Autore Topic: Il convegno  (Letto 1224 volte)

Rubio

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Il convegno
« il: Maggio 30, 2012, 19:22:22 »
Il convegno

   Era arrivata prima lei. In quell’alberghetto in riva al mare dove si erano dati convegno l’aspettava senza fretta. Era questo l’accordo: non aspettarsi niente di più di quanto non potessero darsi e non avere fretta.  Poi, forse, c’era un’altra clausola implicita: non recriminare; è stupido e inutile. Se aveva fatto tardi ci sarebbe stato sicuramente un motivo, il treno era in ritardo, o l’aveva perso. Che fosse scappato con una bionda era da escludersi; chi se lo piglia! A vederlo così dimesso non lo considereresti neanche, andava scoperto piano piano cosa avesse in quei pochi etti di materia grigia. Era quello il suo fascino, i suoi modi, la sua esperienza, quell’atavica consuetudine a cercare i perché delle cose anche quando non faceva piacere scoprirli. Troppo per una qualunque bionda!
  <<Ma che importanza ha fare congetture!>> – tra poco lo avrebbe saputo e, quasi certamente, non gliene sarebbe fregato nulla: una futilità fatta per lasciare il posto a ben altro. Ogni incontro era meticolosamente preparato, da giorni, settimane, talvolta mesi, ma da ciascuno dei due separatamente. Ciascuno immagina, sogna, dà sfogo alle proprie fantasie per rendersi pronto all’improvvisazione. Chi contrappone razionalità e istinto non si è mai guardato dentro: l’istintivo prepara lungamente la sua impulsività. Come l’atleta si allena una vita così che in quel salto metta tutto se stesso.
  Il difficile era lasciarsi andare: quei corpi non più giovani potevano tradirli e l’abitudine al controllo, che è del lavoro e delle convenzioni sociali, doveva lasciare il posto alla fantasia. Ma di lui si poteva fidare; non l’aveva mai delusa. Anche quando aveva detto no, che non le andava, che era nervosa, arrabbiata col mondo – o delusa, depressa – non aveva battuto ciglio; aveva giocato un altro gioco: l’aveva portata a cena fuori; avevano passeggiato sul lungo mare e, sul finire, aveva anche accettato di intrecciare la propria mano con le sua, come due adolescenti  al primo appuntamento. E poi avevano dormito abbracciati e si era sentita rassicurata, libera anche di negarsi senza rinunciare all’amore. Ma non l’aveva più fatto, solo quella volta, voleva solo metterlo alla prova, voleva vedere se era possibile.
  Niente telefonini, ovvero niente ansia: dove stai? sto entrando in stazione proprio adesso, se trovo un taxi sto lì in dieci minuti. Non serve a niente, comunicazione inutile - corredata, inoltre, da trilli fastidiosi e vociare scomposto - a cui loro evitavano accuratamente di lasciarsi andare. La soluzione era tutta nella premessa: non premeva forse, anche a lui, quanto a lei quell’incontro? E allora avrebbe fatto tutto il possibile per arrivare al più presto.
  Una volta le aveva spiegato – indulgendo una volta di più alla deformazione professionale – che era in quello l’essenza dell’einsteiniana teoria della relatività. Cos’altro significava verificare le conseguenze del incontrovertibile fatto che la velocità della luce è finita? Nient’altro che ogni messaggio necessita di un tempo finito per giungere al destinatario, di un tempo reale. Se volesse saperlo in arrivo dovrebbe alzarsi, prendere il telefono, formare il numero, attendere la risposta (che già conosce). Un tempo nevrotico, un po’ più breve di quello dell’attesa, che mal si coniuga con l’andamento lento di amanti maturi.
  L’attesa è parte del gioco amoroso, lo nutre. E’ l’inevitabile complemento alla minore elasticità dei gesti, non sempre correttamente correlati alle intenzioni. La fretta è dei giovani che ancora non sanno e le cui urgenze sembra non possano aspettare. E’ la teoria della relatività! E’ legge del nostro universo.
  Ma quanto ci avevano messo a costruirsi quell’universo? Una vita. Matrimoni e figli sulle spalle di ciascuno dei due e qualche storia fallita, tentativo di ritrovarsi e vedersi ancora vivi. Il tutto li aveva portatati entrambi ma separatamente – singolare coincidenza - alla consapevolezza che non poteva funzionare se non guardando meglio dentro sé e, soprattutto, all’altro da sé. “Cosa desidero?” ovvero “cosa desidera da me?”. Ormai sanno tutti che l’amore è il piacere di dare piacere! Solo gli stolti sono sì masochisti da pensare solo a sé stessi e negarsi il piacere dell’altro! Ma non solo a letto!, avevano capito, e si erano giurati che la prossima storia sarebbe stata diversa, una storia matura. Un incontro tra un uomo e una donna non tra due eterni, canuti, adolescenti.
  E’ veramente ingiusto che ci si arrivi così tardi perdendosi il meglio. Ma prima di aver fallito, anche se te lo spiegano, difficilmente lo capisci. E averlo capito è solo il primo passo. Bisognava trovare l’altro e, altro paradosso, non si trova né se lo si cerca né se si smette di cercarlo. La condizione ideale è la vigile attesa: continuare la propria vita come se nulla fosse, il lavoro, gli amici, le vacanze e guardarsi intorno. Cercare nello sguardo dell’altro se qualcosa è passato, se da diverse esperienze si sia giunti a simili conclusioni.
  Tra loro era stato per caso, ma erano entrambi lungamente pronti; uno scompartimento ferroviario e un libro distrattamente lasciato sul sedile che lui ritrova tra le mani di lei, che si scusa imbarazzata - non voleva, non sa cosa le sia preso, è stata proprio impulsiva e maleducata -  no, ma che male c’è, lo tenga pure; anzi lo accetti come regalo. Non potrebbe mai, le sembrerebbe di tradire l’educazione ricevuta (per un attimo rivede la madre), un regalo da uno sconosciuto non potrebbe mai accettarlo. E allora accetti per lo meno di conoscerlo almeno un po’ questo sconosciuto. “Dove va?” Da sua sorella al centro città. “Mi permetta di accompagnarla, ho la macchina qua fuori ed è di strada.” “Posso rivederla, c’è una mostra a dieci chilometri. Passo domattina alle dieci? Il libro lo tenga, ormai ci conosciamo”. L’aveva aspettato l’indomani con un altro libro, debitamente impacchettato, tra le mani. Reciprocità, era quello che aveva imparato dal femminismo. E poi dare piacere se si aveva ricevuto piacere, come aveva capito da sé.
  Si era lasciata corteggiare ma aveva già deciso da subito. Era quello giusto, valeva la pena di provare. Senza farsi illusioni, lo sapeva, prendendo quello che veniva. Non sapeva niente di lui - era sposato? – e non le importava di saperlo. Cosa sarebbe cambiato? Lei era libera, e pronta. Lui se era libero tanto meglio, se no … si sarebbe liberato, almeno quando stava con lei! Presunzione femminile! Per fortuna era libero e non aveva dovuto metterlo, e mettersi, alla prova.
  Era andata bene. Una fortuna quell’incontro. Solo fortuna? Sicuramente no! Ma anche, perchè negarlo. Gli esseri viventi, tutti, anche quelli più semplici, sfuggono al determinismo, e fanno i conti con il caso. Fato per gli antichi, destino per i moderni, sono modelli deterministici del caso, nomi inventati per non volerci fare i conti: si inventa un deus ex machina che sovrintende ai destini del mondo. 
  Si potevano non incontrare e tutto sarebbe stato diverso, ma se fossero stati diversi, non fossero stati loro, si potevano incontrare e non deviare minimamente dalla strada intrapresa.

presenza

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Re:Il convegno
« Risposta #1 il: Maggio 30, 2012, 23:20:37 »
... potevano o non potevano, supposizioni inutili: si sono incontrati, è l'alchimia!

ciro

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Re:Il convegno
« Risposta #2 il: Maggio 31, 2012, 07:38:57 »
Accade se deve accadere. Se non accade non lo sapremo mai. L'importante è che ci accorgiamo che accade, quando accade . E che lo si viva naturalmente !

ziaci

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Re:Il convegno
« Risposta #3 il: Maggio 31, 2012, 12:20:54 »
E' l'incredulitá dell'incontro che ti fa aprire una finestra su tutto quello che avrebbe potuto essere,
e grande é lo stupore che si ha difronte ad un bel regalo che la vita ti fa.
L'incredulitá e lo stupore sono due facce della stessa medaglia.

 
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

piccolofi

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Re:Il convegno
« Risposta #4 il: Maggio 31, 2012, 17:26:15 »

  Ah, Rubio, e' proprio vero che chi scrive, oltreche' vivere ( nel tuo caso una storia ), si guarda
  anche dall'esterno, e nel narrare si analizza e analizza : specie se per deformazione professio-
  nale e' abituato ad analizzare, a interrogarsi, a tirare le somme.
  Dunque, se quelle due persone non si fossero mai incontrate... tutta l'esperienza che li ha por-
  tati su posizioni simili e tutte le conseguenti affinita' sarebbero rimaste chiuse in loro e inutili.
  La compatibilita' non basta, ci vuole anche la complicita' del caso.
  Quante cose concorrono alla possibilita' della gioia! 

Rubio

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Re:Il convegno
« Risposta #5 il: Maggio 31, 2012, 20:08:29 »
  Grazie, nell'ordine, a Presenza, Ciro, ZiaCi e PiccoloFi. A Presenza dico, certo hai ragione, sembrerebbe inutile ragionare sulle possibilità, meglio limitarsi alla realtà. Ma qui siamo già nell'ipotetico, quei due non sono mai esistti, sono verosimili e non veri. Allora un senso ce l'ha: servono due fattori la duplice predisposizione e il favore del caso: non basta incontrarsi ma ... nel momento giusto. Quindi mi ritrovo con le, quasi identiche, parole di PiccoloFi. Che significato ha questa riflessione? che chi cerca deve prima lavorare su di sè e, su questo, credo, siamo d'accordo.
   Ciro parla della capacità di cogliere l'attimo: l'incapacità può avere mille motivi, molti legati alla fiducia in se stessi; se non ci si è risolti non si può cogliere l'occasione. Specularmente, ZiaCi pone l'accento sulle coincidenze positive viste dopo il lieto evento, ex post.
   Anche io, come PiccoloFi, credo che scrivendo si ha la libertà di interrogarsi e di cogliere l'alchimia della felicità.

p.s. non so se vi farà piacere sapere che, quello che avete appena letto, è il mio primo esercizio letterario, il mio primo racconto e non l'ho cambiato, a distanza di sei anni, di una virgola (ne sono seguiti altri centotrenta). R.

nihil

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Re:Il convegno
« Risposta #6 il: Giugno 01, 2012, 08:00:25 »
mi sembra di capire che si può partire da due binari paralleli, che poi in modo razionale o irrazionale alla fine convergono. L'importante è che accada, il momento arrivi, si riconosca, si accetti. Dopo tanto ondivagare della vita,  alla fine  i suoi disegni si compiono.

marcus

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Re:Il convegno
« Risposta #7 il: Giugno 05, 2012, 10:24:54 »
Una buona scrittura per un agomento che conferma il detto. "Ah, se i giovani sapessero e i vecchi potessero!"