Caro Giovanni, ho letto con attenzione il tuo testo e, indubbiameonte è ben scritto, ciononostante mi sento di intervenire con qualche consiglio. Forse non dovrei, quando mi è capitato qui le reazioni sono state piccate (a me piace così, e simili). Se lo faccio, invece è perchè, come ti ho scritto senza risposta, a me piacerebbe scrivere per il teatro ma lo reputo piuttosto difficile. Il mio intervento, quindi, tocca l'aspetto drammaturgico.
La mia critica, in sintesi, si basa su due aspetti: (a) il personaggio di Sara è sovraccarico; (b) la dottoressa, di converso, sembra un'inetta. Mi spiego. A Sara succede di tutto e di più, non perchè se lo va a cercare (quello va bene), ma nell'infanzia. Gli muoiono entrambi i genitori, e ci può stare, ma non in due eventi rari, in rapida successione! (ricordati la legge che la probabilità di due eventi indipendenti è il prodotto delle probabilità), meglio farli morire insieme. Poi le nuove madri/padri e già potrebbe bastare. Il transfert col Dott. Leoni è un classico (forse un po' scontato) e ci può stare. La parte più geniale è la storia del registratore (è, per me, la parte migliore del pezzo). Gli incidenti vari ad ogni momento topico della sua vita mi sembrano un tantino eccessivi, anche perchè il tema della morte è sempre ad un passo. Bella questa sua aria trasognata, incapace di un qualche concreto passo nella vita, questo suo attaccarsi a figure di riferimento, adulte, e disdegnare i coetanei. L'inciso sulla identità sessuale, poi decaduto, è inutile e sembra spingere verso il confronto con l'amore tra le madri (l'omosessualità si acquisisce). Se vuoi mettere in evidenza i suoi dubbi fai benissimo a farlo, ma come dubbi e devi lasciargli il giusto spazio.
Ancora qualcosa sui due psicoanalisti. I pazienti come Sara sono dei manipolatori, tendono a mettere in difficoltà il terapeuta e ad instillare in lui/lei i sensi di colpa. Questi due sembrano incapaci di contrastare il suo gioco e lei se li rigira come vuole. Ricordati che i suicidi (o aspiranti tali) sono dei violenti verso gli altri (qui il sommo Dante sbagliava, non conosceva Freud) prima che verso se stessi. La reazione finale di Sara, succo di tutto il brano, è infantile, un capriccio: tu non mi dai l'appuntamento domani e io scompaio, mi uccido, ti faccio credere che mi uccido, ...
Credo ci si possa lavorare bene.
Son sicuro che ti arrabbierai, lo so, anch'io sono molto permaloso; e, forse, anche questa volta mi potevo risparmiare questo commento. Il fato aveva già detto la sua: ieri l'avevo scritto e poi, non so perchè, l'ho perduto prima di postarlo. Io ci ho riprovato, vuol dire che mi meriterò il tuo disappunto. Daltronde o dicevo quello che pensavo o non dicevo niente, come spesso si fa. Non so cosa sia meglio. Un saluto. Rubio