Croazia, 28° Paese dell’Unione Europea. Criticità e prospettive di crescita
L’analisi storica
I Croati, che appartengono alla famiglia dei popoli slavi, prendono parte attiva nella costruzione della storia d’Europa sin dal VII secolo d.C., quando decisero di migrare dall’area dell’attuale Ucraina per stabilirsi nell’area geografica che occupano attualmente. Inoltre, i croati sono presenti nei territori balcanici, che hanno fatto parte nel recente passato dell’ex Repubblica Jugoslava.
Nel corso della storia, furono dominati dai romani e dai popoli barbari (ostrogoti e avari). Successivamente al riordino imposto dall’impero romano d’oriente, crearono un loro regno chiamato Regno di Croazia.
In tempi più recenti, furono dominati dall’impero asburgico e, al termine della 1^ guerra mondiale (trattato di Versailles) fondarono il Regno dei Croati dei Serbi e degli Sloveni, che venne assorbito, dopo lo scoppio della 2^ guerra mondiale, dalla politica delle forze dell’Asse con a capo il dittatore collaborazionista Ante Pavelic.
La storia del popolo croato non conosce un tranquillo menage politico sociale, diversamente da altre nazioni europee. Infatti, dopo un periodo relativamente lungo caratterizzato dall’appartenenza della Repubblica Jugoslava all’area d’influenza sovietica, dopo la morte del Maresciallo Josip Broz Tito (suo nome di nome di battaglia), la Federazione delle repubbliche che la componevano (formate da popoli di religione e culture diverse) si scioglie per iniziare una guerra con il vicino stato della Repubblica Serba, guidata da Slobodan Milošević, il quale sognava l’unione dei territori ex jugoslavi sotto la dominazione dello stato ricostituito della Grande Serbia.
A seguito degli interventi dell’Europa, congiuntamente alle forze d’intervento dell’ONU, si giunse finalmente alla risoluzione chiamata di “Dayton” e nel 1995 il conflitto con la Serbia e la Bosnia ebbe fine.
La Croazia oggi fa parte dell’ONU e del Consiglio d’Europa.
La questione delle “Foibe”
La questione delle Foibe (Basovizza, Pisino ecc.), veri e propri “inghiottitoi o cavità carsiche che sono una caratteristica dei territori friulani e della regione dalmata, sono state protagoniste dell’assassinio, da parte dei partigiani di Tito, di moltissimi italiani e non solo, per ragioni strettamente riconducibili all’appartenenza all’una o all’altra parte degli schieramenti politici, protagonisti del secondo conflitto mondiale.
Una realtà negata per decenni e mai riportata sui libri di storia (anche italiani) e solo a partire dalla metà degli anni novanta è per così dire “tornata a galla”
La politica attuale ha cominciato a sollevare il velo steso dai protagonisti della storia passata su questa vergogna che ha negato persino l’esistenza di una “questione relativa alla foibe” e, di conseguenza, la possibilità di restituire i corpi degli “infoibati”.
Una questione che si ricollega ad un’altra tristissima pagina della storia del periodo immediatamente successivo al termine del 2° conflitto mondiale, quella relativa all’esodo di 350.000 italiani cacciati dai territori della Dalmazia, di Istria e Fiume.
Tuttavia, oggi la verità può essere raccontata e, in qualche modo, fatta giustizia dando un nome alle migliaia di corpi di persone “ancora oggi senza diritto di cittadinanza”, oltre a riconoscere il diritto al ritorno degli esuli e la restituzione dei loro beni.
Ora che anche la Croazia è entrata a far parte dello spazio dell’UE (segue in ordine di tempo la Slovenia) ha il dovere morale di fare chiarezza e giustizia per una piena integrazione dei popoli europei.
Economia: criticità e sviluppo
La Croazia ha una popolazione di 4,4 mln di abitanti, un prodotto interno lordo che ammonta a 44 mld di Euro, pari al 61% della media europea; ha un rapporto tra deficit e Pil pari al 4,7 % (contro il 3% previsto dai patti di stabilità dell’UE) e un debito di 8 mld di Euro, una cifra enorme se rapportata all’economia della Croazia. Non a caso, a Bruxelles si guarda con attenzione alle manovre per contenerlo e si teme che il debito salga a fine anno oltre il 60% del Pil.
Lavoro: il tasso di disoccupazione totale è elevato, al 18,1% nello scorso aprile. Oggi l'economia croata, per quanto riguarda il turismo, e' in fase di stagnazione, anche se il comparto continua a rappresentare il motore principale delle finanze nazionali, attestandosi ad un quinto del Pil. Elementi che testimoniano le difficoltà notevoli che il Paese e le altre sei repubbliche appartenenti all’ex Jugoslavia stanno vivendo. L’ingresso di Zagabria nell’UE, in questo momento storico, può essere considerato inopportuno o intempestivo, se si tiene conto che Paesi come Inghilterra e Repubblica Ceca non hanno firmato il Fiscal compact (accordo approvato nel 2012 da 25 stati dell’UE riguardante le regole di stabilità di bilancio). Tuttavia, si deve anche tener presente che la Commissione europea ha recentemente dichiarato di voler destinare, a breve termine, 5 mld di Euro per ridare fiato all’economia croata. Ancora, il governo europeo lascerà a Zagabria ampia possibilità decisionale circa l’opportunità di entrare a far parte dell’eurozona nei termini previsti dal regolamento comunitario, due anni, oppure di continuare a mantenere la Kuna (la moneta croata) onde poter approfittare del suo minore rapporto di cambio (un euro contro 7,489 Kune) per agevolare le esportazioni e, soprattutto, attrarre il turismo degli altri paesi dell’eurozona, che contribuirebbe ad incrementare le riserve di valuta pregiata. Per ora, Zagabria non ha alcun interesse a sottomettersi alle rigide regole di stabilità economica e di bilancio, poiché certamente rallenterebbero la capacità di ripresa del paese.
Tuttavia, bisogna riconoscere che l’Europa rappresenta una grande e irrinunciabile opportunità di crescita economica, politica e sociale, non solo per la Croazia, ma anche per tutti gli altri Paesi dell’area balcanica, che attendono di entrare a far parte dell’UE.
Peraltro, l’intera area balcanica, che sino a ieri faceva parte dell’ex Juogoslavia, ha profonde ferite da curare e l’Europa potrebbe essere la cura, per superare in maniera definitiva gli ostacoli che si frappongono e ne rallentano le opportunità di crescita e sviluppo, nei confronti di altre realtà che crescono in ragione della loro capacità di essere coerenti in un mondo sempre più “globalizzato” nel settore dei mercati finanziari e, infine, in relazione alla capacità di essere un tutt’uno con le organizzazioni politiche internazionali (ONU, NATO, UE) e di aderire ai trattati economici internazionali con l’autorevolezza che deriva dall’appartenenza ad un consesso internazionale di primo livello.