Viveva su in cima in una stradina semi vuota, un gruppo di case e solo erba per le capre. Saliva e scendeva due volte e anche più e ogni volta diceva “non ce la faccio più”. Spingeva in salita una bici ormai vecchia e le sporte ai due lati con dentro chissà cosa o un bel niente. Un cane davanti e aspettava i suoi passi, poi di nuovo lui avanti e i suoi passi aspettava. Una gobba lei aveva e i ragazzi di strada come fosse un bersaglio, prima un sasso e poi un altro le lanciavano per ridere fino a stancare. Lei andava ormai a stento e nemmeno gridava, camminava e avanzava fino quasi a morire. Come andò a finire? Era un giorno d'estate, lei aveva un grembiule e un fazzoletto sulla testa. Prima passa in silenzio e poi appena alla cima, i ragazzi sbucati dalle case di fronte, impauriti da quella le si scagliarono con le botte. Si era soliti dire che la iella portava, e così per zittirla la caricarono a notte. La lasciarono lì, sull'asfalto di rosso e poi lei si riprese e continuò con le botte. Da quel giorno si perse, una leggenda si narra: ritornata alla casa, da uno sforzo siffato cadde a terra riversa e spirò come santa. E così lassù in cima, un ricordo fu posto: “a una donna, a una buona per ludibrio di altri ora lei è morta”.