Lei era ancora una bambina di dieci anni appena compiuti, dopo un anno scolastico passato a trafficare con questo e quel compagno nel tentativo di farsi un amico, il tempo era volato e la maestra pensò di organizzare una grande recita. Il tema fu scelto di comune accordo con tutte le quinte, appena due in verità considerando che gli iscritti in quella scuola, ahimé si erano notevolmente ridotti. “Ebbene bambini”, disse dal tono serio la maestra così magra da far paura e con una bocca a cuore l'unico suo vanto tra colleghe, “allora”, continuò guardando negli occhi le prime file sempre un po' disattente, “quest'anno sarà un'esibizione di canti in dialetto e inddosserete tutti il costume del folklore. Le bambine contente pensando già a quella gonna lunga che avrebbero indossato e al corpetto nero, non la finirono più di commentare, i maschi si sa sempre più pratici sembravano affermare dai loro occhi: che ci tocca fare, e se si deve fare, pazienza lo faremo.
Il giorno arriva, il palco pronto, tutte nei loro vestiti a festa, i maschi ancora inebetiti e lei, sì quella lei che aveva sgobbato tutto l'anno per un'amicizia, pensò che finalmente anche per lei era arrivato il suo momento. Contenta che nella sala i suoi l'avrebbero guardata, sale sul palco, e sale, e sale e appena ferma quello era il suo posto, ecco le parano davanti un gran sipario sorpresa delle maestre che ad esso vi avevano lavorato. Invece che delusione per quella bimba, nessuno la vide e lei non vide, e solo una bandiera la divise dal resto della gente e pure dai suoi. Calò così la testa, e guardando in basso non ebbe voglia nemmeno di cantare.
