Pesante il tappeto su cui Alain Dahr sta ritto sui propri piedi. Alain guarda questi ultimi. Solo perché esita.
Roman scocciato si irrigidisce: <<Entra, dai!>>.
Alain: <<Non ancora.>>
Elba assume un tono carezzevole: <<Se non te la senti più non ritenerti obbligato. Non avrebbe senso fatto per forza.>>
Alain: <<Lo so, per questo aspetto.>> Avvicina la fronte alla porta e con la mano accarezza quest'ultima. Straziato prende coraggio. Muove la mano alla maniglia d'ottone intarziato. La gira.
Roman, assume un'espressione infastidita: <<...Bhe? E che aspetti ora?>>
Alain, immobile sgrana gli occhi: <<Non posso più entrare!>>
Elba: <<Caro, guarda che i nomi degli ospiti te li suggerisco io di volta in volta.>>
Alain: <<Non i nomi degli ospiti! Il mio!>>
Roman: <<"Il mio" cosa? Cosa "il mio", cosa? ... Stai a vedere che quest'idiota s'è scordato il proprio nome!!!>>
Elba: <<Ma che cacchio dici Roman! Alain caro, dillo a me, cosa intendevi?>>
Alain: <<Il mio nome, suggeriscimi il mio nome, per Dio!>>
Elba: <<Alain... Alain è il tuo nome...>>
Alain: <<Non adesso, di volta in volta, suggeriscimi il mio nome!>>
Roman: <<Ci siamo: è sbroccato del tutto! Te lo avevo detto che sarebbe successo! Che tutte quelle droghe non gli facevano bene!>>
Elba: <<E smettila, non è il momento!>>
Roman: <<Eggià perché al momento giusto mica mi hai dato retta!>>
Alain: <<Facciamola finita: io adesso entro e tu mi suggerisci il mio nome, ad ogni fottuta occasione, per ogni parola che quei lordi faranno schioccare nell'aria tu pronuncia il mio nome. Non m'importa cosa sembrerò, che vadano tutti al diavolo. Anzi se subdorano qualcosa meglio!>>
Elba: <<Povero, povero caro!>>
Roman: <<...Soprattutto lo Stramonio non doveva prendere, quello ti manda ai pazzi definitivamente!>>
Alain:<<Ora entro!...>>
A due braccia Alain apre la porta a pannelli bianchi, precede Roman ed Elba, camminando diritto avanti a sé e impettito, nelle proprie intenzioni. Gli astanti si accorgono subito dell’andamento barcollante del nuovo arrivato, alcuni lo evitano, i più vicini gli porgono la mano aspettandosi di essere risconosciuti. Alain, pur guardano fisso avanti a sé, non guarda nessuno negli occhi, ma solo in fondo alla sala, ansioso di arrivarci. A tratti temendo di non arrivarci. Alain camminando imbriglia tutte le forze per non crollare in terra ma spera fiducioso in un’impressione di dignità. Infatti alcuni commentano: <<E costui?... Avrà sbagliato porta!>>
Lungo gli ultimi metri della stanza, ormai quasi tra le fronde delle piante d’arredo, è costretto ad aiutarsi con la mano sulla spalla di chi capita, di un uomo col monocolo, di una signora non aggiornata sull’ultima moda, di Roman che lo ha superato. Mentre si aggrappa al malcapitazto lancia strizzatine d’occhio e simulati spari con l’indice e smozzicando frasi come: <<Come la va’?... Ehi! Tutto a posto?... Ola bello, Come ti butta!>>
Elba è pallida mentre Roman lo squadra severamente preoccupato: <<Sei sicuro di voler andare avanti?>>
Sì, mano alla fiaschetta nella tasca interna della giacca e un sorso a tutto gargarozzo, per reggere il momento. Elba è ancora più pallida.
Un cameriere gli si fa educatamente sotto e gli domanda qualcosa.
<<Non deve preoccuparsi, buon uomo, sono a posto così con gli alcolici.>>
Il cameriere allora lo esorta con una frase differente, toccandogli un gomito con le dita.
<<Non c’è bisogno che mi prendi sotto braccio, amico! So camminare io.. Va bene! Va bene! Non voglio mica dar fastidio a voi mummie!>>
Elba questa volta sviene. Roman si china su di lei.
Alain si altera in una smorfia: <<Ecco damerino! Hai visto che mi hai combinato? Un coccolone alla signora! Ecco cosa!>>
E qui fa per dare un pugno al cameriere che evidentemente é più lontano di quanto non sembri. Alain piroetta sul tappeto.
Da disteso le teste dei conviviali sembrano troppo piccole in cima a corpi così alti.
Roman chiosa: <<No l’alcol con la mescalina!>>
E poi buio.
Fuochi fatui su un fondo color della notte. Tavolozze che si mischiano continuamente. Alain cerca di fermare le idee. Neanche quando gli pare di focalizzare un pensiero smette questo ciclare di forme e consistenze. Suda freddo, si rilassa, si drizzano i peli, si abbandona, divampa calore, rabbrividisce dal freddo.
<<Povero giovanotto, che gli è successo...>>
<<Niente signora: è che oggi nemmeno gli spacciatori sono più quelli di una volta!>>
<<Ohh!>>
<<Fategli spazio. Aria, aria per favore!>>
Alain si riprende: <<Adesso... adesso mi devi ricordare quella cosa...>>
Si rivolge ad Elba ma Roman gli spiega:<<Lei è in un’altra stanza perché sta più male di te!>>
<<Mapporcaputt...>>
<<Ehi, ragazzo! Un minimo di eduazione! Qui siamo tra gentiluomini!>>
Alain si passa la mano istintivamente dalla fronte alla bocca, come a zittirsi. Fa per alzarsi, molte mani lo sostengono, che strana gente quella! Non c’avrebbe scommesso un centesimo. Giudicando dalle recensioni dei giornali, dai salamelecchi dei critici, Alain aveva iniziato ad odiare ciascuno di quegli scrittori riuniti la dentro per il premio. In fondo cosa conta nella scrittura?
Qui si blocca nuovamente Alain seduto sul divanetto su cui qualcuno lo aveva sdraiato.
Roman sventola la propria mano davanti agli occhi del ragazzo, ma gli tocca concludere: <<Catatonico, mi è tornato catatonico!>>
Lo sollevano in due, Roman dirige verso la porta i due affermati scrittori prestantisi al soccorso. I passi sono brevi e svariati prima di giungere all'uscio. Alian non è privo di sensi ma certo ne ha non molti. Alla vista dell'uscio si rià. Si agita e balbetta: <<Ancora no... non devo uscire... devo... cantargliene quattro ai quei tromboni pomposi!>>
Roman lo difende: <<Scusatelo, palese che non sa quel che dice!>>
Alain: <<Invece lo so, lo so cosa dico. Solo perché sono un po' brillo... non vuol dire che non ricordi tutti i titoloni che hanno... ospitato questi gransignori... Sapete?... Anche io scrivo, sapete? E scrivo dannatamente bene!!!>>
Roman fa cenno di proseguire ai due gransignori che lievemente risentiti non prestano attenzione alle farneticazioni.
<<Anche io... Anche io ho partecipato a tutti i vostri concorsi... e pure a quelli minori... senza premi...>>
Facce tolleranti.
Alain si divincola e gambe divaricate gesticola: <<Io valgo quanto voi, gentili signori!>>
<<Avere trent’anni è chiudere una finestra per sentire ugualmente tutti i profumi della primavera.
Avere vent’anni è aprire quella finestra per gettarsi nel pieno profumo.
Avere cent’anni è rifiutarsi di credere che quel profumo sia mai esistito per non cedere alla tentazione di terminare prima di essere terminati.>>
<<Concorso di Poesie brevi, Chieti 1982, nessuna menzione, nemmeno un trafiletto sul giornale locale.>>
Mano alla fiaschetta che scaglia verso una parete del corridoio: <<Mai avete degnato questo vostro pari di attenzione!>>
Roman: <<Almeno con l'alcol non avremo più problemi.>>
Gli esìmi signori che lo aiutavano ora sorridono a stento per comunicare a Roman che per loro sopraggiunge un altro impegno, daltronde come commiserarli. Il fegato di Alain parla al posto suo mentre lui è seduto sul pesante tappeto che lo riporta a meditazioni senza fine.
Roman lo prende da un braccio e lo esorta a sollevarsi. Alain biascica lamentoso di no, che seduto in terra si gode di una più adeguatamente sfavorevole prospettiva delle cose. Allora a Roman non resta che accucciarsi accanto all’amico. A guardarlo da vicino Roman nota che la barba gli si fa visibile.
<<Che ne dici se andiamo in camera, dormiamo un paio d’ore e poi ci diamo una ripulita.>>
Alain lento alza lo sguardo e fissando Roman gli svela che in simili frangenti l’ordine non è il suo più prorompente anelito. Anzi, il proprio corpo, incluso il fegato, gli chiedono di muoversi, ingurgitare, fare, fino a bruciare.
<<Allora che ne dici se ci alziamo per andare a trovare la signora ? Magari si è ripresa.>>
<<...Va bene, Roman, andiamo.>>
La camera dove è ospitata Elba profuma di viole e mughetto. Sobriamente arredata rivela piccoli spazi. Elba, distesa su un lettino assistita da una cameriera, saluta con gli occhi i due amici, senza sorridere.
Prima di avvicinarsi Alain sussurra ad un orecchio di Roman: <<Sembra stia bene. Allora io andrei.>>
<<Ma...>>
<<Se non approfitto ora di questo momento può darsi mi passi la voglia. Non dire una parola!>>