L’albanese
Milko è andato alla sagra dell’uva, perché l’uva gli piace da morire, e poi sta in mezzo alla gente e così gli pare di essere in compagnia, di avere amici. Milko ricorda le sagre del sua paese, sono uguali in tutto il mondo, si mangia, si scherza, ci si diverte. Il sole è caldo, ma non caldissimo, la terra profuma di vita, mica come la città che puzza e basta.
Due tizi suonano una fisarmonica ed un tamburello e altri li ascoltano e applaudono. Viene voglia di ballare. Poi la vede, piccola e bionda come la sua sorellina: mangia assorta un panino. Ha le treccine come Sofia e lui si sente commuovere e la solitudine gli pesa maggiormente; la vorrebbe abbracciare.
Le si avvicina:
-Ciao, io perso mio piccolo cane, io cammino male, male gamba, aiuti tu a cercarlo? Lui si perde, lui piccolo.-
La bimba lo guarda, continua a mangiare.
Milko cerca di essere ancora più gentile e le offre la mela che ha nello zainetto.
-Io caduto al lavoro, tu aiuti me a cercare cucciolo, sì?-
-Ma perché parli strano?-
-Io Albània, io qui solo da un anno, ma poi imparo italiano, bello italiano. Io sono Milko e tuo nome? Quanti anni hai?-
-Mi chiamo Elvira e ho già otto anni. Com’è il tuo cane?-
-E’ piccolo piccolo, lui tre mesi circa, chiama Dudu. Lui corre sempre, piace bosco, è andato giù lì, io voglio trovare, mio unico amico.-
Elvira capisce, Elvira non ha amici.
-Andiamo a cercarlo allora.-
Milko prende per mano la bimba e pensa a Sofia, che ha due anni di più, e in quella manina sente tutto il rimpianto per la sua famiglia. Vanno verso il bosco.
Roberto chiude il cellulare e lo rimette in tasca, finalmente il capo gli ha dato gli ordini. Domani con il suo Tir andrà in Bulgaria, è contento, lui non è il tipo che riesce a stare fermo, gli piace viaggiare, vedere, conoscere.
E’ sempre in giro, e per questo alla fine la moglie l’ha piantato. Oggi è il suo turno di stare con Elvira.
La cerca con gli occhi, era qui un minuto fa. Non la vede. Domanda.
-Signora, ha mica vista una bimba con treccine bionde e una maglietta rossa?-
-No, perché, che è successo?-
-Ehy, avete visto dove è andata una bambina bionda con maglietta rossa?-
Roberto inizia ad agitarsi, domanda a tutti, ferma tutti, la gente gli si fa incontro cerca di ricordare, di aiutare, l’ansia prende tutti.
Un bimbo alla fine dice che l’ha vista andare per mano verso il bosco con un uomo, giovane, biondo. Il bimbo è un testimone perfetto, descrive Milko e specifica persino che gli pareva uno straniero.
Tutti pensano al peggio, ormai i giornali non risparmiano i particolari agghiaccianti.
Roberto urla: - Se le ha fatto qualcosa lo ammazzooooo!-
Prende un ramo da terra, pronto ad usarlo come arma, anche se ad un omone come lui basterebbe allungare un braccio per stendere una capra, ma ha bisogno di sentirsi armato e forte, la disperazione e la paura hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa di concreto.
Gli uomini si uniscono a lui per la ricerca, sono quasi tutti padri: le donne radunano i figli, grandi e piccoli, tutti pensano a “ se fosse accaduto a me” e soffrono il dolore e la paura di Roberto.
Prima c’è il silenzio, poi parole sottovoce, ognuno si sfoga parlando di quella volta che, dei rumeni e rom, di tutti questi che entrano in Italia e poi…
La colpa è del governo, ma che dice, i pedofili ci sono sempre stati, pensi ai preti, anche al mio paese…Qualcuno intanto chiama il 113.
Milko è in piedi nella raduna, il sole in faccia, si sta accendendo una sigaretta, la gamba gli fa male.
È caduto da un’impalcatura nel cantiere dove fa il manovale in nero, ma pazienza, si è messo d’accordo con il capo per non dire nulla, e con la promessa di essere assunto in regola.
Sono passati due mesi, la frattura è andata a posto, i dolori ci sono sempre, ma il capo no, non si è più fatto sentire.
Improvvisamente sente che qualcosa non va, cespugli smossi, passi, voci, e poi silenzio.
Si gira e si trova faccia a faccia con un uomo alto quasi due metri, paonazzo, furibondo e con un ramo in mano.
Più in là un manipolo di uomini immobili dall’aria truce, come in attesa di qualcosa.
Solo un urlo raggiunge i suoi sensi: -Cosa le hai fatto?- Poi più niente.
Il colpo gli è arrivato violento su una spalla, cade, si ode un rumore di biscotto rotto, ma a rompersi è il suo cranio contro l’unico masso del bosco.
Roberto è immobile come una statua, non voleva, è confuso, forse è un incubo. Elvira.
Gli altri sono attoniti, silenziosi, qualcuno fa un passo indietro, io non centro.
-Milkooo, Milkooo l’ho trovato era giù in fondo al fossetto, sotto i cespugli e non riusciva a risalire. Vieni, ci sono anche funghi gialli -.
Elvira compare con in braccio un bastardino dal pelo rustico bianco e nero; in tutto un paio di chili scodinzolanti.
Si ferma, è sorpresa, non capisce la situazione, posa il cane in terra che si avvicina festante al suo padrone.
Lei non fa domande, non vuole sapere, aspetta che i grandi dicano qualcosa, poi automaticamente raccoglie la sigaretta ancora accesa e la spegne nella terra.
La mamma le ha sempre detto che i fuochi sono pericolosi nei boschi, perché l’erba è secca e può nascere un incendio.