Un leggero nevischio tamburellava sui tetti delle auto in sosta, Marta guardava le gocce allargarsi sulla punta dei suoi stivali, piccole figure geometriche sembravano prendere forma. Cercò il pacchetto di sigarette nella grossa borsa di pelle, ci riuscì dopo diversi tentativi e si portò alla bocca una merit terribilmente maltrattata. Fece un ampia boccata, ed una leggera sensazione di benessere l'invase. Diede un'occhiata all'orologio, le lancette segnavano le ore 16, si guardò in giro nella speranza di riconoscere tra i passanti la sua piccola paziente, per un attimo pensò di averle dato delle informazioni sbagliate riguardo al posto in cui si sarebbero dovute incontrare. Non era nelle sue abitudini dialogare con i pazienti al di fuori del suo studio, ma quella di Giulia era una situazione molto delicata, e lo strappo alla regola era frutto di buoni propositi. Giulia De santis era una bellissima ragazza di quindici anni, vittima di uno stupro da parte di due suoi coetanei, l'accaduto aveva provocato gravi ripercussioni sul suo ego. Il rinserimento nel sociale, era il primo obbiettivo da raggiungere, i frequenti attacchi di panico non le permettevano di svolgere una vita normale, il rinchiudersi all'interno del proprio guscio familiare preoccupava e non poco i genitori della giovane. Marta sorrise, in lontananza riconobbe Giulia, indossava un grosso cappotto color panna, ed un enorme sciarpa le ricopriva metà del viso. La pioggia si era fermata, intenta a regalare alla città un pò di tregua, i negozietti del centro stavano riaprendo, ed uno sparuto gruppetto di bambini inseguiva un pallone nell'interno della villetta. <<Eccoti, che bella che sei! , oggi >>, disse la dottoressa perdendosi nel tedio degli occhi della ragazza, <<immagino che non sia stato facile per te rimescolarti tra le persone, ma è un percorso che ti porterà , spero, a liberarti dei fantasmi che ti porti dentro >>. Le due s'incamminarono verso il lungomare, la zona era molto ventilata ma adatta per una benevola chiacchierata. << Capisco quanto sia difficile per te rivivere quegli istanti, riportare alla luce tutte quelle sensazioni sgradevoli, ma è l'unico modo per liberartene >>, guardò la sua reazione poi continuò, << immagina che tutte le sensazioni spiacevoli che impregnano il tuo io più intimo, possano semplicemente parlandone, disperdersi nel vento e fuggire con esso >>. Si sedettero su di una panchina di legno, la ragazza si accartocciò su se stessa, Marta capii che una serie di flashback la stavano tormentando, e le poggiò una mano sulla spalla. Un viavai d'immagini e suoni, s'impossessarono di lei, strinse forte i pugni, una lacrima le rigò la guancia, l'odore di sputo e terra bagnata le s'incollarono al palato, poi le parole, parole, parole, insulti, gemiti, bestemmie. Poi, il respiro, lo sentì nelle narici, quel respiro dannatamente malato di alcool e fumo, quel respiro che diventava affannoso e si confondeva con i suoi battiti. Poi, il dolore, il dolore che le squarciava il ventre, il dolore che non aveva pietà , ne per lei ne per il suo corpo, il dolore che non tutti conoscono. Poi li rivide andare via, alzarsi ed andare via, ridere ed andare via, svanire nel nulla, così com'erano arrivati. Ora era sola, con la testa tra le ginocchia, come quando era una bambina, contava ed aspettava, dodici, tredici, quattordici, aspettava, che la paura andasse via nel silenzio che l'avvolgeva. Poi, rivide le sue lacrime scivolare tra le gambe nude e perdersi nella terra, quella terra dall'odore disgustoso, e sentì ancora quel freddo che le dilaniava l'anima come un coltello dalla lama di ghiaccio. Ora tremava, come una foglia di pioppo tremolo, e Marta la strinse forte a se, più forte che poteva, ma non fermò il suo tremore ne le sue lacrime. Giulia si alzò, raggiunse la ringhiera che affacciava sul mare, vide le onde infrangersi contro gli scogli, come i battiti contro il suo petto, e gridò, gridò al vento tutte le parole che le si erano ristagnate nei meandri del suo ego, gridò ad un Dio che quel giorno non c'era, e se c'era non l'aiutava. Le sue grida divennero un tutt'uno con lo stridio dei gabbiani, un suono lugubre che il vento portò via, via dai ricordi, via dai dolori, via dalla sua vita. Poi, Giulia si voltò, Marta era ferma sulla panchina, soffiava nelle mani per riscaldarle, aveva la borsa sulle ginocchia che danzava al ritmo delle sue gambe. Il cielo si era scurito, s'incamminarono verso il centro, dove non c'erano più bambini a tirare calci ad un pallone, ne vetrine accese, dove i loro passi si perdevano tra quelli della gente. Giulia si sentiva leggera, leggiadra come il vento che le aveva rubato i ricordi, leggera come l'amore che l'avvolgeva.