Anch’io amo la notte, ma in controcorrente rispetto a voi, ché dalla notte quel che desidero di più è la perdita di coscienza. Spengo la luce e improvvisamente sono in nessun posto. Ma dormo poco, perbacco!
Al risveglio, specie nelle mattine buie di inverno, sono indispettito, e seduto sull’orlo del letto, i piedi penzoloni, il mento sul petto Il tempo sospeso Rallentato Lungo sul silenzio inquietante, ed è l’angoscia che subentra e mi stringe la gola, e risveglia pensieri neri di cose vili e tristi della vita. E non è questo il momento per scrivere.
I piedi nudi li abbasso a tastare il pavimento. Quanto mi ci vuole per trovare le ciabatte!
Poi
le mani poggiate al muro, avanzo incerto barcollante e vado e battere la fronte contro una parete fredda e umida E’ uno specchio nel quale fisso una sagoma. La metto a fuoco e la coscienza lentamente sembra snebbiarsi, anche se ancora non mi riesce di precisare i tratti di quel clown riflesso.
Strizzo le palpebre fino a che lo sguardo non penetri oltre il vetro, oltre la sagoma.
E’ così che lentamente riallaccio la realtà del mattino, mentre l’angoscia sfuma in semplice malinconia... come vorrei che qualcuno venisse a consolarmi. Faccio passare il tempo tra preparazione del caffè, il bagno. Quando dovevo prepararmi per qualche esame era questa l’ora per annullarmi nello studio, e debbo dire con migliori risultati che in altre ore. E finalmente pronto per inoltrarmi nella solita giornata di sopravvivenza senza arte, ed inizio a rotolarmi distratto nei pensieri, stimolato dalle auto, le immagini di volti assonnati, espressioni… robot, suoni, rumori. Il bambino al vetro dell’auto, sfruttato al semaforo Le mani livide I grandi occhioni. E mi saturo di punti interrogativi e punti esclamativi.