Autore Topic: Cointreau - Seconda parte.  (Letto 852 volte)

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Cointreau - Seconda parte.
« il: Ottobre 04, 2012, 09:06:05 »
Cointreau – Seconda parte

“Allah oakbar.....” mi svegliò la cantilena delle preghiere che il nostro gruppo di guide stava recitando appena fuori dalla mia stanza e quindi mi precipitai fuori considerando che, in qualità di accompagnatore, devo essere sempre il primo e infatti lo fui. Fuori era freddino in quanto c'è una enorme differenza di temperatura tra il giorno e la notte ma muovendomi per portare i miei bagagli sull'auto e facendo avanti ed indietro per varie ragioni mi abituai presto al fresco della mattina.
“Dormito bene”? Mi chiese Colette.
“Ottimamente. Vedo dal programma che oggi prendiamo la via carovaniera”.
“Si, tra circa 50 km le auto ci lasceranno e continueremo con i dromedari. I clienti hanno pagato per questo”!
E così viaggiammo per cinquanta km su una strada sabbiosa al punto che spesso la sabbia ricopriva interamente l'asfalto che, per conto suo, era pieno di buche e avvallamenti dovuti alla deformazione che subisce per via del caldo.
Fu un sollievo uscire dall'auto che, nonostante fossimo a fine aprile, si riscaldava ai primi raggi del sole. Fummo accolti dal gruppo di guide beduine con le loro tipiche tuniche color indaco che ci offrirono te e acqua fresca sicuramente presa nel pozzo visibile al centro del palmeto sotto cui sostavano pigramente una ventina di dromedari.
“Spesso il mio lavoro finisce qui in quanto c'è poco da spiegare quando si è in mezzo al deserto ma stavolta sono costretta a fare il viaggio intero in quanto le guide beduine parlano solo arabo e io soltanto posso tradurlo in francese e in italiano”. Mi disse Colette.
Io dissi: “Meglio così; mi sarei annoiato a condividere il viaggio con gente a cui posso dare solo del “lei”.
Sorrise.
Era la prima volta che la vedevo sorridere.
La procedura di sistemazione sui dromedari fu un momento divertentissimo
in quanto ben tre coppie caddero al momento in cui l'animale si rialzò perchè pochi si aspettano che egli sollevi per intero prima le zampe posteriori sbilanciando il suo carico (in questo caso gli esseri umani) fortemente in avanti. Così questi ruzzolarono sulla sabbia o rimasero appesi al collo del dromedario nelle posizioni più strane possibili. Un dromedario si rifiutò di alzarsi sicuramente per via del peso dei suoi passeggeri...
I primi km furono difficili in quanto i dromedari sebbene seguano l'animale precedente rispondono ad eventuali sollecitazioni e così bastava spostare da un lato le redini affinchè cambiassero direzione. Ma il rischio non era quello di perdersi ma di prendere un sentiero troppo in discesa o troppo scosceso rischiando di cadere.
Comunque riuscimmo a partire seguendo la direzione di un vecchissimo cartello stradale che indicava “Timbouctou 54 jours....” e io ero sull'ultimo dromedario per controllare che nessuno cambiasse strada e questo mi dava il vantaggio di vedere la colonna procedere lentamente ora sul fondo di quella che poteva definirsi una vallata circondata da dune alte anche 200 metri ora sulla cresta delle stesse dune e da qui si osservava il “mare” di sabbia tutto intorno. Contrariamente a quanto si pensi non esiste un percorso segnato e ben definito per le vie carovaniere non c'è una strada battuta da seguire ma solo delle rocce ammucchiate che raggiungono il metro di altezza orientate nella direzione del prossimo punto di riferimento. Il capo carovana ne esamina la direzione e la mantiene. Spesso il deserto non è solo sabbia ma anche pietre. Anzi per oltre un ora abbiamo attraversato solo un letto di sassi che si estendeva in ogni direzione. Nessuna palma in vista, niente, nessun segno di civiltà, nessun uccello in aria, nessun rumore. Due ore durò la prima tappa, per far abituare gli ospiti e quindi arrivammo ad una oasi; la classica oasi con le palme e il laghetto che affiorava in mezzo ad esse. Riposando e riparandomi dal sole del mezzogiorno mangiammo il primo pasto berbero preparato dalle nostre guide che erano andate avanti ad accendere il fuoco. Mangiai da solo seduto nel punto più alto dell'oasi per poter guardare l'infinito; dove il colore ocra della sabbia si congiungeva con l'azzurro del cielo.
“Sai quali sono i colori del deserto”? Mi chiese Colette sedendosi  accanto a me.
“No....almeno...io qui ne vedo due”.
“Sono quattro e li stai vedendo tutti”. “Il blu del cielo, l'ocra della sabbia, il bianco delle nuvole e il verde delle palme.
Era vero; tutti e questi quattro colori sono visibili nel deserto e solo questi. Mi vennero alla mente i colori delle bandiere di molti stati arabi. Sono uguali tra di loro ma disposti in modo differente. In effetti ci sono alcuni di questi  colori più il nero. Che ci sia un nesso? Ci deve essere per forza....troppo simili sono i colori e gli stessi colori, inoltre, sono riscontrabili nel quadrettato della kefiah, il tradizionale copricapo arabo.
Un beduino mi strappò dai pensieri invitandomi a prepararmi a ripartire in quanto il pomeriggio avremmo camminato di più e risalii sul mio quieto animale che battezzai Rex per il suo sguardo sprezzante ed indifferente (tipico dei dromedari); lo stesso sguardo di colui che non degna nessuno di attenzione e la carovana ripartì. Sempre in fondo alla fila, vedevo ciondolare a destra e a sinistra tutti i passeggeri fino a quando arrivammo in una ampia pianura e qui, per svegliare un po il gruppo, le guide accelerarono il passo dei dromedari. Adesso si che si ballava! Quando corre questo animale porta contemporaneamente in avanti entrambi le gambe di ogni lato. Non corre, ad esempio, come i cavalli che incrociano l'anteriore destra e la posteriore sinistra e quindi il fatto che si sostenga sulle gambe di un solo lato mentre le altre due sono in movimento e quindi sollevate da terra conferisce il tipico andamento ondeggiante da cui deriva il soprannome “nave del deserto”. Fu una corsa leggera per non far correre rischi ai clienti ma entusiasmante. Qualcuno ebbe mal di mare. La pianura sembrava più corta ma gli animali corsero per almeno 20 minuti e dopo un altra mezz'ora si incominciò a vedere in lontananza l'oasi dove avremmo passato la notte. Questa oasi era abbastanza grande e nel centro, vicino all'affioramento dell'acqua, c'era la costruzione dove avremmo dormito. Era una costruzione formata da una decina di stanze disposte a quadrato intorno ad una area centrale aperta che fungeva da cortile. Prendemmo possesso delle nostre stanzette dove c'era esclusivamente il letto e un armadietto. Al centro del cortile le guide che come al solito erano passate avanti avevano già acceso il fuoco e stavano preparando la cena.
“Ma dove sono le docce”? Chiese un cliente.
Già, dov'erano le docce e soprattutto il bagno?
“Esci dal portoncino, gira a sinistra e trovi l'indicazione che ti porterà al luogo che cerchi”, disse Ahmed.
In mezzo a una decina di palme c'erano questi spazi privati. Fatti bene a dire il vero ma assolutamente all'aperto coperti soltanto da un metro quadrato di foglie....
Comunque ci organizzammo e dopo due ore circa eravamo tutti pronti per la cena.

FINE Seconda parte.
« Ultima modifica: Ottobre 05, 2012, 06:59:40 da overseadreams »

presenza

  • Visitatore
Re:Cointreau - Seconda parte.
« Risposta #1 il: Ottobre 04, 2012, 10:25:44 »
Per quanto questo sia il viaggio che non farei mai, considerato che non mi piacciono questi luoghi, il caldo e tutto il resto, leggo con attenzione questo racconto. In tutto ciò che ci circonda c'è sempre qualcosa che apprendiamo al di là dei nostri gusti e dei nostri piaceri.