Negli aforismi il nick “Platino ha scritto: "Ognuno è attore sul proprio palcoscenico della vita, ma il destino unico spettatore."
E di rimando Nuvola ha scritto: “La vita è un palcoscenico e noi siamo gli attori: peccato che non siamo noi stessi a sceglierci il ruolo da recitare.”
Nel teatro antico gli attori usavano anche le maschere per identificare lo stereotipo delle varie tipologie umane. E sin dall’antichità il tema dell’essere e dell’apparire fa parte della riflessione filosofica, perché rappresenta una parte di ciò che cerchiamo di perseguire.
Lo scrittore Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934, nel suo romanzo "Uno, nessuno e centomila" spiega come una persona possa indossare centomila maschere nella vita ed apparire agli altri diversa da come è realmente. Il comportamento influenza la scelta fra l'essere e l'apparire: essere se stessi non è facile quando le circostanze esterne inducono ad "apparire".
Il titolo del romanzo pirandelliano è una chiave di lettura della tematica dell'identità. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, è davanti allo specchio, simbolo dell’io davanti a se stesso, e scopre di vivere senza "vedersi vivere". Insegue l’ estraneo che è inscindibile da sé, che l’alterità conosce in centomila identità differenti. E’la storia di una consapevolezza che si va man mano formando: l'individuo non è Uno e la realtà non è oggettiva. Vitangelo passa dal considerarsi unico per tutti (Uno, appunto) a concepire che egli è un nulla (Nessuno), attraverso la presa di coscienza dei diversi se stesso che via via diventa nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo la realtà perde la sua oggettività e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo.