Raccolgo da terra la bottiglia di Old Parr. Il collo bombato si adatta perfettamente al palmo della mano sinistra. Il fondo di whisky sciaguatta nel ventre di vetro marrone. Con le dita della mano destra gioco con la plastica dell'Atarax, il crepitio mi tiene compagnia. Cic Cic Cic. Lascio cadere sulla moquette le pastiglie e trangugio l'ultima sorsata del vecchio Parr. L'etichetta giallognola mostra la scritta in corsivo gotico: "Aged 12 years", stampata sull'immagine di una pergamena invecchiata.
Lo smartphone si è perso tra le pieghe della mia trippa, nascosta sotto a una maglietta bianca, invecchiata e ingiallita come l'Old Parr. Faccio scorrere il pollice sul touch screen e seleziono il numero di Mabel dalla rubrica.
La sua faccia rugosa, distrutta dalle metanfetamine, mi appare sul display, accompagnata dalla voce gracchiante. "Cazzo vuoi Pat. Sono le sei del mattino.".
Osservo ancora per un istante i capelli biondi, stopposi, mesciati di ricrescita marrone mentre accarezzo nella tasca il grilletto d'acciaio dell'accendino. I denti sembrano attaccati col bostik alle labbra dipinte con un rossetto da quattro soldi, più rosse della vagina di una ninfomane.
Forse è meglio levare l'opzione video dalla chiamata. Sfioro il display e lascio dissolvere i pixel osceni nel blu del wallpaper stellato.