Ci sono libri che.
Ci sono libri che a volte cantano.
Come fanno? Non lo so.
Mi stupisco che tra due pezzi di cartone, chiamati copertina, ci siano tutte quelle piccole macchioline nere, quei segnetti inspiegabili che miscelati a volte cantano. A volte piangono.
Da quei piccoli simboli neri, escono rumori di battaglie, grida, muri che crollano, eroismi e misfatti, piogge torrenziali e deserti mobili con cammelli in fila indiana. Ho sempre sospettato errori di stampa: i cammelli dovrebbero andare in fila araba. O africana.
Quando ero piccola e mia madre urlava “A tavola, è prontoooo” facevo fatica a far risucchiare nelle pagine le alghe e le sabbie dei pirati della Tortuga, per recarmi a desinare. Io insistevo, non potevo permettere che nulla di quei puntolini neri andasse perduto, sebbene a volte qualche onda sfuggisse e bagnasse il tavolo. L’urlo issate le vele o gettate l’ancora erano i più difficili da contenere.
Col tempo ho perso qualche pietra dei muri di Troia, rotolata fuori dal libro, certamente si è confusa con la ghiaia del giardino.
A volte melodie tinte di rosa hanno innondato le copertine e si sono disperse tra i fiori dei prati in cui mi isolavo, lasciando il corpo appoggiato sul pianeta, mentre gli occhi infilavano come spilli quei piccoli segni neri.
Strano come i libri parlino solo al passato, qualunque nave solchi le loro pagine.
Mai un libro, anche se di fantascienza, usa i verbi al futuro.
Era, fu, disse, faceva, scrisse, dipingeva…
Sembra che la vita sia solo una cosa trascorsa.
Ma allora noi non abbiamo futuro? L’umanità non immagina un futuro?
No forse mi sbaglio, ci sono i libri profetici.
Sì, quelli parlano al futuro.
Dicono: andrete all’inferno, andrete in paradiso.
In realtà nessuna macchiolina nera sa la vera verità.