Autore Topic: Ottantaquattro uova  (Letto 545 volte)

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Ottantaquattro uova
« il: Giugno 08, 2012, 07:55:49 »
Ottantaquattro uova

“Perché non le regaliamo delle uova?”
La giornata era cominciata così, con le parole di Giuseppe.
Eravamo nel cortile della scuola, seduti sotto il platano già stempiato dall’autunno, durante l’intervallo; Giuseppe rosicchiava una mela, io lo guardavo facendo finta di non aver fame e Rosa seguiva con lo sguardo la maestra.
 Noi tutti eravamo innamorati di lei, avevamo una voglia matta di farle un regalo per dimostrarle il nostro affetto, solo che nessuno di noi aveva soldi.
Di chiederne ai nostri non ci passò nemmeno per il cervello, sapevamo benissimo che non ne avevano.
Guardai Giuseppe, un poco sorpresa: “E dove le prendiamo le uova? Tu ce li hai i soldi per andare al negozio della Filomena?”
Lo guardavo speranzosa, se aveva detto così, era evidente che se lo poteva permettere.
Già immaginavo un bel cestino pieno d’uova colorate, chissà perché colorate, forse pensavo quando a Pasqua le dipingevamo per gioco.
Lei sarebbe stata felice, ci avrebbe baciati ad uno ad uno, tutti e dodici, e forse ci avrebbe regalato anche una caramella.
Mi guardò quasi sorpreso: ” Soldi io? No.”
“Ma allora perché cavolo parli di uova, se non ce le abbiamo!”
Giuseppe fece una faccia strana e quando lui faceva quella faccia, voleva dire che stava pensando. Gli si aggrippavano le sopracciglia, che ce le aveva enormi e scure.
Mi era sempre piaciuto, lui era uno dei nostri, mica come Alvaro che si metteva persino le scarpe per venire a scuola e si vantava di avere tutte le matite colorate. A me mancava il giallo, a Michele il verde e il rosa.
Arrivò Ansia. Veramente si chiamava Maria Celeste, ma era sempre ansiosa, piangeva per ogni scemenza, ma piangeva così convinta che anche se aveva torto, pareva avesse ragione.
“Che c’è Giuseppe, è successo qualcosa?”
“Zitta, sto pensando. Tu ci stai a fare un regalo alla maestra?”
“Che regalo? Certo, ci sto, ma cosa le regaliamo?”
“Ansia, vai a chiamare gli altri, così decidiamo.”
Ansia era sempre propensa ad ubbidire, tutta tesa ad essere servizievole pur di essere accettata dal gruppo, che in verità si approfittava della sua ingenuità e la prendeva in giro a volte in modo cattivo.
Una volta i maschi le avevano detto che se avesse cantato a squarciagola l’inno d’Italia in chiesa, le sarebbero stati perdonati tutti i peccati. Lei che come peccato mortale, che la preoccupava assai, aveva l’abitudine di copiare i compiti, si presentò in chiesa e strillò l’inno, stonando perfettamente dalla prima nota all’ultima. Non si era accorta che era l’ora del vespro e la chiesa era piena di beghine che dicevano il rosario. Era davvero svanita, oltre che credulona.
Le vecchie non dissero nulla, o almeno, non fecero in tempo perché appena si accorse della faccenda, Ansia se la  dette a gambe così velocemente che alle donnette rimase solo l’impressione di una visione che di certo non pareva la Madonna: troppo bassa!
Insomma, in due minuti la classe in cortile era al completo, la riunione indetta da Giuseppe ebbe inizio e l’ordine del giorno fu “ come trovare delle uova”.
Secondo voi i figli dei contadini  sapevano come fare?
Certo che sì!
Fu stabilito che al calar della sera ognuno avrebbe cercato nei covi di famiglia, nei pollai, nel fienile, nel granaio o negli angolini erbosi dove le galline di casa avevano l’abitudine di deporre il loro dono e lo avrebbero sequestrato.
Ma quante uova servivano? Giuseppe decise che il numero adatto era” tutte”.
In paese la gente iniziò a mormorare, le galline non facevano più uova, forse erano malate, forse era a causa del tempo, non ci sono più le vecchie stagioni, forse le faine avevano invaso i fienili. Andarono anche dal prete per indire una fiaccolata o in alternativa un esorcismo.
Don Annibale prese tempo, la faccenda non pareva poi tanto grave, una settimana senza uova non è la fine del mondo. Infatti più realisticamente pensava ai ladri.
Quel lunedì ci sentivamo un poco come i Re Magi.
 In tutto avevamo 84 uova, le avevamo anche lavate nel fontanile del bosco dai residui della nascita. Erano proprio belle, qualcuna rosata come un’aurora, qualcuna bianca come la neve.
Io stessa avevo rimediato il cesto, quello che serviva per raccattare le mele autunnali, prima di riporle nella dispensa.
L’avevo foderato di foglie di vite, mi pareva proprio bello.
Ognuno di noi arrivò a scuola con la propria refurtiva nascosta nella cartella, avvolta in pagine di Famiglia Cristiana, presa “in prestito” in parrocchia; nascosti nel gabinetto iniziammo a riempire il cestino. Eravamo allegri come a Natale, immaginavamo la reazione della maestra, la sua felicità e la sua riconoscenza. Nel trafficare si ruppero 5 uova, meglio così, perché il cesto era davvero pesante. Antoniuzzo, quello magro come uno spazzolino da denti, aveva portato anche 2 grappoli d’uva fragolina per dare un tocco di colore alle uova.
Per non essere da meno Carmelo ci volle mettere anche il suo panino della merenda. Panino al salame, come il solito.
Bè, ora chi avrebbe sollevato il paniere? Ci accorgemmo che non ce la facevamo ed allora lo spingemmo in classe come se fosse una carriola.
Il chiasso che facemmo attirò l’attenzione di tutti, dal bidello ciccione, a tutti gli altri scolari e persino la maestra Rosalinda dell’altra classe si affacciò nel corridoio.
Gli altri bambini ci guardavano gelosi di quel nuovo gioco, che a loro tale doveva apparire: la  maestra della B ( noi eravamo della A)aveva un aspetto strano, pareva pallida più del solito e gli occhi erano diventati spilli neri. Non mi piaceva per nulla questa cosa, aveva lo sguardo di mia madre, quando prende la scopa per tirarmela dietro.
Finalmente arrivammo in classe.
Mi ricordo che la nostra maestra era di spalle alla finestra ed il sole le illuminava i capelli, come un’aureola. Com’era bella!
Come sempre sorrideva.
Poi a quel sorriso accadde qualcosa, non so, mi parve che diventasse fermo, immobile, privo di senso.
Noi eravamo tutti eccitati, in attesa delle sue parole. Che non venivano.
C’era decisamente qualcosa che non andava.
Il cesto pieno d’uova stava in mezzo alla stanza, illuminato dal sole faceva una bellissima figura, ma la nostra maestra  restava zitta.
Strano, di solito chiacchierava più d’Anna, quella che avevamo soprannominato Sparasemi perché parlava velocissima, mangiandosi le parole.
Poi lei, sempre in silenzio, uscì dalla classe chiudendosi la porta alle spalle.
Ansia iniziò a piangere.
Giuseppe, fautore della bell’idea era molto perplesso e alla fine disse: ”Forse non le piacciono le uova! O forse le sembrano troppe. O troppo poche. Eh?”
La maestra non tornava.
Giuseppe allora incaricò Alvaro di andare in esplorazione nel corridoio. Gli fece togliere le scarpe con la scusa di non fare rumore; sono sicura che scelse lui per avere l’occasione di mandarlo in giro a piedi nudi come noi in estate. In inverno portavamo invece bellissimi zoccoli.
Alvaro sparì per un tempo che a noi parve eterno, ma quando tornò era sconvolto.
In classe eravamo diventati tutti muti, avvertivamo un temporale in arrivo, ma non capivamo il perché, poi il nostro soldato esploratore spiegò:“Ho ascoltato dietro la porta, le maestre e anche il bidello  parlano di uova rubate, di polizia….oddio…oddio…oddio….mi padre mi ammazzerà di botte!”
Fu a quel punto che capimmo che l’idea di Giuseppe non era stata tanto geniale quanto c’era parso all’inizio dell’avventura.
Ma Giuseppe era un genio, un vero capo-banda.
Agguantò Ansia, la portò in un angolo, e in due minuti organizzò il piano B.
E’ vero che le promise di insegnarle le tabelline, ma un capo sa quando è l’ora del compromesso.
Dal mio banchino osservavo la scena; pareva che Giuseppe le stesse insegnando a memoria un certo discorso, lei annuiva, tirava su con il naso, lo guardava e assorbiva esattamente il senso di cosa dovesse rappresentare.
Con un tocco da gran regista le scompigliò un poco i capelli e le allentò il nastro rosa che li legava, in modo che l’aspetto fosse patetico Sembrava scampata ai pirati.
Avevo capito! La piagnona ci avrebbe salvato.
Giuseppe, l’avrebbe mandata alla ribalta, lei avrebbe confessato in nome di tutti, avrebbe spiegato che non eravamo ladri, ma che volevamo solo fare una bella sorpresa alla maestra. Poi come il solito sarebbe scoppiata a piangere e si sa, nessuno osa infierire su una bambina  che lacrima come quella volta che Noè inventò l’arca.
La nostra maestra finalmente tornò insieme all’altra e al bidello.
Non capivo dalle loro facce cosa avessero in mente, ma Ansia si mise a piangere ancora prima di parlare e tra un singhiozzo e un altro riuscì alla fine a raccontare la nostra verità.
Devo dire che fu perfetta, aggiunse anche qualche melensaggine di sua invenzione.
Alcuni di noi si sentirono in dovere di supportare la protagonista della scenetta e si misero pure loro a singhiozzare.
Dopo dieci minuti eravamo tutti in lacrime, più che altro pensavamo a quanti ceffoni avremmo ricevuto a casa. Forse piangevamo più per quello, che per ciò che avrebbe detto o fatto la maestra. Guardandola di traverso tra una lacrima ed un’altra, avevamo scoperto però che le ridevano gli occhi, anche se la bocca non sorrideva.
 La polizia non sarebbe venuta: eravamo salvi!
Ci fu fatta una ramanzina, ormai data per scontata, e dovemmo scrivere 100 volte sul quaderno in bella calligrafia, con il pennino buono, “non lo facciamo più”.
Dovemmo riportare a casa ognuno le uova del proprio pollaio e restituirle alla mamma; nacque il problema di chi fossero le 5 uova rotte.
Decidemmo che erano di Giuseppe.




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Re:Ottantaquattro uova
« Risposta #1 il: Giugno 08, 2012, 11:41:59 »
 :dsew: non mi ricordo e questo l'avevo già postato, se così fosse, tirate innanzi  ::)

Brunello

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Re:Ottantaquattro uova
« Risposta #2 il: Giugno 08, 2012, 18:27:11 »
Allora non era una mia impressione ;D questo dimostra che sono un tuo fedele ed accanito lettore da sempre. Anche adesso l'ho letto con gli occhi incollati al monitor. Bravissima! :rose:

piccolofi

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Re:Ottantaquattro uova
« Risposta #3 il: Agosto 09, 2012, 15:24:16 »

  Gia', proprio cosi', come dice Brunello : ti si resta incollati, che siano uova, o alberi maestosi,
  o quadretti familiari, o ricordi, zombi, qualunque cosa.
  Dire brava e' ripetitivo, ma e' la verita'.
  Grazie, Nihil.

nihil

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Re:Ottantaquattro uova
« Risposta #4 il: Agosto 10, 2012, 08:12:46 »
 ;D modestamente piace anche a me, mi sono divertita a scrivere come se stessi raccontando  un filmino.Grazie Piccolofi.  :kiss:

piccolofi

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Re:Ottantaquattro uova
« Risposta #5 il: Agosto 10, 2012, 19:38:27 »

   E' proprio li' il bello : quando scrivere e' un piacere, vuol dire che si deve scrivere.
   E poi si fa un regalo anche agli altri ( e a se' quando ci si rilegge....).