Amos Oz, Non dire notte
Un uomo, una donna, il deserto; questi i protagonisti; lui, una specie di mito vivente, un personaggio di successo che pur attempato, vive ancora una cosa intensamente: l’amore; lei, insegnante da poco rimasta libera da una assidua cura per il vecchio genitore invalido; e il deserto, che non è semplice sfondo, ma co-protagonista, perché ci parla della moderna Israele, segnata dalla guerra; sulla storia principale, narrata alternativamente da lui e da lei, si inseriscono tante altre piccole storie, a tener sempre vivo l’interesse. Unico neo, forse dovuto alla traduzione, una prosa scarna, talvolta perfino sbrigativa: fatta di piccole frasi, solo soggetti a volte senza verbo o complemento, con uso disinvolto della punteggiatura.
Amos Oz, D’un tratto nel folto del bosco
Questa volta Amos Oz ci sorprende con una deliziosa favola, che si dipana in un mondo senza tempo e in un villaggio qualunque, dove accade un fatto straordinario ed inquietante, la sparizione di ogni forma animale vivente a parte gli abitanti e su questo si innesta una ricerca intorno a vari peccati della collettività, quali il linciaggio, lo scherno e la reticenza degli adulti rispetto alle curiosità infantili. L’israeliano si esibisce quindi in una sottile ma accorata difesa del “diverso”.