Autore Topic: Relazioni di coppia  (Letto 24134 volte)

Micio93

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #90 il: Settembre 26, 2013, 20:07:01 »

Comunque è mia intenzione non rispondervi, se possibile.

Anche per me allora vale la stessa cosa.

Micio93

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #91 il: Settembre 27, 2013, 07:49:27 »
Esagerata  ;D

Doxa

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #92 il: Settembre 27, 2013, 18:53:07 »
Se i miei post tematici basati su studi e ricerche scientifiche creano dissonanze cognitive e  sono meno interessanti e dignitosi di chi scrive poesie, racconti od altro basati sulla fantasia, allora prego chi di dovere (moderatore o amministratore) di eliminare i miei topic. 

Un forum letterario offre spazio  al monologo, all'espressione del singolo che scrive la poesia od il racconto, non prevede il dialogo.

Uno dei due individui che criticano i miei post li scambia per una tesi di laurea e vorrebbe per ogni proposizione  che scrivo i dati bibliografici.  A chi sale con superbia sulla virtuale cattedra per insegnarmi dico che so bene come si elabora una tesi di laurea. Ne ho compilata più di una.  I miei post li scrivo  come se fossero brevi articoli  giornalistici non pretenziosi. 

Voglio concludere con un detto popolare: "Se vuoi conoscere una persona ci devi mangiare insieme sette chili di sale". Io, invece,  purtroppo, per faciloneria,  tendo ad aprirmi con fiducia verso persone senza averci mangiato insieme un chicco di sale, poi rimango fortemente deluso perché esse si rivelano diverse da quel che sembrano. 

« Ultima modifica: Settembre 28, 2013, 05:43:48 da dottorstranamore »

Micio93

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #93 il: Settembre 27, 2013, 21:09:37 »
Che siano basati su studi scientifici quelli di Alberoni e di Pasini sono un po' dubbioso, dato che non conosco il parametro per dimostrare scientificamente studi psicologici, e nel caso di Pasini visto il suo ambito, riguardanti il sesso, comunque ho letto molti loro testi, e li considero per una certa parte, quello che alla fin fine speravo, e che da questi commenti, probabilmente un tantino esagerati, e che tu scrivessi qualcosa di più, qualcosa di tuo sull'argomento che tu hai portato su zam, dato che nessuno trattava questi argomenti con tali fonti, nulla in contrario sui ciò che hai fatto fino ad ora, figuriamoci, la battuta sulle citazioni bibliografiche era uno scherzo, meno sul consiglio di leggerti i saggi di Anna Del Bo Boffino  ;D dato che penso possano interessarti visto che analizza in modo diverso i testi di Alberoni e di Pasini, riportandoli su un'altro piano.
L'errore allora è mio che non so accontentarmi dei brevità di articoli di giornale, che poi figuriamoci volerle come se fossero tesi di laurea, perché in quel caso ci sarebbe più di un libro a nome tuo ;D
Condivido ancora una volta quanto scritto da Rossy, invitandoti a continuare a scrivere come hai fatto fino ad ora, magari aggiungendo più di un pensiero tuo in merito, perché i miei alla fine come quelli di Rossy erano pensieri e non critiche, dato che conosco alcune opere da te citate.

Non posso dire di esserti amico, perché quella strada è davvero lunga, magari solo esporti un po' di più su ciò che sono i tuoi pensieri in merito a ciò che pubblichi, sennò che forum è dove si pubblicano parole altrui lasciando perse le proprie?
:gatt:

Doxa

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #94 il: Settembre 28, 2013, 06:48:43 »
Separazione



Oltre ai rapporti d’amore duraturi sono molti gli amori intensi ma brevi.

Lo psichiatra e psicoterapeuta Giacomo Dacquino nel suo libro “Paura di amare. Come evitare e superare i fallimenti affettivi”, dice che c’è notevole differenza tra un amore che finisce ed uno che fallisce. Il primo si trasforma in reciproca amicizia o indifferenza e quindi è poco traumatico, mentre il secondo provoca la frustrazione narcisistica e  calo dell'autostima. 

"Gli amori finiti non sempre hanno bisogno dell’aiuto degli amici o del psicoterapeuta. Quelli falliti invece necessitano di riflessione, per capire le motivazioni consce ed inconsce che ne hanno determinato la crisi, al fine di non ripetere gli stessi errori o le medesime omissioni in una successiva relazione oppure per riuscire a superare quella indispensabile, anche se transitoria, fase di “esaurimento amoroso”.
 
Lo psicologo Vittorio Cigoli nel suo libro  “Psicologia della separazione e del divorzio” afferma che per la coppia è importante  non far coincidere la separazione con la fine del legame,  “perché non è possibile uscire da un vincolo affettivo annullandolo. E’ invece possibile separarsene, nel senso di riconoscerlo per quello che è stato, sapendo al contempo riproporre il valore e la speranza del legame in altri contesti”.

Di solito la separazione costringe ad uno dei due a cambiare abitazione, ma a volte, per motivi economici o per non turbare i figli se sono piccoli, la coppia “scoppiata”  preferisce convivere temporaneamente ma “separati in casa”, come nell’omonimo film sceneggiato e diretto nel 1986 da Riccardo Pazzaglia. I due protagonisti, Riccardo e Carolina, sposati da vent’anni,  costretti alla forzata convivenza, decidono una paradossale soluzione: tracciano in casa una linea divisoria fra i rispettivi spazi di competenza, linea che passa anche nel letto matrimoniale.
« Ultima modifica: Settembre 28, 2013, 07:03:16 da dottorstranamore »

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #95 il: Ottobre 02, 2013, 07:33:45 »
/2

Le parole  “compatibilità” ed “incompatibilità” vengono spesso utilizzate  negli atti legali dalle coppie che si separano per nascondere i motivi dell’interruzione della relazione.

Nella rottura del rapporto è notevole la tentazione di attribuire la colpa esclusivamente all’altro/a. E’ un modo per  non mettersi in discussione, cosa inevitabile se invece si ammette la propria  parte di responsabilità nel fallimento.

Un frequente motivo per la separazione è l’innamoramento per un’altra persona.

Lo psichiatra Claudio Mencacci in un suo articolo pubblicato il 12 maggio 2012 sul “Corriere della Sera” ha scritto:

“Figli grandi già usciti di casa da tempo, nipoti cresciuti e…ancora tanta voglia di vivere il tempo che resta.

Fino ad alcuni anni fa erano più frequenti le nuove unioni tra anziani uomini e giovani donne, per il desiderio maschile di non voler invecchiare, di avere nuovi orizzonti. Oggi invece sono tante le donne che in età anche avanzata prendono in mano la loro vita e con coraggio e determinazione interrompono la relazione matrimoniale, anche senza un’alternativa affettiva, per  seguire il desiderio di vivere in libertà, senza troppi condizionamenti e senza dover sopportare una relazione esaurita da tempo e tenuta insieme spesso per abitudine, conformismo e timore di cambiamenti.  Non sono più disposte a far finta che tutto vada bene. Egoismo o riscatto ?

Le donne in questa fase della loro vita, sono ancora protagoniste, lo sono  molto più di prima perché favorite dall’allungamento della vita, dalle buone condizioni di salute e la capacità tutta femminile sia di sopportare la solitudine (dedicandosi ai propri interessi culturali od artistici), sia di aggregarsi, condividendo con le amiche pensieri e progetti futuri. 

I divorzi tardivi sono quelli a cui stiamo assistendo ora, dove una volta conclusi i cicli del matrimonio (coppia, figli, genitori, nipoti) le donne cercano sempre più gli spazi propri anche per vivere nuovi affetti. I figli non capiscono, ma i figli sono spesso egoisti, che oggi le loro mamme non sono “vecchie” come l’iconografia le giudicherebbe e che in questo nuovo status rimangono vicine e solidali, forse più di prima perché sono più serene. Queste donne che hanno il coraggio di fare delle scelte, hanno recuperato la stima di sé e delle loro capacità per poter affrontare la propria indipendenza ed autonomia.”

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #96 il: Ottobre 03, 2013, 06:52:10 »
/3

In questo forum una gentile interlocutrice mi ha chiesto tempo fa perché degli  individui  improvvisamente interrompono la relazione (in particolare quella a breve termine)  e “scompaiono” senza dare spiegazioni, non rispondono ai messaggi né al telefono.  Eppure sembra che il rapporto di coppia sia piacevole….

Chi abbandona senza spiegazioni si comporta in modo scorretto, ovviamente.  “Fugge” per insicurezza ? Senso di colpa ?  Può darsi che chi fugge veda in lui/lei aspetti sgradevoli, mancanza di sintonia, d’interesse. 
 
Sovente capita quando on line s’incontra un/a possibile partner, ma poi  si decide di non approfondire la conoscenza. Si preferisce non dire la verità per non ferire. Invece l'inspiegabile fuga  provoca l’afflizione, suscita domande, perplessità. 

Chi vuol interrompere la dualità dovrebbe avere il coraggio ed il bon ton di farlo sapere a lui/lei, ma non è sempre facile. Per rispetto e correttezza si dovrebbe scrivere un ultimo messaggio per esprimere la propria volontà di non proseguire la relazione e ringraziare per quel che c’è stato. E’ importante far sapere il proprio punto di vista, senza accusare, giudicare, insegnare.
 
Chi subisce l’abbandono, chi riceve  la spiegazione dell’addio non dovrebbe considerarlo un affronto, una sconfitta. Può rispondere dicendo: “grazie per avermelo detto, in bocca al lupo per tutto anche a te.”  Oppure può scegliere il silenzio. Ciò che è importante è il reciproco rispetto ed avere la capacità di analizzare i fatti accaduti per imparare ed evitare di ripetere eventuali errori col successivo partner.   

Concludo questo post con una attinente poesia dello spagnolo Pedro  Salinas (1891 – 1951):

E sto abbracciato a te

Il modo tuo d'amare è lasciare che io ti ami.

Il sì con cui ti abbandoni è il silenzio.

I tuoi baci sono offrirmi le labbra perché io le baci.

Mai parole o abbracci mi diranno che esistevi e mi hai amato: mai.

Me lo dicono fogli bianchi, mappe, telefoni, presagi; tu, no.

E sto abbracciato a te senza chiederti nulla,
per timore che non sia vero che tu vivi e mi ami.

E sto abbracciato a te senza guardare e senza toccarti.

Non debba mai scoprire con domande, con carezze,
quella solitudine immensa d'amarti solo io.

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #97 il: Ottobre 04, 2013, 06:09:01 »
/4

Lo psicologo David Buss nel suo libro “L’evoluzione del desiderio. Comportamenti sessuali e strategie di coppia” dice che  nel tempo  gli umani hanno elaborato strategie per scegliere e conservare i l/la partner,  ma  anche strategie  per la  separazione, come l'elusione dei rapporti sessuali.   

Le donne, in particolare, per giungere alla rottura della relazione usano come tattica il rifiuto del contatto fisico col partner,  evitano il rapporto sessuale.

Finisce la complicità, la solidarietà. C’è la perdita del Noi, del rapporto d’amore e della vita coniugale, con le inevitabili frustrazioni.

Ma nel distacco la separazione psicologica e quella  legale spesso non coincidono.

La separazione psicologica di solito precede e prosegue quella legale o di fatto. Ha dei tempi più lunghi perché mentalmente l’individuo deve metabolizzare il distacco dal/la partner.

Il periodo temporale è diverso se si decide la fine del rapporto di coppia o si subisce la conclusione.

Chi recede dalla relazione considera la separazione come liberazione  o come risposta all’infedeltà,
invece chi viene lasciato subisce la rottura in un modo simile al lutto per la morte di una persona cara e mentalmente deve elaborare il distacco, deve separarsi anche psicologicamente dalla persona amata attraverso delle fasi, che comprendono la delusione, poi l’ira, segue l’accettazione della situazione e si pensa al proprio futuro in modo diverso da quello progettato con l’’ex partner.

Nella prima fase,  definita della “negazione”,  il partner  che viene lasciato rifiuta tale soluzione unilaterale e  tenta la pacificazione.

Nella seconda,  la persona abbandonata diventa consapevole della conclusione della relazione ma tenta in modo conflittuale di rifiutare la separazione.

Poi si rassegna all’inevitabilità della conclusione del rapporto di coppia, accompagnata da delusione, frustrazione, depressione.   

Col trascorrere del tempo il dolore si attenua e si comincia a pensare al proprio futuro senza il/la ex partner.  Si riflette sugli errori commessi e sulle aspettative da un nuovo rapporto di coppia, unite alla speranza di poter amare ed essere amati  nel modo più corrispondente alle proprie aspettative.

Se invece la  separazione psicologica non viene elaborata compiutamente  o non avviene in modo adeguato, se si pensa spesso all’ex, se ci si ostina a non voler rinunciare al compagno o alla compagna che ha detto addio, possono nascere  nocive dinamiche conflittuali con il/la partner e l’intervento di avvocati e tribunali.

E’ necessario il distacco totale. Molte persone, però, non riescono ad accettare il “no contact”, temono la solitudine, l’incognita del futuro e preferiscono la convivenza conflittuale ed aggressiva. Ma la sofferenza fa morire l’amore.

Si deve avere il coraggio di rinunciare al/la partner se non c’è più il collante dell’affettività, della fiducia, della stima e dell’attrazione fisica.

Se l’amore finisce in entrambi nello stesso periodo la separazione diventa liberazione. Se non ci sono liti e prevale il bon ton al momento del distacco è probabile che tra i due rimanga la cordialità e non l’amicizia, che comunque non è a tempo indeterminato. Appena uno dei due inizia l’iter amoroso con un’altra persona subentrano situazioni che consigliano l’interruzione definitiva con l’ex partner.

Rimangono i ricordi, Le piacevoli giornate trascorse insieme.

Doxa

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #98 il: Ottobre 05, 2013, 08:10:40 »
/5

“Ti amerò tutta la vita finché morte non ci separi”....

Invece può accadere che l’amore finisca per vari motivi, anche nella tarda età.

Nella società contemporanea, la stabilità della coppia dipende dalla qualità delle relazioni tra i coniugi, dall’intensità dei sentimenti e molto meno, come avveniva un tempo, dall’interdipendenza economica e domestica di ciascuno dei suoi membri.

Un più elevato livello d’istruzione femminile rispetto al passato e la più diffusa partecipazione delle donne al mercato del lavoro affrancano le ragazze dalla necessità di avere un coniuge che garantisca loro un reddito ed una posizione sociale.

I rapporti di coppia sono stati caricati di forti aspettative affettive, se vengono disattese, le unioni diventano più fragili, fino ad implicare l’eventuale cambiamento del partner.

Prevale la cultura dell’amore fragile o flessibile. E le donne sono le protagoniste nelle modalità di fare e vivere la famiglia; sperimentano la convivenza più spesso dei loro coetanei; rimettono in discussione scelte che implicano perfino la rottura dell’unione coniugale, se necessaria.

Il rapporto annuale dell’Istat informa che sono in aumento anche le separazioni di coppie con più di 25 anni di matrimonio. I partner preferiscono interrompere l’insoddisfacente vita coniugale per far prevalere i cosiddetti “diritti individuali”, la ricerca della felicità, il bisogno di cambiare, la voglia di ricominciare.

L’esperienza della convivenza more uxorio,per lo più vissuta proprio come periodo di prova dell’unione in vista del matrimonio, si sta facendo più frequente rispetto ad un recente passato.

L’unione libera, senza vincoli matrimoniali, è maggiormente diffusa tra le giovani generazioni di donne che permangono più a lungo nella casa dei genitori. Esse mostrano, rispetto agli uomini, una maggiore propensione ad unirsi con individui che hanno sperimentato il fallimento di un’unione coniugale.

L’età media alla separazione è di 41 anni per gli uomini e 38 per le donne; l’età media al divorzio è invece, rispettivamente, di 43 e 40 anni.

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #99 il: Ottobre 07, 2013, 07:37:39 »
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Nelle motivazioni spesso inconsapevoli che conducono al matrimonio o alla convivenza possono esserci insite le cause che poi determinano l’insoddisfacente vita familiare.

L’inesperienza dovuta alla giovinezza o all’immaturità psicologica può indurre a scegliere un/a partner che col passar del tempo dimostra di non essere come ci si aspettava che fosse, per conseguenza cominciano i conflitti,  il distacco e la sfiducia.
La crisi silenziosa ma inesorabile conduce alla perdita di significato dello stare insieme: non c’è più la reciproca passione, la voglia di progettare insieme, la complicità, il desiderio sessuale.

Prendere atto della fine di un legame coniugale comporta dolorosi stati d’animo. La separazione è più onerosa per chi la subisce, specialmente se il tipo di legame precedente era vissuto come armonioso.

A volte è straziante cambiare casa a seguito della separazione, quando si chiude la porta dell’abitazione dove sono passati i dolori e le gioie, gli amori e le disgrazie, i figli e le tenerezze.

Ci sono persone che per soffrire meno negli abbandoni pensano di lasciare per prime. Altre, per timore della solitudine, preferiscono non separarsi ed accettare dal/la partner anche le angherie.

Le conseguenze psicologiche della separazione sono influenzate dalla propria personalità. Un soggetto insicuro e con scarsa stima di sé teme di non saper affrontare le inevitabili difficoltà, di saper superare il senso di solitudine, di riavere le motivazioni per nuove situazioni affettive.

La solitudine temporanea deve essere invece  considerata un'opportunità per capire i propri errori nel menage, ricordare i segnali d’avvertimento della conclusione del rapporto, ma anche per pensare a se stessi.
 
Per soffrire meno bisogna allontanare i “segni” lasciati da chi se ne andato: foto, biglietti, regali ed altro vanno conservati in una valigia in soffitta. Forse verrà il momento in cui si avrà la forza e la voglia di riaprirla, oppure di gettarla senza riaprirla e senza rimpianti.

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #100 il: Ottobre 09, 2013, 05:26:30 »
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Tante persone scelgono il/la partner facendosi trascinare  dall’immaturità giovanile e  dalla libido che coinvolge i sensi e questi le emozioni. La mente collabora suscitando fantasie. Col tempo, però, l’attività sessuale può rivelarsi ripetitiva, noiosa, e si preferisce l’astinenza. Ma il rifiuto del rapporto sessuale può provocare la separazione.

La Corte Cassazione con una sentenza del 2005 considerò violazione del dovere coniugale il ripetuto rifiuto del coitus da parte di uno dei coniugi, precisando che l'evitamento degli amplessi deve essere la causa e non la conseguenza della crisi coniugale.

Un’altra sentenza del 2007 della Corte di Cassazione è in contrasto con la precedente, perché afferma che il "diritto all'amplesso" non esiste né nel matrimonio né nella convivenza. Quindi imporre o esigere l’attività sessuale dal/la proprio partner, specie se con forme di prepotenza fisica o psicologica, significa commettere uno stupro.

In Francia, invece, un marito riluttante al sesso è stato condannato a pagare un indennizzo alla moglie.

Un articolo sul settimanale “Sette” (inserto del Corriere della Sera del 15 dicembre 2011, pag. 18) informa che l’uomo ha domandato al giudice se dopo due figli e 21 anni di matrimonio ha diritto alla castità affettuosa o se deve continuare a fingere di appassionarsi alla più noiosa delle convenzioni coniugali e simulare eccitazioni.

Secondo la Corte d’Appello di Aix-en-Provence i mariti sessualmente riluttanti sono condannabili al risarcimento per danni biologici. In questo caso la pena pecuniaria è stata stabilità in 10 mila euro.

Le cose sono andate così: la moglie voleva il coniuge eccitato ed eccitante, nonostante gli anni di “servizio” effettuato; lui, invece, era sempre stanco a causa del lavoro. Allora lei si è rivolta alla magistratura ed il giudice ha stabilito che il sesso mancato andava risarcito. In pratica il magistrato ha considerato l’attività sessuale alla stregua di un diritto sindacale e ne ha sancito l’obbligatorietà.

Si, certo, il matrimonio prevede l’amore, la condivisione, l’alleanza, ma dopo alcuni anni di convivenza c’è il calo fisiologico della libido, pur continuando i coniugi a dormire abbracciati.

Negli anni il sesso coniugale serve anche a rassicurare il/la partner.

Nel caso della rivendicativa moglie francese la realtà forse era diversa. Forse quella donna si era annoiata del coniuge ed ha ideato l’escamotage del danno da astinenza sessuale.


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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #101 il: Ottobre 10, 2013, 05:45:12 »
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Nel passato  le persone sposate che si azzardavano ad abbandonare il/la partner venivano  accusate di "mandare in frantumi la propria famiglia” ! Era un sacrilegio per la morale  religiosa e sociale. Il senso del dovere era la ragione superiore per mantenere in vita il matrimonio. Le nostre nonne insegnavano: Quello ti sei presa e quello ti tieni, anche se ti mena”.

Le separazioni costituivano l’estrema soluzione se la vita familiare era insostenibile. Alle difficoltà psicologiche legate a fallimento del matrimonio, se ne aggiungevano altre sul lavoro e nella carriera: le persone separate venivano guardate con diffidenza o considerate  emotivamente instabili e poco affidabili.

Specialmente per le donne, considerate solo nel loro ruolo di mogli e madri, il fallimento del matrimonio equivaleva al fallimento della propria vita. Il trasgredire alla regola dell’indissolubilità del legame matrimoniale era quasi una colpa da espiare.

I figli non erano indenni da questo stato di cose e spesso avevano occasione nella loro vita quotidiana di sentirsi emarginati in quanto “diversi” come i genitori.

Prima della legge per il divorzio, nel 1970, non era possibile ricostituire una nuova relazione di coppia legalmente riconosciuta.

Oggi  il giudizio od il pregiudizio sociale è meno rigido, alla condanna morale per la separazione  è subentrata la tolleranza o l’indifferenza e la comprensione.

Comunque quando due persone decidono di separarsi c’è sempre qualcuno nell'ambito familiare o amicale che li invita a riflettere per evitare il distacco.

Il sociologo Francesco Alberoni nel suo saggio titolato “Appunti sull’amore”  evidenzia che “È la donna che lascia bruscamente e per sempre. L’uomo lascia, ma può riprendere, per amicizia, oppure per desiderio sessuale. La donna rompe in modo brusco perché vuole un amore vero e, quando è delusa, prova collera, odio.”

Lo psicologo e psicanalista britannico John Bowlby (1907 – 1990) con alcuni suoi collaboratori studiò gli
aspetti relativi alle esperienze di separazione ed elaborò un pattern articolato in tre fasi che si susseguono:

La prima fase è caratterizzata dalla protesta, da vivaci reazioni da parte del partner abbandonato.

Nella seconda subentra la consapevolezza dell’impossibile ritorno della persona amata. Delusione, astenia e depressione coinvolgono l’individuo che viene lasciato.

Nell’ultima fase c’è il distacco psicologico da parte della persona “dismessa” , che si rassegna e si allontana dall’ex partner. Nel contempo, cerca di organizzarsi per ricominciare a vivere con una nuova visione del proprio futuro.

Se nella coppia che si separa ci sono dei figli, il percorso di separazione può essere più difficile e doloroso, perché il
ruolo di genitori li costringe ad incontrarsi anche se non vorrebbero.

« Ultima modifica: Ottobre 11, 2013, 09:44:01 da dottorstranamore »

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #102 il: Ottobre 11, 2013, 09:05:54 »
/9

La separazione può essere temporanea o definitiva.

La separazione temporanea, intesa come allontanamento del coniuge  dal cosiddetto “tetto coniugale”, spesso può essere utile per salvare il matrimonio.

L'eventualità che la separazione temporanea funzioni dipende dal modo in cui la si affronta.

Molte coppie si separano a causa di frustrazioni e conflitti. Sono stanchi di vivere insieme ed hanno bisogno di stare un po' da soli, anche per riflettere e decidere se tornare a vivere insieme oppure lasciarsi definitivamente.

Quando due coniugi in disaccordo si allontanano, una fra le prime sensazioni che provano  è la serenità, ma questa può indurre a decidere per la separazione definitiva e poi il divorzio.

La separazione temporanea potrebbe essere utile  per capire cosa può essere modificato nel proprio matrimonio o la convivenza per continuare a rimanere insieme.  Ma la soluzione per riconciliarsi con il/la partner necessita di buona volontà ed impegno da parte di entrambi. Ovviamente è indispensabile abbandonare altre laison d’amore, se ci sono, ed il controllo dei propri atteggiamenti e comportamenti. 

La Chiesa cattolica consente la separazione temporanea dei coniugi, se ci sono  gravi rischi  per l'altro coniuge o per i figli. Ma il vincolo matrimoniale rimane, insieme ai diritti ed agli obblighi,  come quello della fedeltà.

Nel canone 1153 del Codice di diritto canonico c'è scritto:

- §1 “Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell'altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita comune, dà all'altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell'Ordinario del luogo e anche per decisione propria, se vi è pericolo nell'attesa.

§2. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall'autorità ecclesiastica."


La separazione definitiva può essere “di fatto”  o  “legale”.

La separazione “di fatto” è un agevole e rapido modo per manifestare la crisi di coppia con l’abbandono del cosiddetto “tetto coniugale” da parte di uno dei due e l’eventuale accordo circa un sostegno economico alla parte meno agiata. Questa forma di separazione non è prevista dal codice civile perciò non produce effetti giuridici, non costituisce valido presupposto per il conteggio dei tre anni di separazione per ottenere l’eventuale divorzio.

Pur non essendo vietata dall’ordinamento,la separazione di fatto potrebbe essere addotta quale elemento di addebito ai danni del coniuge che abbia palesemente violato gli obblighi di assistenza morale e materiale e/o di fedeltà. La separazione “di fatto”, inoltre, è presa in considerazione da alcune normative settoriali, come quella in tema di successione nel contratto di locazione o quella che la indica come una delle cause ostative all’adozione.

La separazione legale  può essere  consensuale e giudiziale.

La separazione consensuale consente ai coniugi di concordare gli aspetti patrimoniali, l’affidamento e la gestione degli eventuali figli, l’assegnazione della casa coniugale; i due con l’aiuto di un avvocato stilano un accordo che poi sarà omologato dal giudice in un'udienza.
Tale tipologia di separazione è preferibile per la minore conflittualità fra le parti, con riflessi positivi verso gli eventuali figli.

Si ricorre, invece, alla separazione giudiziale se i coniugi non riescono ad accordarsi sulle condizioni per la separazione. Gli avvocati delle due parti spostano in tribunale la disputa per far decidere al giudice le modalità per la separazione. Il magistrato dopo aver ascoltato le parti stabilisce con sentenza le condizioni da imporre ai coniugi.

Gli effetti delle diverse forme di separazione possono cessare se avviene la riconciliazione tra i coniugi. Nel caso della separazione legale l’ordinamento prevede due modalità alternative per rendere formale la riconciliazione:l’accertamento da parte del giudice oppure una dichiarazione congiunta da parte dei coniugi presso il Comune di appartenenza.
« Ultima modifica: Ottobre 11, 2013, 09:59:46 da dottorstranamore »

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #103 il: Ottobre 13, 2013, 11:18:55 »
/10

Lo scioglimento del vincolo matrimoniale era previsto anche nell’antichità.

Per limitarmi cito solo due esempi, riferiti all’ambiente ellenico e a quello romano.

Nella Grecia dei secoli VI – IV a.C. era previsto il divorzio per uomini e donne. Lo sappiamo anche dalle norme incise su una marmorea epigrafe rinvenuta a Gortyna, nell’isola di Creta,

Le cosiddette “leggi di Gortyna” sono del periodo tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C. ed hanno analogie con il diritto di altre città-Stato greche. La struttura familiare delineata nell'epigrafe non è più quella patriarcale delle epoche precedenti, nelle quali i diritti delle donne erano quasi inesistenti. A Gortyna le donne potevano ereditare il patrimonio familiare e in parte amministrarlo autonomamente.

Il diritto familiare attico prevedeva il ripudio, l’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie, lo scioglimento del vincolo matrimoniale  da parte del padre della sposa. Se il ripudio lo chiedeva il marito, questo era obbligato a restituire alla moglie la dote, con gli interessi maturati nel periodo del connubio.

Invece per il diritto romano il matrimonio era essenzialmente una situazione di fatto da cui l'ordinamento faceva discendere gli effetti civili. La forma non era disciplinata. I suoi presupposti erano la convivenza dell'uomo e della donna e la capacità di agire degli sposi, il “conubium”.

Nel periodo imperiale alcune precedenti e desuete modalità per unirsi in matrimonio furono sostituite da una forma rituale diffusa nei diversi strati sociali.  Come nel nostro tempo era previsto prima un periodo più o meno lungo di fidanzamento e dopo si svolgeva la cerimonia dello sposalizio, preceduta da un complesso rituale.

I due partner potevano divorziare in modo consensuale o per volontà di uno dei due coniugi. Il ripudio era la procedura più usata ed era riservata al marito se lei lo tradiva od era sterile. Negli altri casi il marito poteva chiedere il divorzio (termine che deriva dal latino “divertere” e significa dividere), ma doveva lasciare alla moglie metà del suo patrimonio.

Di solito tutto si risolveva in una questione legata alla proprietà o ai beni economici, Con la legislazione augustea la moglie ottenne il diritto di riavere la dote in caso di separazione, però se la donna era adultera in modo palese, il marito poteva tenere per sé tutti o parte dei beni dotali della consorte. Se l’adultero era l’uomo non subiva alcun danno economico.

Doxa

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Re:Relazioni di coppia
« Risposta #104 il: Ottobre 14, 2013, 09:14:58 »
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In epoca paleocristiana il matrimonio non era considerato un sacramento dalla Chiesa ed i suoi fedeli  celebravano le nozze secondo il diritto romano e col rituale usato dai cosiddetti “pagani”, anche perché l’organizzazione ecclesiale ancora non aveva un proprio rito canonico per l'unione della coppia.

Poi nei secoli successivi vennero fissati i criteri fondamentali dell’istituto matrimoniale cristiano. Dal rituale delle nozze fu eliminato sia il sacrificio di un animale in onore degli dei sia la presenza dell’haruspex, che non era un sacerdote ma un indovino esperto del rituale. Egli esaminava le viscere degli animali sacrificati, in particolare fegato ed intestino, per trarne presagi, auspici, responsi da parte delle divinità invocate.   

L’haruspex fu sostituito con un presbitero quando questo ruolo cominciò a delinearsi, però questo si limitava a benedire gli sposi, che esprimevano la loro volontà di essere marito e moglie. Il cristiano poteva sposare una pagana e viceversa. Successivamente, però, la Chiesa proibì i matrimoni misti.

Fu Agostino (354 – 430), vescovo d’Ippona, il primo teologo a considerare il matrimonio un sacramento istituito da Cristo. Nel  “De nuptiis” (11) e nel “De bono coniugali”(24, 32) scrisse che lo sposalizio è giustificato da tre funzioni: proles (procreare i figli), fides (essere fedeli per evitare l’adulterio) e sacramentum: l'indissolubilità del matrimonio come unione divina voluta da Dio fin dall’inizio del creato. Infatti nel libro della Genesi (1, 27 e 2, 24) ci sono alcuni elementi riguardanti la complementarietà dell’uomo con la donna e l’indissolubilità del vincolo coniugale.

Pure nei Vangeli di Matteo (19, 1-11), di Marco (10, 1-12) e nella Lettera dell’apostolo Paolo agli Efesini (5, 22-32), c’è il fondamento della sacralità e dell’indissolubilità del matrimonio cristiano, che nel 1215 fu regolamentato nella parte liturgica dal Concilio Lateranense IV, e nel 1439 per gli aspetti giuridici nel Concilio di Firenze.

La Riforma protestante contestò la natura sacrale del matrimonio. E Martin Lutero considerò ammissibile il dìvorzio nei casi di infedeltà, impotenza, rifiuto di rapporti sessuali, ed abbandono. Egli difese la possibilità di nuove nozze per il partner offeso.

Filippo Melantone, discepolo di Lutero, limitò il divorzio all'infedeltà ed all'abbandono. Anche i riformatori Calvino e Beza permisero il divorzio dopo l'adulterio del partner.

Per reazione alla liberalità protestante, nel 16/esimo secolo la Chiesa cattolica nel Concilio di Trento fece elevare a legge canonica l'indissolubilità del matrimonio cristiano. Divorzio e nuove nozze furono ufficialmente banditi anche nei casi di adulterio.

I documenti del magistero della Chiesa, la teologia e il Codice di diritto canonico descrivono il matrimonio come un patto coniugale con cui un uomo e una donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole. Le sue proprietà essenziali sono l’unità e l’indissolubilità.  E tra due battezzati il patto coniugale, espresso con un valido consenso, è indissolubile ed è sacramento.

La Chiesa cattolica è contraria allo scioglimento del vincolo matrimoniale ma non alla nullità del matrimonio, che può essere decisa dal secolare “Tribunale della Rota Romana”, nota come ex “Sacra Rota”, se ci sono i presupposti previsti dal Codice di diritto canonico.

La dichiarazione di nullità è diversa per l'ordinamento canonico e per quello civile. Quindi una coppia può ottenere il divorzio dallo Stato italiano, ma non avere la dichiarazione di nullità dalla Chiesa cattolica. Potrebbe avvenire anche il contrario: la Chiesa riconosce la nullità di un matrimonio, ma la legge dello Stato italiano non accetta tale sentenza. Quindi  molti cattolici  per potersi risposare intentano i due procedimenti in modo separato, per ottenere sia la dichiarazione di nullità dalla Chiesa, sia il divorzio, introdotto nella legislazione italiana l'1 dicembre 1970.

Contro questa legge il Vaticano tramite il partito politico “Democrazia Cristiana” impose un referendum abrogativo, convinto di vincerlo. Il 12 e 13 maggio del 1974 gli italiani si recarono alle urne ed il 60% votò contro l’abrogazione della legge. La Chiesa  capì che anche in Italia non aveva più il predominio delle coscienze. Per dominare quelle dei fedeli continua a vietare l’eucarestia ai divorziati risposati. Deroga dalla sanzione solo se la persona divorziata s’impegna a “vivere in piena continenza, astenendosi dagli atti propri dei coniugi” …

« Ultima modifica: Ottobre 14, 2013, 23:18:36 da dottorstranamore »