Foglie d’autunno
Cammino per le strade di Milano con un certo dolore. Sto aspettando l’ora per andare dal notaio, dove venderò la mia casa di famiglia. Ormai non posso fare diversamente e dopo non mi rimarrà più nulla della mia vita
passata. Sarà come tagliare definitivamente le radici di un albero. Quando taglierò le mie, morirò?.
Passeggio per il corso avanti e indietro, guardando le vetrine e non vedendole . Mi concentro sul profumo dell’aria, anch’essa sa di cose a termine. Il sole riscalda quel poco di sentore estivo che ancora rimane creando l’illusione che ci sia ancora tempo prima della fine della bella stagione.
Bugia, siamo a metà settembre e inevitabilmente le giornate si accorciano e a me sembra che mi si accorci la voglia di vita. Forse ho origini vegetali, mi manca lo clorofilla.
Io andavo a scuola due isolati più in là, ricordo i platani che perdevano le foglie quasi tutti insieme e a volte si aveva l’impressione di camminare in una alta marea di foglie struscianti, ultimo sussurro prima di sbriciolarsi in coriandoli rossastri.
Ho circa un’ora da perdere, voglio andare a vedere se i platani ci sono ancora, così, tanto per far passare il tempo, prima di potare definitivamente le mia vita da ragazza e lasciare al notaio tutti i miei ricordi .
In quella casa ci ho vissuto 30 anni, ho passato i ciechi anni dell’adolescenza, i primi sogni d’amore, la prima bocciatura a scuola e tante altre prime volte. Questa sarà l’ultima.
Ecco, i platani ci sono sempre, hanno quella bella chioma enorme, che tanto mi distraevo a guardare quando ero in classe. Tuttora hanno molte foglie, ma la maggior parte sono già cadute. Provo a camminare come allora strusciando i piedi per farle cantare e scrocchiare, ci saltello sopra guardandomi le scarpe come se fossero quelle di tanti anni fa : come se io fossi la Maria del passato.
Poi mi sento ridicola, chi mi vedesse fare così , penserebbe che mi manca un camion di rotelle. A 50 anni non ci si può sentire adolescenti, non è permesso!
Alzo gli occhi e arrossisco. Sì, una persona mi sta guardando.
Non è sorpresa. Mi si avvicina e credo che stia per chiedermi soldi.
E’ una barbona, coperta con due o tre cappotti, nonostante sia ancora abbastanza caldo, ma si sa, lei non può avere a disposizione armadi per il cambio stagioni.
I capelli sono grigiastri- giallognoli e tenuti fermi ai lati con due graziose mollette.
In una mano ha due borse dei grandi magazzini piene zeppe di tutto il suo avere. Il mondo in due sacchetti. I gusci della chiocciola umana.
Mi guarda e sorride con quel suo unico dente, che proprio perché è solo è più evidente.
Mi biascica qualcosa che non capisco.
“Cosa?” rispondo.
“Ho detto se posso fare qualcosa per te.”
Perché mi dice così? Come si è accorta del mio smarrimento?
“ Si, ho bisogno di un’amica.”
Non so perché l’ho detto.
“E’ l’autunno che ti fa triste, eh? Ho visto come trattavi le foglie.
Anch’io quando arriva questa stagione, divento melanconica, l’ultimo sole è ancora bello e caldo, ma si sa che sta per morire. E’ come assistere all’agonia di un amico.”
Le sue parole escono, anzi scivolano tra schizzetti di saliva.
Io dirigente di una multinazionale, taglia 48, tailleur Versace, ho un’amica. Una barbona.
Poi la vedo tirare fuori da una delle borse un quaderno, un poco rigonfio, un poco sgualcito. Penso che dentro ci siano sue vecchie cose, magari lettere, magari foto: avrà pur avuto un passato questa donna…
Apre il quaderno, raccatta due foglie di platano scelte con cura tra mille, cerca una pagina , ce le infila e ci scrive qualcosa con un mozzicone di matita.
“Cosa stai facendo?” le chiedo.
“Sai, io non ho una macchina fotografica, così le foglie più belle le conservo qui dentro, mi fanno compagnia durante l’inverno. Hanno colori stupendi, non credi? Guarda…”
Mi porge il quaderno, io lo apro e vedo che le prime foglie risalgono a venti anni prima e ogni pagina ha la data.
Perfettamente conservate. Un diario di foglie!
Incredibile! Questa è vera poesia e la barbona non sa di essere una poetessa.
“Ogni anno è una foglia caduta- mi dice- ma vedi quante pagine ha questo quaderno? Ho ancora tanto tempo per finirlo!”
Sì. Lo sa.
Mi chino e cerco una foglia di mio gusto e porgendogliela le dico: ”Per favore, vuoi serbare questa per me?”
Lei la mette in quella specie di diario, ne raccatta un’altra e me la porge.
Io, con un groppo di commozione in gola l’accetto e la metto con delicatezza nella mia agenda di donna in carriera e sono consapevole che questa barbona ha volutamente condiviso con me i suoi ultimi venti anni.
Mi ha fatto l’unico regalo che aveva a disposizione.
Ci lasciamo senza aggiungere nulla, ognuna per la sua strada, ognuna con una foglia in più, ma unite dall’arcobaleno dipinto dai platani.