Autore Topic: Play dirty  (Letto 1150 volte)

ninag

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Play dirty
« il: Aprile 24, 2012, 20:37:54 »


L'erba nella radura è appiattita dai giochi dei bambini, quel piccolo spazio dietro le case di solito è molto frequentato perché è considerato un luogo sicuro.
La collina antistante finisce proprio di fronte a quello spiazzo in modo piuttosto rapido, da una specie di muro di roccia che racchiude tutta la zona.
Quel muro non rappresenta  un pericolo per i più piccoli. A poche centinaia di metri dietro la collina c'è una base militare ma, a detta di tutti non vengono svolte attività che possono disturbare gli abitanti, anzi si dice che sia quasi in disuso. Solitamente non si percepiscono rumori di sorta anche perché il complesso è composto da pochi edifici. In realtà si vede solo il costone della collina e in lontananza s’intravede un grande prato.
È pomeriggio inoltrato quando giungiamo nello spiazzo, c'è poca gente nonostante il clima si mite.
Giulia e suo marito sono diventati nostri amici da alcuni mesi, ogni tanto facciamo qualche passeggiata tutti insieme, le loro bambine Sara e Roberta hanno portato le bici, giocano tranquille, la giornata è serena e non fa freddo. Sara sembra una macchia di primavera con la sua tuta rosa e la bici della stessa tinta, mentre Roberta ha lasciato la bici per andare a giocare con un mucchio di sassolini. Piccola con grandi occhi color miele assomiglia a sua madre, che però ha i capelli neri. Invece Sara ha i capelli più neri che io abbia mai visto e le gote rosse come quelle di un personaggio dei cartoni animati.
Camminiamo tranquilli, per Julie e suo marito è una bella serata, parlano tra loro e guardano le bambine poi Stefano si allontana e si avvicina ad Alberto.
Giulia si china verso Roberta, mentre Alberto e Stefano si sono accostati a un grosso faggio, li guardo, sembrano assorti nella loro conversazione. La serata è così piacevole che anche l'aria ha qualcosa di lieve, il mio sguardo è attirato da un gruppo di tulipani sopra quel muro di roccia, mi chiedo come abbiano fatto a fiorire lassù.
Mentre osservo, sento il rumore di un'auto, mi stupisco perché solitamente quella zona vietata alle automobili.
Sulla destra in fondo alla piazza c'è una piccola stradina, da quel punto appare una vecchia cinquecento rossa, anzi aragosta, ma sembra nuova è lucida e cromata.
Mi pare ci sia un uomo alla guida e sembra che abbia parecchia fretta, ma non faccio in tempo neppure a formulare questo pensiero quando vedo la macchina arrampicarsi sul dirupo. L'auto sale in verticale usando delle aste che sono spuntate dal parafango, anch’esse sono lucide e cromate, sono simili a dei ramponi, si muovono in sequenza prima una poi l'altra, fino ad arrivare in cima.
L'auto è sparita, sono talmente meravigliata che non riesco neppure muovermi.
Intorno a me nessuno si è accorto di nulla, tutti continuano a fare quello che facevano prima, ho paura di aver avuto un'allucinazione.
Non so se raccontare qualcuno quello che ho visto, mi guardo intorno, quando da sopra il muro vedo spuntare un elmetto verde, l'uomo che lo indossa sembra un militare, ha una mimetica e imbraccia un mitra, scende rapidamente dal muro come se fosse un atleta, in pochi attimi mi è dinanzi. Mi guarda e senza parlare mi fa cenno di seguirlo, non mi muovo, lui mi fissa forse spera che io abbia paura.
Lo guardo e mi chiedo perché mani dovrei seguirlo.
Lui è stupito del fatto che non mi muova, inizia urlare, a quel punto tutti si voltano, le bambine hanno smesso di giocare e non capiscono cosa stia accadendo.
L'uomo mi guarda minaccioso e mi chiede:
” Che cosa hai visto?”
“ Non capisco cosa vuoi?” Rispondo,  lui si fa ancora più insistente, io resto calma e dico-
“  Non ho visto nulla e non ho nulla da dire!”.
Il militare si calma, non so per quale motivo, ma sembra che mi creda, lo vedo tornare indietro e  risalire sul muro, forse l’ho convinto.
Mi avvicino a Stefano e Alberto, ma percepisco che c'è qualcuno dietro di me, mi volto, l'uomo col mitra e ancora là, ma non sembra minaccioso, anzi.
Si avvicina, dovrei avere paura, invece non è così. Lui ricomincia  a parlare, ma molto lentamente come se faticasse a trovare le parole,
“ Quattro ore. Dice, e poi ripete.
“ Quattro ore.” Lo guardo, non capisco.
Il mio viso deve essere molto eloquente,  lui continua, un gesto con la mano e ripete ancora.
“ Tra quattro ore tutto sparirà!”.
“ Cosa deve sparire?” gli chiedo.
“ Tutto!” Continua lui.
Un tremito mi coglie all’improvviso
Non so come, ma leggo la risposta nei suoi occhi, siamo noi che dobbiamo sparire, noi umani.
L'uomo si allontana di corsa e mi fa un ultimo cenno con la mano, mostrandomi  quattro dita.
Non sono agitata, ma so che devo fare in fretta, molto in fretta, mi avvicino a Giulia e  inizio a parlarle,  provo a spiegare  non sono sicura che capisca. Lei ha sentito tutto, anche Alberto e Stefano sono vicini , hanno udito, credo abbiano capito.
Non riusciamo a parlare,  solo i nostri sguardi comunicano
Alberto dice che dobbiamo andare via subito.
Inizio a mandare alcuni messaggi attraverso il cellulare e che da tutti quelli che conosco e chiedo loro di tornare nelle proprie case.
Tornare a casa mi sembra la cosa più sensata, già, ma la mia casa è troppo lontana per raggiungerla.  Io Alberto decidiamo di andare a casa di Giulia, lei e Stefano sono d’accordo, camminiamo rapidi, ci guardiamo, le bambine sono diventate silenziose, trasciniamo le bici di peso
Siamo frastornati non sappiamo neppure che cosa fare, l'istinto mi dice che dobbiamo fare in fretta, la casa di Giulia non è lontana e ci arriviamo in poco tempo. L'abitazione non è particolarmente grande ha quattro o cinque camere piuttosto piccole, ma ha un  seminterrato e quindi sono convinta che sia un bene.
Decidiamo di sigillare tutte le finestre senza però sapere se sia utile, oppure no, le chiudiamo con pezzi di stoffa, lavoriamo ininterrottamente per quasi due ore, il tempo scorre in fretta, ormai manca poco sono passate quasi tre ore. Siamo molto stanchi e tutto continua ad apparire poco chiaro, le bambine hanno fame e  decidiamo di mangiare, cerchiamo fingere  che quello sia un giorno normale.
 All'esterno della casa c'è un locale piuttosto grande, sembra una specie di androne, quell’ambiente comunica con le  case vicine ed è usato anche dagli abitanti delle altre abitazioni. È racchiuso da grandi vetrate che non si possono aprire, non so se il luogo è sicuro, ma decidiamo comunque di fermarci un attimo per mangiare. Apparecchiamo alcuni tavolini piccoli, mangiamo così, senza sederci, un po' di pane e un po' di frutta, ma nessuno di noi ha veramente voglia di mangiare, solo le bambine bevono un po' di latte. All’improvviso mi sembrano grandi, come se fossero cresciute di botto, tutti sappiamo che sta per accadere qualcosa di orribile eppure siamo calmi. Probabilmente l'essere umano ha delle risorse inesauribili altrimenti saremmo dovuti cadere nel panico.
Torniamo nelle camere sottostanti, ci sediamo in attesa dell’evento, evento di cui non sappiamo nulla, che non riusciamo neppure ad  immaginare, mille domande passano veloci, ma nessuna si ferma abbastanza per avere il tempo di rispondere. Torniamo  nel salotto di Giulia, lei sta parlando con le bambine quando  ci accorgiamo che dalle fessure delle finestre esce un fumo sottile, un fumo strano, fatto come piccole nuvole grigie di un fumo piuttosto denso. Il fumo si spande nella camera come la tela di un ragno.
Tratteniamo il fiato, non parliamo ci guardiamo, possiamo solo sperare che non sia la fine.
Il fumo sparisce in pochi attimi e tutto sembra tornare normale, dall'esterno non arrivano rumori non c'è traffico, non c'è vento e sole sembra sparito completamente. Alberto si alza e dice che vuole uscire. Mentre parliamo udiamo il rumore di alcuni camion, non so perché, ma credo che non sia una cosa positiva.
Nascosti dietro  le tende, guardiamo in strada, vediamo una decina di camion  pieni di soldati, Giulia è spaventata, sa cosa può accadere in certe situazioni ha già vissuto delle brutte esperienze in passato, lei e suo marito sono nati in un Paese,  in cui  c’è stata la guerra e sebbene fossero solo bambini, non hanno mai scordato il dolore di quei giorni. Lei inizia piangere, Stefano le parla con una lingua diversa da quella che usa solitamente, credo sia un dialetto del loro paese d’origine, ma il suo tono fa intuire che sta cercando di consolarla. Decido di prendere le bambine  per cercare un nascondiglio, mentre Alberto dice che non starà ad aspettare, lo imploro di non uscire, ma so bene che non mi ascolterà. Con le bambine ci rechiamo in cantina,  poche ore prima avevamo visto che in una stanza c’erano mucchi vecchi abiti, non so perché  Giulia li tenesse in quel luogo, magari non erano neppure suoi, ma mi sembra una buona idea andare a nasconderci in mezzo a quei mucchi. Mi guardo intorno, Alberto non c'è, non  so dov’è andato e non so cosa pensare, nella  mia mente c’è  soltanto un pensiero, voglio nascondermi e  non voglio aspettare di trovarmi faccia a faccia con i soldati. Siamo appena giunti in cantina quando  sento delle urla provenire dall’esterno, mi nascondo insieme le bambine sotto quel mucchio di stracci, dai rumori  capisco che gli abitanti  delle case di fronte  vengono fatti salire sui camion, alcune raffiche di  mitra sferzano l’aria, urla e pianti riempiono il silenzio. Mi copro le orecchie, non voglio sentire, vorrei solo che tutto finisse, non riesco a piangere a pensare, sono come impietrita, non so dove sia Alberto o dove siano andati Giulia e Stefano. Io e le bambine tratteniamo il respiro non ci muoviamo, il tempo sembra stringersi intorno a noi, perdo la cognizione del tempo. Devo essere caduta nel sonno, non so come sia potuto accadere, eppure ho dormito, anche le bambine si devono essere addormentate. Mi muovo lentamente provo ad ascoltare per capire se c'è ancora qualcuno, non si sente più nulla, il silenzio sembra essere diventato il padrone di ogni cosa, mi muovo piano come per non rompere quella specie di ovatta. Sveglio le bambine, leggo la paura nei loro occhi e loro probabilmente la leggono nei miei. Dobbiamo muoverci e capire che cosa è accaduto, usciamo dal nostro nascondiglio e ci rechiamo direttamente in cucina, ci sono oggetti sparsi ovunque, sembra che qualcuno abbia lottato, piango, lacrime silenziose mi solcano le guance, Sara e Roberta non sanno cosa devono fare e si muovono avanti indietro come se avessero perso la capacità di decidere che cosa fare. Neppure io so che cosa devo fare, ma una cosa è certa, siamo rimaste sole, non c'è più nessuno.

Rubio

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Re:Play dirty
« Risposta #1 il: Aprile 24, 2012, 23:47:49 »
Perfetto. Molto ben scritto. La tensione sale fino al culmine dell'incertezza. R.

Brunello

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Re:Play dirty
« Risposta #2 il: Aprile 25, 2012, 12:35:11 »
Bello ed avvincente :rose: brava

ziaci

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Re:Play dirty
« Risposta #3 il: Aprile 25, 2012, 12:38:56 »
Bel ritmo, e la tensione del pezzo ti rimane addosso,
la consapevolezza della solitudine lascia annichiliti, ma comunque un dopo c'è sempre.
L'ho letto con piacere, grazie :rose:
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

ninag

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Re:Play dirty
« Risposta #4 il: Aprile 27, 2012, 20:07:54 »
Grazie Rubio, spero di essere riuscita a raccontare tutto ;D

ninag

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Re:Play dirty
« Risposta #5 il: Aprile 27, 2012, 20:08:59 »
Grazie Brunello, grande lettore. :)

ninag

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Re:Play dirty
« Risposta #6 il: Aprile 27, 2012, 20:11:41 »
Fa piacere scrivere, ogni tanto abow, grazie a te, Ziaci!
« Ultima modifica: Agosto 02, 2012, 10:56:48 da ninag »

Fumerista Maschettato

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Re:Play dirty
« Risposta #7 il: Aprile 28, 2012, 12:38:24 »
ciao.
...nel senso che non scrivi quanto leggi?

ninag

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Re:Play dirty
« Risposta #8 il: Aprile 28, 2012, 20:39:25 »
Nel senso che in questo periodo scrivo poco ;D però leggo!|

nihil

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Re:Play dirty
« Risposta #9 il: Maggio 04, 2012, 15:18:37 »
Angosciante al punto giusto, il destino improvvisamente può cambiare tutto, non dà spiegazioni e in un certo senso non fà prigionieri.  ahuh

ninag

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Re:Play dirty
« Risposta #10 il: Maggio 07, 2012, 19:24:49 »
Grazie, sai che quello che ho raccontato è stato un sogno!