In questi giorni Papa Francesco si trova in Brasile, un Paese dalle mille contraddizioni, per incontrare i giovani brasiliani per la giornata mondiale della gioventù.
L’altra sera Porta a porta ha dedicato un’intera puntata all’incontro del Papa con i giovani brasiliani e ogni giorno tv2000 dedica uno speciale, in prima serata, dell’evento.
Papa Bergoglio, o Papa Francesco come i più preferiscono chiamarlo, in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale della Gioventù, ha richiamato con forza i temi della povertà del popolo delle favelas, e degli abitanti delle baraccopoli di ogni paese al mondo, pronunciando il suo discorso dalla Avenida Atlantica di Copacabana (Rio de Janeiro) ha sottolineato:” Con la croce – dice – Gesù si unisce al silenzio delle vittime della violenza che non possono più gridare, soprattutto gli innocenti e gli indifesi” e continuando ha ancora ricordato: “…che soffrono nel vederli preda di paradisi artificiali come la droga; con essa si unisce a chi è perseguitato per la religione, le idee, o semplicemente per il colore della pelle; in essa – ha aggiunto – Gesù si unisce a tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche perché vedono egoismo e corruzione e hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio, per l’incoerenza di cristiani e ministri del Vangelo”. A questo punto ha aggiunto: ”E quanto fanno soffrire Gesù le nostre incoerenze”.
Cenni storici
Nel 1500 fu una spedizione europea a scoprire, ufficialmente, le coste del Brasile. Una spedizione guidata dal portoghese Pedro Alvarez Cabral che arrivò nell’odierno territorio dello stato di Bahia, nella zona che oggi si chiama Porto Seguro. La colonizzazione vera iniziò, però, circa trent’anni dopo, quando il re del Portogallo divise il suo vice regno in 12 territori e nominò San Salvador sua capitale. La storia del Brasile si articola, nei secoli successivi, tra passaggi di mano, che vedono protagonisti il Portogallo, come abbiamo già visto, dal 1500 al 1822, quindi l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Oggi, il Brasile è una Repubblica Federale, con un ordinamento molto simile a quello degli Stati Uniti.
Geografia e popolazione
Il Territorio amministrativo della repubblica brasiliana comprende il 47% del continente sud americano, con una popolazione di circa 200 mln di abitanti, concentrati perlopiù nell’area costiera e nel sud del paese.
Il Brasile vede la presenza di molte razze: dagli indios (oramai ridotti ad una presenza scarsissima di circa 100-150.000 individui, contro i 6 mln dell’età precolombiana), discendenti dei coloni portoghesi, schiavi africani e diversi gruppi di immigrati, giunti in Brasile in epoche e ondate diverse, tra il 1820 e il 1970: italiani, tedeschi, spagnoli, giapponesi e ancora siriani e libanesi.
Un’annotazione occorre farla per quanto riguarda la comunità italiana: la più numerosa dello stato brasiliano, conta ben 30 mln di persone, ed è anche la popolazione di oriundi italiani più numerosa al mondo. Giunsero in Brasile a cominciare dal 1874; erano soprattutto contadini trentini e veneti, ma il picco massimo lo si ebbe tra il 1880 e il 1920, quando la maggior parte trovò occupazione e, per alcuni di loro la ricchezza, nelle piantagioni di caffè del sud del paese. L’ultima ondata di italiani si ebbe nell’immediato dopoguerra (1950), che vide l’arrivo di navi transatlantiche cariche di famiglie, questa volta, originarie della Basilicata, Calabria, Abruzzo, Toscana, Campania, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte.
Le ricchezze del suolo e sottosuolo
Il Brasile è ricco, molto ricco di risorse sia nell’agricoltura, caffè (primo esportatore al mondo), soia (è il secondo produttore dopo gli Stati Uniti), frumento (specie nel sud), ma anche riso, mais, canna da zucchero e cacao.
Tuttavia, l’economia agricola brasiliana, ancora oggi, ha una struttura di tipo coloniale, poiché l’1% dei proprietari possiede il 40% dei terreni coltivabili, strutturati in grandi proprietà fondiarie, ove si pratica l’allevamento estensivo o l’agricoltura di piantagione.
La parte rimanente, è destinata alla cosiddetta “agricoltura povera”, praticata dai piccoli proprietari, i “minifundus”, che coltivano essenzialmente mais, riso, manioca e frumento.
Il sottosuolo del Brasile è ricco di materie prime, al punto che fornisce il 30% delle esportazioni mondiali di ferro. Ancora, esporta manganese, zinco, oro, stagno, pietre preziose, ghisa e carbone.
Industria
La sua industria è storia recente. Soltanto a partire dalla seconda metà del XX secolo ha conosciuto una crescita rapida, diversificando i settori produttivi. Questo, grazie agli interventi dei capitali stranieri, soprattutto nella produzione nei settori metallurgico, chimico, tessile, alimentare e, ancor più di recente, nei comparti meccanico (la FIAT è presente in qualità di primo produttore di automobili nel sud America), aerospaziale ed elettronico (microelettronica e radiotecnica).
Il paradosso brasiliano
Il Brasile è 24 volte l’Italia, 15 volte la Francia, ed è divenuto il simbolo delle contraddizioni insite nel fenomeno della globalizzazione e delle regole dei mercati finanziari, laddove la miseria sofferta da milioni di persone si contrappone alla ricchezza detenuta dell’1% dei suoi cittadini.
Il Brasile si candida a diventare entro il 2016 la 5^ potenza mondiale, in termini di prodotto interno lordo, eppure al contempo il governo carioca deve sostenere milioni di famiglie, il 6% della popolazione, cioè 38 milioni di cittadini assolutamente indigenti, attraverso un programma denominato “ Bolsa Familia”, che ha l’obiettivo di dare assistenza a chi non può mettere insieme il pranzo con la cena.
L’attuale presidente del Brasile, Dilma Rousself, intende portare avanti il programma di assistenza alle famiglie, forte dei numeri che sembrano darle ragione: ben 28 milioni di cittadini sono stati salvati dalla povertà totale ed altri 16 milioni riusciranno ad uscirne, grazie ai fondi loro destinati, entro la scadenza del suo mandato, nel 2014. Inoltre, il presidente Rousself, intende affrontare altri aspetti negativi del paradosso brasiliano: il sistema scolastico assai carente per le classi meno abbienti e la criminalità, che ha raggiunto livelli altissimi soprattutto nelle città maggiormente industrializzate e ricche.
Ed è proprio nelle grandi metropoli brasiliane, quelle che sorgono nelle aree industrializzate del paese del sud e del sud-est, e nelle regioni più povere, il nord e il nord-est, che milioni di disperati, attratti dal sogno di un lavoro e dalla possibilità di avere una vita dignitosa, abitano le “Favelas”, o baraccopoli brasiliane. Costruite con materiali di fortuna, con semplici mattoni o scarti recuperati dall’immondizia e, molto spesso, le coperture sono in eternit. Le problematiche che si riscontrano in tutte le favelas delle città brasiliane, sostanzialmente sono il degrado, la criminalità diffusa e gravi problemi di igiene pubblica, dovuti alla mancanza totale di un sistema fognario e acqua potabile. La maggior parte dei “favelados” (così vengono chiamati di spregiativamente gli abitanti delle favelas) vivono con meno di 100 dollari al mese. Vivono uno stato di degrado sociale e di povertà che favorisce il sorgere delle attività criminali, soprattutto quelle legate alla droga e alla prostituzione, diffusissima tra i giovani.
Dove nasce e perché tutta questa disuguaglianza sociale?
Il Brasile è una Repubblica Federale, che basa il sistema politico sulla rappresentatività, attraverso due Camere, un Esecutivo, di cui il presidente della repubblica è anche il premier, e un potere Giudiziario.
Sin qui, l’organizzazione politica, amministrativa e giudiziaria, in linea con le maggiori democrazie del pianeta, sembrerebbe garantire imparzialità nel governo della “res pubblica”, garantendo sviluppo, benessere e pari opportunità a tutti i suoi cittadini.
Purtroppo, così non è poiché le elite nazionali e internazionali, che controllano da sempre i capitali e la politica, influenzano e determinano le scelte non solo del governo, ma anche degli altri due poteri dello stato: quello legislativo e giudiziario. Quindi, a essere determinanti sono le istanze dell’economia neoliberista e delle lobbie internazionali, a discapito ovviamente delle aspettative della maggior parte del popolo brasiliano.
Il Brasile, che oggi produce ed esporta ricchezza, sesta potenza mondiale, capace di attirare da ogni dove investimenti diretti alla produzione e trasformazione di beni e servizi, con un’industria moderna e qualificata, con un’agricoltura che si pone ai primi posti nel mondo in termini di quantità di beni esportati, primo produttore di caffè e secondo di soia, oltre a esportare ferro e petrolio (sono recenti alcuni pozzi petroliferi rinvenuti al largo delle coste del Brasile) tale da posizionarsi al quinto posto tra i produttori nel mondo, vive questo paradosso che diventa infamante per la sua politica e i suoi governi. Undici milioni di cittadini non hanno un tetto, 53 mln di brasiliani vivono sotto la soglia della povertà, 126 mln, invece, hanno un reddito minimamente dignitoso, mentre oltre 38 mln di brasiliani vengono assistiti dal programma statale “Bolsa Familia”. Numeri davvero impressionanti, soprattutto se confrontati con i circa 200 mln di cittadini che popolano uno dei territori tra i più ricchi del pianeta, in termini di biodiversità e ricchezza del suolo e sottosuolo.
I Movimenti Sociali brasiliani
Per concludere, giova ricordare che da più parti viene manifestata la volontà di cambiare la condizione del Brasile e non solo. Stiamo assistendo, un po’ ovunque nel mondo, al risveglio delle coscienze dei cittadini, che non vogliono più sottomettersi a regole che li costringono ad una condizione di vita disumana che non hanno mai sottoscritto.
Il fenomeno delle “Primavere Arabe”, i “Movimenti No Global”, come anche i “Movimenti e le Assemblee popolari”, del Brasile e di altri stati latino americani, pur partendo da istanze di tipo religioso ancorché economico e politico, stanno ad indicare che il percorso dell’umanità, così com’è oggi, va rivisto e cambiato, poiché la storia ci insegna che tutti i sistemi, religiosi, politici o economici, subiscono delle fasi che inevitabilmente ne determinano la nascita, la crescita e lo sviluppo ed, infine, la loro estinzione.
Oggi in Brasile, si stanno sviluppando le Assemblee Popolari, che hanno come obiettivo la partecipazione del popolo brasiliano alla fase organizzativa e formativa della politica. Una maggiore e profonda coscienza sociale che, con il tempo, possa diventare quel contrappeso al potere della borghesia, nazionale ed internazionale, che possa finalmente garantire a tutti maggiori diritti e uguali possibilità di crescita e sviluppo, non solo in termini economici.
Questa è la sfida di oggi. Trasformare la ricchezza del Brasile in una opportunità di benessere per tutti. Chissà che i futuri governi del paese Carioca non riescano ad invertire la direzione dell’attuale politica entro il 2016, l’anno che vedrà (questo si con una certa sicurezza) diventare il Brasile la 5^ potenza mondiale, cancellando tra i suoi primati quello della povertà e delle numero di “favelados”, i disperati senza terra e senza un futuro.
Chissà, che questa volta, le parole di Papa Francesco, non vengano accolte e finalmente messe in pratica, da coloro che in Brasile detengono nelle loro mani le “leve del potere”.