vice Ministro per lo Sviluppo Economico e delle Finanze.
Strano Paese l’Italia, poiché succede che, al contrario del resto di quanto praticato nel resto delle nazioni economicamente sviluppate, una società che dichiara fallimento invece di presentare i propri libri contabili in tribunale, si presenta a Palazzo Chigi, per un congruo sussidio.
Questa è la storia recente: che va dalla FIAT a Alitalia. Insomma una pletora di amministratori delegati e manager strapagati (è proprio il caso di ribadirlo) assolutamente incapaci, che scaricano il peso delle loro politiche aziendali sbagliate sullo stato, quindi sui cittadini. Questo è stato il tema più interessante della serata, poiché ci tocca tutti da vicino, e non è poco se si considera che, proprio in questi giorni dovrà essere varata la Legge di Stabilità (ex legge finanziaria), che dovrà essere approvata anche dall’Ue.
In buona sostanza, Fassina ha dovuto difendere, con unghie e denti, la scelta dell’attuale premier Letta, di consentire il secondo salvataggio di Alitalia, anche stavolta attraverso un’iniezione de danaro fresco e pronta cassa, ben 75 mln. di euro, per ridare ossigeno alla nota Compagnia di bandiera, oramai al collasso. Questo nei piani del governo dovrebbe avvenire attraverso una compartecipazione di Poste italiane SpA, quindi attraverso un azionariato da parte dello Stato. Giova ricordare che, il precedente salvataggio, risale al 2008 quando il primo ministro pro-tempore Romano Prodi fu bloccato da Silvio Berlusconi il quale non consentì che Air France si accaparrasse Alitalia pagando il valore di mercato, cioè 3 mld. di euro.
Il Cavaliere, invece, favorì quella che lui definì una cordata di “Patrioti”, che la acquistarono ameno della metà del suo valore di mercato (appena 1,5 mld. di euro), fregiandosi del titolo di salvatore di Alitalia. Praticamente un maxi spot elettorale a tutto vantaggio di una politica economica volta a realizzare un vantaggio immediato (il mancato fallimento) non sostenuta da un piano aziendale che rilanciasse insieme alla Compagnia aerea anche gli hub, o aeroporti di importanza strategica, che in prospettiva avrebbero garantito la crescita dell’intera economia nazionale. Come? Semplice e presto detto. Basta osservare quello che hanno fatto gli arabi di “Emirates Airlines” in questi ultimi anni: hanno moltiplicato il numero di rotte internazionali che collegano la Penisola Arabica ad ogni angolo del pianeta, contribuendo così ad attirare i turisti in quei paesi, che diversamente sarebbero rimasti ancor più isolati.
Ricordiamoci che Malpensa era stata creata (a poche decine di chilometri da Linate) proprio perché divenisse un hub internazionale, capace di sottrarre flussi importanti di viaggiatori e merci ad altri scali importanti quali Francoforte o Parigi. Ma ciò non è accaduto e di questo ce ne stiamo via via rendendo conto, poiché stiamo assistendo alla fine non solo di Alitalia, che sta agonizzando in attesa di essere fagocitata da Air France o da Emirates Airlines. E’ solo una questione di tempo. La globalizzazione non consente errori di valutazione o programmi a lunga scadenza che sbagliano completamente il target. Come è accaduto ad opera della dirigenza (si fa per dire) di Alitalia, la quale scelse di puntare tutti suoi sforzi solo su alcune rotte nazionali, dismettendo progressivamente le rotte intercontinentali e a medio raggio, entrando, peraltro, in competizione in Europa con le linee ferroviarie ad alta velocità, giudicate dall’utenza le più comode e puntuali, quando ci si sposta da tra città molto popolose e congestionate dal traffico. Quanta miopia e incapacità di costruire un piano industriale che guardando avanti con coraggio e sano spirito imprenditoriale, camminando con le proprie gambe, possa esso stesso diventare una risorso economica non solo per la compagnia ma anche per il Paese.
Invece, la cordata che capitanava Alitalia – CAI ha saputo dilapidare un miliardo e 252 milioni di euro dal 2008 al 30 settembre scorso, tutto denaro ovviamente pubblico, pagato in contanti attraverso una maggiorazione dei biglietti aerei. Ancora, la squadra di Colaninno, composta da Ligresti, Riva, Angelucci, Tronchetti Provera e Caltagirone, non solo ha saputo affossare quella che sino a 20anni fa era l’orgoglio nazionale, ma è finita nel mirino della magistratura per “frode fiscale”, “frode in bilancio” e, dulcis in fundo, “truffa ai danni dello Stato”. Un ragguardevole traguardo per una “Squadra di Patrioti”!
Tuttavia, i Commissari Ue, che non dormono, hanno già avviato la procedura di “sospetta infrazione”, poiché vogliono capire se l’Italia ed il suo governo, sta infrangendo una delle regoli principali che prevedono il non intervento statale, quando le public company sono in sofferenza.
Staremo a vedere. Nel frattempo, qualcuno dovrà spiegare agli oltre 7 mila dipendenti Alitalia licenziati nel 2008, come faranno con il proprio bilancio familiare, tenuto conto che gli ammortizzatori sociali studiati “ad hoc” per consentire l’alleggerimento della compagnia, scadranno il prossimo anno.
Il secondo tema d’interesse della serata, è stato quello relativo alla posizione di Grillo-Casaleggio rispetto alla problematica, attualissima, della legge Bossi-Fini e la sua revisione. Una posizione politica che, per una volta, li accomuna alla Lega, quando sostengono che i flussi migratori devono assolutamente essere non solo controllati ma, se necessario, respinti. Sullo sfondo, il sospetto che grillini e leghisti stiano portando avanti la c.d. “politica della pancia”, ovvero cavalcare l’onda di rabbia e delusione che sta attraversando l’intero Paese, al solo fine di attirare nuovo elettorato, sottraendolo alle aree antagoniste (Pd e Pdl).
Per finire, Formigli ha spostato l’attenzione dei presenti in sala sulla questione forse più tecnica della serata: amnistia, indulto e provvedimento “svuota carceri”. Un provvedimento, quest’ultimo, già adottato nel 2006, ma senza troppo successo, posto che dopo pochi mesi una buona parte di quelli che erano usciti, erano stati nuovamente arrestati poiché colti in flagranza di reato. Il sospetto, però, è che si stia “lavorando” a vantaggio di un certo numero di parlamentari che potrebbero godere del decreto svuota carceri, in quanto prossimi al “giudizio di 3° grado”. E questi sarebbero sia destra che di sinistra! Le immagini di una manifestazione in difesa della Costituzione, dalla quale emerge tutta l’insoddisfazione dei cittadini nei confronti del Presidente Napolitano, ci ricorda che se anche il Quirinale non è al di sopra delle parti la Costituzione, voluta fortemente dai “Padri della Repubblica”, sarebbe priva di senso e di contenuto, se non sostenuta nella politica diuturna del Primo Cittadino italiano.