Dottore, la stiamo perdendo!”. “Adrenalina, presto, tre unità! “.
Il medico avrebbe tremato se le emozioni avessero fatto parte del suo DNA.
Ma il suo cuore era più asettico della intera sala operatoria.
Tutta l’équipe avrebbe sudato freddo, se avesse potuto. Avevano una responsabilità troppo grande; da loro dipendeva il futuro di quella donna. Dovevano salvarla. Ma era stanca, abbandonata dalla vita.
E finalmente la morte si era ricordata di lei dopo così tanto tempo.
“ Quanti anni ha?“chiese l’anestesista.“ Non lo so, mi pare 99 tra una settimana.”
“Caduta dalle scale” e “Trauma cranico “ erano gli scarni referti.
Distesa, impotente, fragile, i lunghi capelli d’argento raccolti in una cuffia verde.
Il mondo, fuori dalla clinica, non era più quello che aveva conosciuto da bambina.
Non c’era più nulla che la trattenesse. Niente più emozioni per lei. Nel suo stato di incoscienza percepiva solo una cantilena lontana che si andava affievolendo all’avanzare del grumo di sangue che premeva nel suo cervello. Era una filastrocca della sua infanzia. Ancora per qualche istante gli alti ed i bassi della melodia rimasero visibili sullo schermo che rimandava l'attività del suo cervello. Le sue ultime tracce di vitalità.
Poi la linea verde si appiattì seguita da un sibilo senza fine.
“ Non ce l’abbiamo fatta “disse il chirurgo con voce metallica.
Poco dopo, altoparlanti, satelliti e schermi al plasma diedero la notizia in tutto il mondo.
“Oggi, 30 dicembre 2182, alle ore 0,51, si è spenta, Wanda Campioni, l’ultimo essere umano “.
Tutti gli androidi si fermarono per un minuto, anche se nessuno di loro conosceva il significato della parola lutto.
Il giorno seguente l’équipe medica venne riprogrammata perché ormai non serviva più a nessuno.