Certo che questo, per essere un forum di lettori, è straordinariamente pieno di persone piene di certezze: chi pensa che una veritá esista, chi addirittura ritiene di esserne in possesso, chi ancora ne fa un tale simulacro di divinitá da ritenere blasfema una semplice battuta.
Ho sempre pensato che chi legge ama la conoscenza, è curioso nei confronti del mondo, soprattutto sommamente dubita, essendo il dubbio spesso sintomo d'intelligenza e la certezza quasi invariabilmente di ottusitá. E mi chiedo: chi ha giá una veritá, o ritiene di averla, come si confronta col mondo?
I pensieri non sono altro che condizionamenti collettivi della mente umana accumulati negli anni. E per questo non si riescono a vedere le cose così come sono veramente, ma solo in modo distorto o ridotto da etichette mentali, da concetti, da giudizi, opinioni o schemi reattivi. Così il proprio senso d'identità, del sé, si riduce ad una storia che ci si continua a raccontare mentalmente.
In realtà nel proprio Essere c'è una profondità, una quiete viva e vibrante molto più vasta dei pensieri. E questa è “la verità, la consapevolezza” alla quale mi riferivo, e della quale la mente pensante ne è solo un piccolo aspetto. La verità, la consapevolezza non è altro che la Presenza al di là del nome e della forma e il realizzare così nella profondità del proprio essere, che si è già completi, interi, tutt'uno con l'essenza senza tempo della vita.
La principale trappola da evitare è far confusione tra contenuto ed essenza. Il nome, la nazionalità, la religione, le opinioni, il credo politico, i possedimenti materiali, quel che piace o non piace, i desideri, le ambizioni e anche se ci si vede con successo o fallimento, come buoni o cattivi, dunque tutta la storia personale e i processi mentali, bene, tutto questo è contenuto e come tale è soggetto all' impermanenza, e se si cerca di trovare il proprio essere dal contenuto, si troveranno solo frustrazioni e sofferenze e solo per aver derivato il proprio senso di identità esclusivamente dal contenuto della propria vita. E quando si realizza ciò che non si è (cioè il contenuto) ciò che rimane è chi si è veramente, e cioè l'essenza o spazio interiore, il Tao, per intenderci.
Tutto questo è espresso da esseri umani in cui si manifestò questa consapevolezza, e che per l'umanità furono riconosciuti come maestri, grandi maestri, anche se spesso vennero male interpretati. E mi riferisco a Buddha, Lao Tzu, o lo stesso Gesù.
Appunto: la tua spiegazione conferma la mia analisi e rende più profondi i miei dubbi.
C'è chi osserva il mondo alla ricerca di un confronto e chi invece cerca solo conferme a verità dogmatiche.
... e questo che stiamo facendo non è forse confronto? Come definiresti in altro modo, escludendo le etichette, il nostro "confronto"?
Il nostro non è confronto: tu parli di verità, e la verità non si confronta con nulla, in quanto è "vera" di per sé.
Per confrontarsi, si può solo partire da dubbi, a cui magari si tenta di rispondere in maniera diversa. Non per niente la storia della scienza, e prima di questa la storia della filosofia, è fondamentalmente la storia del dubbio, mentre la storia delle religioni, tutte indifferentemente, è la storia di chi ha tentato e tenta in ogni modo di mantenere dei dogmi contro ogni logica, pratica ed umana esperienza.
Per questo è inutile parlare: tu parti da un assunto (io possiedo una verità e te ne faccio partecipe) che annichilisce qualsiasi possibilità di dialogo.
Della fede, infatti, è inutile parlare.