NASCITA!!!
….eroi del primo giorno? magia della fiaba che piace ascoltare? Né la prima né la sola che squilli come appello !....
Straordinario nascere, ma non so ancora decidere se sia cosa buona o bella. Il caso sceglie, in quel momento te e non un altro, il tempo è personale e inteso come inizio. Ne parlavo spesso con mio padre mentre la mamma ascoltava. La sera sulla sponda del loro letto, nell’ora che precedeva il sonno, i miei pensieri non scientifici circa la vita che inizia vagolavano.
Uscivo dall’infanzia e puntavo con desideri inespressi verso la mia prima adolescenza. La guerra era terminata da poco ed era il periodo in cui non riuscivo a prendere sonno, tormentata dalla paura della morte di mio padre. Per mia madre non provavo la stessa angoscia, lei era al di fuori della fine e ci sarebbe sempre stata!
Ma perché c’ero proprio io? Non allora, né certamente ora può esserci alcuna risposta esaustiva.
Nelle narrazioni familiari il giorno della mia nascita sembrava l’inizio di tutto, mio malgrado e senza saperlo, per me il mondo nasceva lì.
Secondo la credenza popolare di tanti anni fa nell’anno bisestile le nascite non erano favorite:
“l’anno che bisesta non invaia né innesta “, recita un proverbio toscano ed era proprio” il mio” anno bisestile.
Ciò che so l’ho raccolto dai discorsi storico-domestici e dal racconto di mia madre nel corso del tempo. Introitai la storia come fatto straordinario, proprio come dettava il secolo che mi aveva preceduto.
L’amore, l’attesa felice e sofferta….nulla mancava al suggerirmi il senso del magico, della suggestione, dell’originalità che aveva sotteso il mio arrivare al mondo.
Era il periodo in cui i bambini si potevano trovare sotto i cavoli, o si compravano, o li portavano le cicogne oppure gli angeli. Per me c’era stata la versione dell’angelo, ci pensai abbastanza, e credo che anche per questo da subito mi sono presa molto sul serio.
In quel settembre particolare, nella strada dove la mia famiglia abitava, erano attese tre nascite,compresa la mia. Nella lettura quasi magica dei significati reconditi, quel settembre bisesto portò via due di quei bimbi che aspettavano di vedere la luce, perciò tutti furono più attenti a me!
I primi annunci dell’evento imminente si presentarono il mercoledì, ma era sabato e io non arrivavo ancora. Parenti, casigliani, vicinato, non facevano che parlarne.
Certamente l’inesperienza della mamma dovette giocare il suo ruolo, in un momento così complesso in cui ebbero la loro importanza il pudore scomposto e l’artigianato del parto in casa, il resto era fatto dalla levatrice che governava una navigazione a vista, devo ritenere nel massimo dell’ incapacità e dell’inadeguatezza per l’imprevisto. Mia madre era stata tenuta senza bere per ben tre giorni,altrimenti si sarebbero raffreddati i dolori!!! Di giorni forse non ce ne sarebbero stati altri se mio padre non avesse deciso di chiamare il ginecologo, contro l’unanime parere conservatore. Costui era ritenuto un personaggio troppo importante perché i comuni mortali vi ricorressero se non in casi estremi: reverenzialmente divinizzato rimaneva quasi per tutti in un suo olimpo. Appena Ciccaglione, nome di tutto rispetto nella città di allora, giunse alla nostra casa ed entrò nella camera della mamma, si rese certamente conto dell’andazzo e, sentito che mia madre era rimasta come un assetato in pieno deserto,fece volare un “per Dio! ma volete far morire questa donna?”, che mia madre non ha mai dimenticato. La stanza era illuminata a giorno e la vedo, ormai era la quarta sera, e posso immaginare il numero degli astanti.
Ammutolirono. Iniziò un nuovo traffico, questa volta più severo, guidato e composto. Intanto nel trambusto dei tre giorni precedenti era stata organizzata una cordata di mutuo soccorso, che vagava sia nella direzione del sacro che del profano. Già mio nonno dalla Toscana, in una sua lettera alla figlia, aveva unito alle parole una particola, “per quando sarai sopra parto” …
Una mia zia, dotata di notevole esuberanza partenopea, aveva provveduto ad una immagine di sant’Anna ospitata in un enorme cornice che fu posta subito sul cassettone dove un antico orologio di onice rosa avrebbe dovuto fare da puntello. L’eco dell’evento ormai prossimo aveva spinto non so se mani pie o profane a portare una rosa di legno -di Gerico? -non fu mai saputo. Praticamente era uno stecco con petali rudimentali, come dita rigide chiuse a carciofo, e quando il “mistero” lo avesse fatto aprire……!
Le giaculatorie, i rosari, le preghiere impastate ai sospiri si sprecavano e ogni bocca aveva un gran bel da fare. Intanto fra la tensione generale del parentado e il grande sfinimento della mamma il deus ex machina risolse il dramma annunciato, fra il tripudio di fiati tirati, sollievo e gioia dei miei genitori. Mia zia, all’acme della contentezza, ebbe una vera esplosione di è nata! è nata! è nata! mentre correva senza posa da una stanza all’altra dando l’annuncio a voce alta, scaricando forse così la tensione vissuta. Non aveva fatto però i conti con l’impiantito. Questo era rivestito di belle maioliche di Capodimonte, seicentesche e coeve del palazzo, che adornavano il solaio,a sua volta appoggiato su travi di legno e chiancarelle perciò era molto ondeggiante e non adatto a passi tanto poderosi, senza che l’ambiente non avesse a subirne danno per le cose tenute in precario equilibrio. Fu così che sant’Anna cominciò a camminare, né alcuno vi badava, prima l’orologio che la puntellava poi lei caddero dal cassettone con fragore. Erano le 22,10. L’orologio andò in mille pezzi. Successivamente fu restaurato, ma lasciato dai miei genitori con le lancette ferme sull’ora fatidica, come lo trovai io quando ebbi l’età per la storia. Segnava l’attimo del mio passaggio dal buio alla luce. Nel contempo la rosa di legno zitta e muta aveva adempiuto anch’essa al suo compito: si era dischiusa!
Rivisito soltanto ora a voce alta, o qualche altra rarissima volta con me stessa, la storia di quel giorno. La casa della memoria ospita i volti delle persone che videro il mio primo giorno e che imparai a conoscere ed amare. Non ci sono più, ma li ricordo con un certo orgoglio.
Mi sembra di vederle nitide e precise nel ruolo drammatico assunto in quel momento, ricordo quello spirito convinto e appassionato che me le rese speciali e che era degno dei personaggi di una commedia pirandelliana. Miei amati attori, ignari e provetti, si erano calati in un contesto di affettuosa frenesia.
Rileggendo il ricordo, ospitato nella normalità di una storia, volendo trascurare fedi, simboli, suggestioni, magie da sciamani e anche tutto ciò che può albergare nella mente smarrita oppure no, molto pedestremente mi vien fatto di dire che, se avevo superato con mia madre quell’inizio ed eravamo sopravvissute proprio in quel momento, un disegno futuro doveva pure esserci, o un destino o un progetto…. ..
Scosto i velami della storia e credo che, “versati al tempo”, siamo esposti a un’eroica illusione in cui caso e caos potrebbero convergere, fede e predestinazione esserne il bordone.
Non scomodo Giobbe, né Amleto né Leopardi, né gli universi paralleli o altri rabeschi del pensiero, oggi so che quando chiuderò gli occhi sarà finito il mondo!