Il freddo intenso di gennaio le provocava lacerazioni sulle mani, lavare i piatti con l’acqua gelata non era piacevole.
Manuela si era alzata presto quella mattina, ma la giornata non era ancora terminata, suo padre dopo cena era solito uscire, quella sera invece non si era ancora deciso.
La cucina era umida e i capelli si appiccicavano alla fronte come sanguisughe, pareva una matta mentre gesticolava seguendo il ritmo della musica del suo auricolare.
Quello era l’unica cosa che l’era rimasta dopo l’eclissi, funzionava a energia solare e appena era tornato il sole aveva ripreso a funzionare.
Lei non pensava quasi mai a quei giorni, l’oscurità che si era irradiata sull’intero pianeta sembrava averle oscurato anche la mente.
Passava tutto il suo tempo ad ascoltare sempre la stessa musica, nota dopo nota mentre vagava nei vicoli di quella che un tempo era stata una città.
La ricerca di cibo era la sua unica occupazione, il suo tempo era diviso in due periodi prima dell’eclissi dopo l’eclissi.
La mattina si alzava presto, il suo giaciglio era composto di un mucchio informe di calzoni e camicie bianche trovate all’interno quello che era stato un ristorante alla moda, talvolta si ritagliava da queste delle strisce bianche con cui si legava i capelli. Era cresciuta frettolosamente come un campo di grano in mezzo ai rovi, qua e là vi erano zone poco folte.
Le mani erano tozze come quelle di una bambina piccola, ma il seno era già da donna e rivendicava la sua parte in quel corpo giovane e acerbo.
A guardarla da lontano sembrava una donna fatta, il passo deciso la faceva assomigliare a un’atleta, lei che non aveva praticato nessun tipo di sport, a volte le tornava la febbre, in quei giorni si nascondeva in mezzo alle camicie e non si muoveva per delle ore, fissava il vuoto, neppure lei sapeva cosa le accadeva in quei momenti, suo padre le era diventato sempre più estraneo e il resto della gente era immersa nella propria follia.
A volte ricordava la sua vita prima dell’eclissi, come sprazzi di un film già visto che si vuole dimenticare in fretta.
La normalità è questa era solito ripeterle suo padre, avevano camminato a lungo prima di arrivare in quel luogo semideserto, lei dopo il tramonto non usciva mai, suo padre glielo aveva proibito. Anche lui era sempre più strano, parlava da solo e aveva il viso cattivo, la sua pelle aveva un aspetto malsano, una volta le avevano detto che le vitamine erano importanti per il corpo umano, ma lei mangiava così poco. La sera si udivano rumori cupi, lei si addormentava tappandosi le orecchie, pensando che presto sarebbe giunto il giorno. Ogni sera dopo il tramonto grandi nubi ricoprivano il cielo, ormai non si vedevano più le stelle. Quella notte fece un sogno, vide la luna che appariva all’improvviso dietro una nuvola, ne provò una gioia immensa, la mattina portò dentro di se quel ricordo e questo le bastò a farla sentire meno sola per l’intera giornata.