Questa è scritta e mai consegnata al mio ragazzo.
Trascorre l'amore un po' tormentato, la burrasca di torti reciproci che è avvenuta prima della pace limpida che ora regna tra noi.
Buona lettura
"Credo sia la prima volta che scrivo di te, di noi, di quel che siamo. Non l’ho mai fatto ma spesso mi è passato per la testa: io plasmo così le emozioni, in questo modo do vita concreta alle migliaia di anime che si accendono in me quando provo amore o odio, e tu lo sai. Silenzioso mi conosci meglio di quanto faccia ogni altro individuo, sempre mite e pieno d’amore mi impregni della tua presenza e della consapevolezza del fatto che sono accompagnata in ogni singola e più piccola azione dal respiro perpetuo del tuo intendermi e comprendermi.
Ti penso sempre, sai? La tua immagine è continuamente accesa in me ma non invade i pensieri e il raziocinio, non ostruisce la fluidità del mio agire: è solenne, diffusa in tutto il territorio del mio spirito e da ordine a tutti i miei atti. La tua presenza, qui dentro, è come la luce tenue e chiara di una lampadina, o come un profumo che estende la stanza verso altri mondi, altri ambienti. E di tempo, per dissolverti, ne hai impiegato.
Sei stato una burrasca, un nodo ardente che infiammava tutte le cose appartenenti al mio cervello, che rotolava impazzito e furioso torturandomi, uccidendomi per resuscitarmi e poi ammazzarmi ancora. Avevi l’aspetto dell’ennesima condanna, di un male che si sarebbe accatastato sopra tutti gli altri dolori all’angolo della mia vita. Ti ho dapprima ammirato, poi amato, poi odiato a morte e poi punito. Ho taciuto, si. Mi sono presa quella fetta di bile da ingoiare a forza e quando la ingerivo, quando questa mi penetrava gli organi e i muscoli, infondeva capillare e dolorosa un’energia cattiva, una rabbia ostile tronfia, sbuffante noncuranza come il toro getta dal naso violenza. Poi gli organi si son gonfiati e i muscoli allargati; quell’energia si è fatta forza e quella cattiveria, quella superbia, quella noncuranza sono diventate vendetta.
Ti ho cacciato, espulso, estinto dalla mia vita. Ho aspettato il momento della tua debolezza, del tuo languore e soprattutto dell’ascesa di quell’amore docile che dopo avermi torturata hai iniziato a provare nei miei confronti.
Amore docile, si. Eri diventato tenero e malleabile ma indistruttibile, come un filo d’erba. Ti piegavi e nulla ti feriva o spezzava o incuteva ostilità. Eri debole e d’acciaio. Buono e prepotentemente imposto nel mio pensare, come un masso pesante.
E allora mi son vendicata.
Poi, però, la vendetta ti ha reso debole sul serio. Mi hai amata di amore carnale, energico, disperato. Mi hai seguita incazzato e ansioso, mi hai pregata e hai taciuto. Ho visto te per terra come ancor prima vidi me stessa schiacciata al suolo dal dolore e dalla paura di perderti, e allora ci siamo fusi… abbiamo avvolto in un velo limpido e lucente le intere essenze che ci compongono e queste si sono ammorbidite in un connubio; siamo un connubio, noi. Siamo un’alleanza titanica d’amore, amicizia, comprensione, complementarietà. Sto benone con te, mi regali tranquillità ogni giorno, libertà ogni secondo. Grazie amore mio.
Ogni cosa di te mi riempie, dall’odore al tatto, da ciò che sei in superficie e ciò che sei nel profondo.
Non mi annoi mai, non mi ferisci mai, incassi tutto con la grazia di chi si prende avido il piacere di un vizio, di chi ha eletto qualcosa in funzione della propria felicità accettando anche le clausole amare di quella dipendenza."