Quando ero una bambina non so se le cose andassero esattamente così come le vedo adesso con gli occhi di adulta. Cerco di sforzarmi, di ricordare e spesso chiedo: ma tu, facevi così quando eri un bambino? Ho ricordi di sensazioni, di quando un giorno una piccola maestra d'inglese alle elementari mi rimproverò aspramente solo perché le chiesi: come si dice cretino in inglese? Oppure di quella volta quando alle medie appoggiata allo stipite della porta della mia classe, sollevai il piede che toccò quello di un compagno e l'insegnante di matematica chiamò mia madre per parlarle della mia condotta.
E' nell'oggi che qualcosa non va, o forse non andava ieri?
Entrare in una qualunque delle classi di una scuola elementare, e dico elementare perché di medie ormai ci ho fatto il callo, fa accaponare la pelle. Lo scenario è terrificante. Da che dipende il fatto che questa scuola, la nostra scuola non riesce più ad assolvere il suo compito? A che serve dare ai bambini l'idea dell'esistenza di un sapere quando alle loro spalle non hanno idea dell'esistenza di una civiltà?
Le maestre di una scuola materna un giorno convocarono tutti i genitori per dire apertamente: “dopo anni d'insegnamento siamo costrette a dire, oggi, che non ce la facciamo con i vostri figli, sì proprio loro, quelli di tre, quattro e cinque anni. Vi chiediamo di ascoltarli, perché possano imparare a farlo iniziando con e da voi. Vi chiediamo di giocare perché possano imparare a farlo con e da voi. Vi chiediamo di parlare perché possano imparare a farlo con e da voi. Solo così il nostro lavoro non andrà perso”.