Autore Topic: perchè si dice così  (Letto 18291 volte)

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Re:perchè si dice così
« Risposta #15 il: Dicembre 05, 2012, 07:56:56 »
questa battuta non la sapevo, se è vera a Natale sarà una giornata bruttissima.

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Re:perchè si dice così
« Risposta #16 il: Dicembre 15, 2012, 19:14:27 »
porco boia!
ecco questa è facile, ma magari Bersani, mentre smacchia i giaguari o depila le palline del biliardo, ha un'altra versione. :) :prtr:

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Re:perchè si dice così
« Risposta #17 il: Dicembre 16, 2012, 08:36:02 »
Tabula rasa



Si sa che gli antichi scrivevano su tavolette. Quando poi volevano usar di nuovo la tavoletta, facevano scomparire lo scritto precedente radendolo. Tabula rasa significava appunto la tavoletta da cui lo scritto era stato fatto scomparire.

RAFFAELE49

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Re:perchè si dice così
« Risposta #18 il: Dicembre 31, 2012, 01:18:56 »
mi sembra  che anche a Pompei usassero lo stesso sistema, però invece di pulire le tavolette ogni notte imbianacavano a calce i muri. Foorse che avremmo qualcosa da imparare sul riciclo da persone vissute 2000 anni fa ? 
All'esperienza porgeremo orecchio
quando a noi pure il cuor sia fatto vecchio;
assumeremo un'aria più severa
quando ai denti subentra la dentiera.

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Re:perchè si dice così
« Risposta #19 il: Gennaio 22, 2013, 07:52:53 »
vela latina

è il nome che si dà alle vele triangolari, ma non esiste alcuna testimonianza che la vela triangolare fosse effettivamente usata dai romani, che come gli altri popoli usavano vele rettangolari. Fu infatti inventata dagli arabi e portata in occidente nel periodo delle crociate dove assunse il nome di vela trina, per distin guersi dalla "vela alla quadra". Poi il nome fu corrotto i, "vela latina".

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Re:perchè si dice così
« Risposta #20 il: Febbraio 19, 2013, 07:37:02 »
Troia

sempre in ricordo della mitica Elena. Deve essere stata una cosa che proprio non è andata giù a nessuno! :mah:

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Re:perchè si dice così
« Risposta #21 il: Marzo 17, 2013, 23:07:04 »
Gorgiera





Gorgiera: questo termine deriva da “gòrgia”, parola che indicava la gola.

Nelle antiche armature la gorgiera era la parte metallica o di rigido cuoio  che serviva per proteggere la gola dai colpi di spada.

Nell’abbigliamento femminile  medievale era la striscia di lino o di seta che  fasciava il mento, la gola ed il collo.

Nei secoli XVI e XVII  venne denominato gorgiera il collaretto di lino (spesso inamidato) o di pizzo increspato a cannelli, che circondava il collo e veniva legato dietro la nuca, portato dagli uomini e dalle donne dell’aristocrazia.

La testa dei nobili pareva poggiata su un piatto  pieghettato ed inamidato che stringeva il collo.

Poi la moda lanciò vestiti più accollati e gorgiere più ampie. Erano di lino, mussola o pizzo con piccole pieghe rese rigide dall’amido , da sottili fili di ferro e da cannucce nascoste che tenevano la gorgia rialzata sulla  nuca.

Nei ritratti della pittura fiamminga gli abiti sono neri, solo il viso è illuminato dal bianco della gorgiera, che nel  ‘700 venne modificata in “jabot”.

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Re:perchè si dice così
« Risposta #22 il: Marzo 18, 2013, 08:40:47 »
senti senti, interessante. ;)

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Re:perchè si dice così
« Risposta #23 il: Marzo 18, 2013, 08:51:14 »
Il pomo della discordia

Gli antichi credevano che ci fosse una dea, figlia della Notte, sorella di Nèmesi (vendetta) e delle Parche (brutte vecchie dalle mani artigliate). Questa dea, amica di Marte, si chiamava Discordia e faceva onore al suo nome aizzando continuamente litigi, pettegolezzi e malignità. Giove, sereno e tollerante come tutti i grandi, la sopportò per un bel po' ma alla fine perse la pazienza e scacciò Discordia dal cielo. Rabbiosa per questo smacco, Discordia cercò ogni occasione per vendicarsi. Quando ci fu il matrimonio di Teti (dea del mare) e Peleo (semplice mortale) furono invitati dee e dei, uomini e donne, ma certo non fu invitata madama Discordia. Al culmine della festa, lei getto sulla tavola una mela d'oro su cui era scritto: "alla più bella". Le dee più belle presenti al banchetto erano tre: Giunone, Minerva e Venere. Ciascuna pretese la mela per sé e nacque un putiferio, la pace della festa fu turbata e l'allegria finì. Le tre dee si rivolsero ad un pastorello, Paride, perché decidesse quale fra loro fosse la più bella e Paride scelse Venere. Le altre due non si rassegnarono e da ciò derivò un mondo di guai.

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Re:perchè si dice così
« Risposta #24 il: Marzo 26, 2013, 08:05:17 »
APPIOPPARE


anticamente si faceva sostenere la pianta di vite a pali di pioppo.

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Re:perchè si dice così
« Risposta #25 il: Aprile 16, 2013, 08:41:21 »
fare una cosa di soppiatto


   L'espressione significa "agire furtivamente, di nascosto". Non tutti sanno, forse, qual è il significato proprio di "soppiatto". E' un aggettivo che si adopera esclusivamente nelle locuzioni simili: uscire di soppiatto; entrare di soppiatto, ecc. e propriamente vale "appiattandosi". E' composto con il prefisso "so(b)" ­ che è il latino "sub" (sotto) ­ e l'aggettivo "piatto" ­ che è tratto dal latino medievale "plattus" ('largo', 'aperto') ­ quindi "schiacciato". La persona che entra di soppiatto, quindi, figuratamente si "appiattisce", si "schiaccia" per ridurre il volume e non farsi notare.

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Re:perchè si dice così
« Risposta #26 il: Aprile 26, 2013, 14:46:10 »
Inciucio

Il sostantivo maschile inciùcio è onomatopeico: evoca il  cosiddetto "ciu-ciu" che si percepisce dal pettegolezzo a bassa voce  tra due persone.

La parola 'nciucio è un'espressione dialettale napoletana.

Il termine è entrato nel gergo della politica italiana in seguito all'uso errato che ne fece il giornalista Mino Fuccillo, in un'intervista a Massimo D'Alema per il quotidiano la Repubblica, il 28 ottobre 1995. Da allora "inciucio" è divenuto una parola comune  per riferirsi ad un accordo informale fra forze politiche di ideologie contrapposte che mette in atto un do ut des, oppure la  spartizione del potere od un intrigo.  Nel caso italiano, un tacito patto di non-belligeranza sarebbe stato stipulato, secondo alcuni giornalisti, tra Massimo D'Alema, in quel tempo segretario dei Democratici di sinistra,  e Silvio Berlusconi, durante una cena a casa di Gianni Letta: il cosiddetto "patto della crostata" (in riferimento al dolce preparato per quell'occasione dalla signora Letta). Secondo questa versione, D'Alema si sarebbe impegnato a non fare andare in porto una legge sulla regolamentazione delle frequenze televisive: a tale fine si sarebbe prestato l'allora presidente della ottava Commissione permanente del Senato, Claudio Petruccioli, non calendarizzando l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1138 per tutta la XIII legislatura. Tale legge infatti avrebbe costretto il gruppo Mediaset a vendere una delle proprie reti (in tal caso avrebbe scelto probabilmente la meno importante, Rete 4). Inoltre, in quel periodo, Mediaset era in procinto di quotarsi in borsa, e una legge di quel calibro avrebbe fatto calare a picco il valore delle azioni. L'eventuale prezzo che l'altro contraente (Silvio Berlusconi) avrebbe promesso come merce di scambio, non è noto. D'Alema bollò come "inciuci" (cioè pettegolezzi privi di fondamento) tali affermazioni. A causa, probabilmente, della scarsa conoscenza dei dialetti meridionali da parte dell'intervistatore, al termine fu attribuito un significato distorto, che è poi quello per il quale oggi viene più frequentemente utilizzato.

Il lemma "inciucio" è stato usato anche da Ernesto Galli Della Loggia per un suo articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 24 aprile scorso.

"SE OGNI ACCORDO È UN INCIUCIO

Il sospetto universale

«L'inciucio!». Molti italiani si stanno ormai abituando a giudicare la politica nell'ottica di quest'unica categoria demonizzante, e quindi a vedere le cose e gli uomini della scena pubblica del loro Paese in una sola luce: quella del sospetto universale.

La prima caratteristica della categoria dell' inciucio , quella che la rende così facilmente utilizzabile, è la sua indeterminatezza. L' inciucio , infatti, come insegnano i suoi denunciatori di professione, si annida dovunque. Potenzialmente esso riguarda tutto e tutti. Può consistere nella sentenza di un tribunale, in un articolo di giornale, nella decisione di qualunque autorità, in una trasmissione televisiva, in tutto. Ma soprattutto è inciucio la trattativa, l'accordo, il compromesso esplicito, così come pure - anzi in special modo! - l'intesa tacita che su una determinata questione si stabilisce per così dire spontaneamente tra gli attori politici di parti diverse. Tanto più che perché di inciucio si possa accusare qualcuno non c'è bisogno di alcuna prova. Per definizione, infatti, l' inciucio si svolge nell'ombra, al riparo da occhi indiscreti. E dunque, paradossalmente, proprio la circostanza che di esso non si abbiano tracce visibili diviene la massima prova della sua esistenza. In questo senso la categoria d' inciucio , nella sua indeterminatezza e nella sua indimostrabilità, costituisce una sorta di versione in tono minore di un'altra ben nota categoria, da decenni ai vertici dei gusti del grande pubblico: la categoria dei «misteri d'Italia» con la connessa tematica del «grande complotto». Ogni vero inciucio , infatti, contiene inevitabilmente un elemento di «mistero», e d'altra parte ogni «mistero» non implica forse chissà quanti inciuci ?

Un ulteriore vantaggio che offre poi l' inciucio in termini polemico-propagandistici è che esso, di nuovo, può sottintendere tutto, il fare ma anche il non fare. Agli occhi dei suoi teorici esso è anzi soprattutto questo: è il non fare, il disertare, l'abbandono della posizione di fronte al nemico. Un aspetto, questo, che indica assai bene quale sia l'idea della democrazia che hanno i denunciatori di professione dell' anti inciucio . È un'idea per così dire bellica della democrazia, radicalmente fondata sul concetto di ostilità. Per non essere l'anticamera dell' inciucio (sempre in agguato!), la democrazia deve essere scontro permanente, continua denuncia dell'avversario e dei suoi disegni, illustrazione delle sue indegnità morali, smascheramento; ogni discorso deve sbugiardare, denudare, indicare al pubblico ludibrio.

La massima virtù civica non è la probità, è l'indignazione. Chi non si adegua, chi invece guarda alla democrazia come a quel sistema che si fonda, sì, sulle «parti» e sulla loro contrapposizione, ma anche, specialmente nei tempi difficili, sulla ricerca dell'accordo, sulla tessitura di compromessi, sulla moderazione di toni, sul riconoscimento dell'opinabilità di tutti i punti di vista (compreso il proprio, naturalmente) e della buona fede altrui, ebbene costui è già un potenziale «inciucista», un «traditore», un «venduto», degno di essere consegnato ai dileggi parasquadristici di cui per esempio sono stati vittime gli onorevoli Franceschini e Fassina nei giorni scorsi. Poiché in una tale ottica la mediazione non è il momento inevitabile di ogni prassi democratica; al contrario: ne diviene la più indegna negazione. Naturalmente ordita con i più torbidi scopi.

Inutile dire quanto abbia aiutato a radicare l'idea e la categoria d' inciucio la scoperta della spartizione, concordata per anni dietro le quinte, a opera dell'intera classe politica, di privilegi e benefici di ogni tipo e misura. Cioè la scoperta della «casta». Una realtà verissima e certo scandalosa: se si può muovere un rimprovero all'uso pubblico della quale, però, è di non avere sottolineato abbastanza che l'intera società borghese italiana è in verità una società di caste. Che la radice del male, dunque, non sta tanto nella politica quanto nella cultura, nella mentalità profonda delle classi dirigenti (e non solo) del Paese. Per cui in Italia tendono a essere una «casta» i giornalisti, i giudici, gli avvocati, gli alti burocrati, i professori, i manager, i funzionari dei gabinetti ministeriali, e così via: in vario modo tutti impegnati accanitamente a sistemare i propri figli possibilmente nello stesso mestiere, a impedire l'accesso ai nuovi venuti, ad accumulare privilegi, retribuzioni, eccezioni di varia natura, auto blu, simboli di status, diarie, cumuli pensionistici, trattamenti speciali, ope legis , e chi più ne ha più ne metta. Viceversa, declinata unilateralmente la categoria di «casta» porta a conseguenze strabilianti. Per esempio a quella di proclamare «un uomo al di fuori della politica» (Beppe Grillo) una persona certo degnissima come Stefano Rodotà, ma che comunque nei suoi ottant'anni è stato deputato dal 1976 al 1994, deputato europeo per un altro periodo, presidente del gruppo parlamentare della Sinistra indipendente, vicepresidente della Camera, ministro nel governo ombra Occhetto, presidente del Pds, e infine presidente di un'Authority, carica notoriamente di strettissima nomina politica. Qual è insomma, viene da chiedersi, il criterio d'inclusione nella «casta»? Forse non essere nelle grazie degli «anticasta»?

Ma il punto decisivo - lo sappiamo benissimo, senza che ce lo ricordino i professionisti dell' anti inciucio - è che nella politica italiana c'è Berlusconi. Vale a dire il bersaglio di un'indignazione obbligatoria - del quale, a dire di costoro, bisogna a ogni occasione chiedere l'ineleggibilità, la revoca dell'immunità, l'incriminazione, e quant'altro - mentre il solo evitare di farlo, non parliamo dell'avere un qualsivoglia rapporto con lui o con la sua parte, significherebbe, sempre e comunque, l' inciucio più vergognoso. Quando si discute di Berlusconi o con Berlusconi, infatti, se non si vuole passare per collusi il sistema è semplice: ogni sede pubblica deve divenire l'anticamera di una Corte d'assise. Il fatto che da vent'anni egli abbia un seguito di parecchi milioni di elettori (spesso la maggioranza) appare ai custodi della democrazia eticista un dettaglio irrilevante. Non già l'espressione di un problema della storia italiana, di suoi nodi antichi che solo l'iniziativa, le risorse e le capacità della politica, se ci sono, possono sciogliere. No: solo un problema di codice penale o poco più. E in ogni caso, male che vada, un'occasione d'oro per lucrare un po' di consenso mettendo sotto accusa chi si trovasse a pensare che le cose, come spesso capita, sono invece un po' più complicate."

« Ultima modifica: Aprile 27, 2013, 08:51:57 da dottorstranamore »

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Re:perchè si dice così
« Risposta #27 il: Aprile 26, 2013, 19:48:58 »
ebbravo dott! mi domandavo proprio l'origine di questa parola, venuta all'attenzione dei media solo negli ultimi anni. Io credevo che si riferisse a ciucciare, molto più elegante di  leccare...come usa in politica.  ;D

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Re:perchè si dice così
« Risposta #28 il: Maggio 02, 2013, 08:53:16 »

Tre vocaboli: nativo, aborigeno  ed indigeno, ci provengono dalla lingua latina e li usiamo attribuendo loro l'equivalente significato;  indicano le popolazioni originarie del  luogo dove abitano e  nonostante le colonizzazioni mantengono un’identità culturale e linguistica.  I tre lemmi furono utilizzati  dai  colonizzatori per indicare chi era lì prima del loro arrivo.

La parola “nativo”  (riferito al luogo di nascita) deriva da“nativus” e questo da “natus”, participio passato del verbo “nàsci” (= nascere). Vengono definiti “nativi” gli americani che abitano il continente da prima dell’arrivo dei colonizzatori europei.

Aborigeno: da “ab-origine” (= fin dalla origine), indica l’autoctono, l’originario abitante di un luogo;  per antonomasia: abitante primitivo dell'Australia.

Indigeno: parola composta da "inde" e "genus" e significa "lì nato".

I popoli indigeni sono circa cinquemila, sparsi in 70 nazioni di cui costituiscono le minoranze etniche, come i  Boscimani del Botswana  ed i Maori della Nuova Zelanda. Secondo le stime dell’Onu sono 370 milioni di individui , circa il 5% della popolazione mondiale. 

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Re:perchè si dice così
« Risposta #29 il: Maggio 16, 2013, 14:40:01 »
superstizioso


super lo sappiamo cosa significa, ma...stizioso?  :mah: