E' passato quasi un mese da quando ho letto questo libro,
ma non posso fare a meno di continuare a pensarci...
La vita di una madre raccontata dal punto di vista dei figli,
che non l'hanno mai vista come donna, ma solo come "la mamma",
é una vita di dolori e sacrifici, ma posso dire con sicurezza che non è
questo che mi ha colpita.
Forse è stata l'idea dell'universalità del concetto di "mamma" a stupirmi
con la sua autenticità, anche se, pensandoci bene, è una cosa che già
sappiamo, da una certa età in poi; mi sono, tristemente, riconosciuta nei figli,
così presi dal loro presente e futuro, da non riuscire nemmeno a chiedersi,
se non a comprendere, quanto fosse realmente faticosa la vita della persona
che li accudiva.
Perchè la mamma è sempre la mamma, in Italia come nelle campagne della Corea.
Ma allora perchè Kyung-Sook Shin è riuscita, con una storia così semplice,
senza molti colpi di scena, a commuovermi profondamente?
Qual è l'ingrediente segreto della sua storia?
Qualcuno di voi l'ha letto? Come vi è sembrato?