Il Computer felice
C’era una volta un Computer, era una bella macchina fisicamente grande con l’esterno tutto in grigio scuro e si sentiva molto importante. Era uno dei primi della sua specie ad avere una nuova periferica di cui andava estremamente orgoglioso: era un monitor 13” monocromatico, con il quale poteva comunicare direttamente con i suoi operatori, senza bisogno di usare la console scrivente. Aveva anche un’altra periferica di cui andava fiero: era una stampante a 1.100 righe al minuto con la catena di stampa intercambiabile. Purtroppo non poteva comunicare con i suoi simili, anche se sapeva che qualche altra macchina poteva farlo, ma erano una rarità, però poteva comunicare con l’esterno grazie ai suoi terminali remoti; proprio così, perché utilizzava una linea telefonica dati riservata con un numero di telefono speciale. Anche la sua alimentazione aveva un che di imponente, infatti utilizzava una linea a 380 volt che era collegata direttamente alla cabina elettrica per evitare pericolose interruzioni ed il tutto passava attraverso un bellissimo pannello con voltmetro, amperometro ed una serie di interruttori e fusibili.
Le persone che lavoravano con lui gli somigliavano, o forse lui somigliava ad essi: alcuni avevano un camice bianco ed erano quelli che gli erano sempre nei dintorni; mentre altri, che però vedeva più raramente, vestivano tutti con giacca e cravatta e molto spesso il colore dei loro vestiti si accostava molto a quello del suo rivestimento. Il Computer sapeva di essere molto importante per sua azienda: vedeva che i suoi dati erano vari e diversificati, ed anche se non sapeva cosa significassero, si accorgeva che venivano aggiornati ed utilizzati sempre più spesso. Così andava avanti la sua vita ed egli era soddisfatto del lavoro che faceva come un robot di Asimov, anche se non sapeva chi fosse.
Un giorno si accorse che il salone in cui si trovava cominciò a cambiare forma e, contemporaneamente, notò che i suoi operatori avevano collegato una nuova periferica sulla quale scaricavano ogni giorno i suoi dati. Vide anche che erano stati realizzati poco distanti da lui degli uffici che sembravano acquari in cui si trovavano delle scatole con sopra dei bellissimi monitor colorati in cui venivano inseriti i suoi dati. All’inizio non se ne rese conto, in quanto pensò che anche quelle fossero delle nuove periferiche che prima o poi gli avrebbero collegato, però, ad un tratto, si accorse di un chiacchiericcio elettronico, una specie di parlottio continuo e capì che anche quelle macchine erano dei computers e che riuscivano a parlare tra di loro. Quando infine vide che i suoi operatori in camice bianco ed i suoi programmatori con giacca e cravatta non andavano più a lavorare con lui, ma erano stati sostituiti da persone strane con dei pantaloni blu e camicie di colori sgargianti che erano sempre presso i nuovi elaboratori, comprese che ormai era giunta la sua ora ed aspettava ogni giorno che qualcuno non lo riaccendesse più la mattina. Questo però non avvenne ancora per molto tempo, perché ormai nessuno conosceva il modo di spegnerlo la sera senza farlo riaccendere; comprese che questo sarebbe accaduto quella sera stessa, quando vide di nuovo uno dei suoi vecchi programmatori, che egli riconobbe subito anche per il modo in cui era vestito, il quale modificò una delle sue funzioni di sistema.
Fu molto sorpreso quando si accorse che era stato riacceso e si trovò in una bellissima sala con un cordone rosso che lo circondava. Non aveva più le sue periferiche, tranne il monitor monocromatico e la tastiera. Col suo orologio interno si accorse che lo accendevano a intervalli più o meno regolari
e cominciò ad accorgersi che era circondato da tante persone che lo guardavano: quindi la sua vita non era terminata perché poteva essere ancora utile per far capire alla gente che le cose non erano sempre state come ora, ma anche lui era servito ad uno scopo. Adesso, quando lo accendevano, dato che non aveva altro da fare, faceva brillare il più possibile le sue piccole lampadine, non erano led,
ed era felice della curiosità che riusciva a risvegliare tra le persone che andavano a guardarlo.
Anche un Computer antidiluviano può servire a qualcosa.
Spero mi perdonerete un nostalgico tuffo nel passato, anche se ve lo dovevate aspettare da un dinosauro come me.