Autore Topic: Sull'autobus - seconda parte  (Letto 1669 volte)

chospo

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Sull'autobus - seconda parte
« il: Novembre 15, 2011, 11:24:05 »
Ma ben diverso fu l'atteggiamento dell'ex Conducente. Si accostò infine a William e squadrandolo serio disse: "Il biglietto prego."
"Mi dispiace," disse subito William veloce, balbettando e incastrando le parole l'una nell'altra.
"Ecco io, vede, le spiego, anzi, ma l-le-lei dovrebbe già sapere-re, tutto, no?"
"Ho capito, ho capito," disse il Controllore agitando una mano come stesse trattando una sciocchezza di poco conto. E chiamò a se gli Aiutanti. Questi si disposero al suo fianco, le braccia conserte. Ora usavano le sbarre di ferro sui poggiamani accanto alle orecchie di William. Se questo provava a tapparsi le orecchie, ecco che prontamente gli arrivava una bastonata sulla mano libertina.
"Dunque, ricapitoliamo, lei non ha il biglietto, vero? Lo immaginavo. Già da prima la stavo osservando. Lei ha il tipico atteggiamento di chi trasgredisce le regole. Ingrassa e impigrisce bollendo a fuoco lento nella nostra amata società."
"No, no, no", disse William agitando le mani nonostante le bastonate. Ora la paura lo faceva parlare alla svelta, ma tutto sommato comprensibilmente. "Io, deve sapere che prima, quando lei era un Conducente, e non un Controllore, io le ho spiegato che la macchinetta non funziona e che, ecco, mi hanno rubato il portafoglio, perché sà, io ho l'abbonamento annuale, e così.."
Il Controllore scosse la testa. "La finisca con queste scuse. La macchinetta oggi è fuori servizio, come sta indicato sul cartello affisso all'entrata dell'autobus" detto questo indicò un punto tra le porte all'entrata. William allungò il collo in quella direzione ma non vide nessun tipo di segnaletica atta ad avvisare del disservizio. "Non c'è nulla, lì" disse William facendo spallucce.
"Non mi prenda in giro. Elbert," disse il Controllore rivolgendosi a uno degli Aiutanti.
"Controlla sulle porte d'ingresso. C'è qualcosa, lì?"
Elbert annuì vivace con il suo testone. "Sì, sì, c'è qualcosa."
"Vede? C'è qualcosa, lì, a quanto pare."
"Ma non è assolutamente vero", sbottò William che cominciava a scaldarsi.
"Elbert, te lo chiedo di nuovo, c'è qualcosa lì?" ridacchiò il Controllore.
Ed Elbert sempre annuì, con rinnovato vigore e un sorriso di plastica.
"Ottimo. Quindi, ricapitoliamo: scuse a parte, rimane il fatto certo e inconfutabile che lei non possiede nessun regolare titolo di viaggio."
"Ma mi hanno rubato il portafoglio!" si lasciò scappare William; urlava e si agitava sul suo seggiolino che a fatica lo teneva sospeso nell'aria. Cigolava paurosamente.
"Questo lo afferma lei. Lo ha fatto presente all'autista?"
"Ma era lei l'autista, fino a qualche secondo fa!"
"Ancora con questa storia? Crede forse che un agente pubblico come il sottoscritto possa essere preso per i fondelli tanto facilmente? Non ho mai svolto la mansione di Conducente, tantomeno per una compagnia di mezzi di trasporto."
Il Controllore prese violentemente per un braccio William e, trascinandolo tra gli sguardi divertiti dei passeggeri, lo portò verso la cabina di guida.
"Eccolo qui, il suo Conducente. Le sembro forse io?"
Nella cabina c'era effettivamente un Conducente, ed era uguale e identico al Controllore; cambiava solo la divisa, ma i lineamenti del viso, persino la corporatura, denotavano una somiglianza inverosimile.
William annuì con la testa. "Sì, è proprio lei.. cioé... non so.. siete due.. ma .. beh, siete Voi, siete Lei, non so come spiegarmelo.."
Ma il Controllore già lo riportava al suo posto, lasciandocelo cadere di peso. Poi mise un dito sotto il mento, come nell'atto di pensare attentamente.
"Bisognerebbe ricordarsi sempre di fare il biglietto." disse infine, e già stava compilando un moduletto giallo.
"Ma io non me ne sono scordato" brontolò William, e con una mano afferrò il braccio del Controllore. "Perché, perché, non mi ascolta quando parlo?"
"La sto ascoltando" sbuffò lui controvoglia. Poi si scrollò di dosso William.
"Sto compilando il verbale. Devo aggiungere anche aggressione a pubblico ufficiale?"
Dietro, al di sopra d'una delle sue spalle, sbucava la testa della signora dalla gonna violacea. Immobile osservava di fronte a sé, e, senza muover nemmeno le labbra, imitava alla perfezione la voce di William:
"I-i-o non ho scordato di fare il biglietto, è solo che.. mi hanno derubato.. e questo.. sì, questo già gliel'ho detto.. e quindi.."
"Scuse e ancora scuse, e di nuovo scuse," si diede poi a inveire verso il Controllore. Gli sputava nelle orecchie.
"Signora, mi faccia fare il mio lavoro", fece lui. Con calma assoluta continuava a compilare il suo moduletto, ogni tanto si fermava, guardando in alto come imbambolato.
"Ecco, una firmetta qui." disse a lavoro ultimato. Agitava in faccia a William il foglio giallo, la penna puntata verso il suo occhio.
"Cosa, cosa sarebbe?"
"Una multa, che domande."
Ma nonostante William avesse il foglio a neanche un centimetro dagli occhi, tutto ciò che poteva distinguere non erano altro che scarabocchi insensati. Di leggibile c'era solo lo spazio dedicato alla sua firma. Sopra la linea tratteggiata c'era persino il suo nome stampato a grandi lettere.

"WILLIAM Charpanvam"

"Non capisco, non capisco." disse William.
"Cosa non capisce? La faccia finita una buona volta. Io gestisco solo fatti concreti. E per tanto, al momento, allo stato delle cose attuali, è evidente che lei è a bordo del mezzo senza regolare titolo di viaggio. Lei ha parlato di un furto, ma il Conducente sembra non saperne nulla, anzi, lei sostiene persino che fossi io il Conducente. Fosse in mio potere la farei visitare d'urgenza da uno psichiatra. Ora mi faccia il piacere, metta una firma qui, si rassegni a pagare la multa, così posso darle la ricevuta e proseguire il mio lavoro."
Ma William non voleva saperne. Nel suo cervello non c'era spazio per un'idea del genere. Una multa? E per quale motivo? Lui aveva l'abbonamento annuale, lo aveva! e lo aveva smarrito insieme al suo portafoglio, lo aveva regolarmente acquistato, lo aveva di diritto, lo aveva in ogni caso.
Stava perdendo la ragione.
Stava perdendo la ragione.
Di nuovo spiegò queste cose al Controllore e quello per tutta risposta lo ignorava, stringendo adesso la mano ai suoi due Aiutanti. I due ricambiavano con gioia.
Poi di colpo si girò verso William, sventolandogli il misterioso bigliettino giallo.
"Vedo che non ha ancora firmato" disse, poi gli Aiutanti lo presero da parte bisbigliandoli qualcosa nell'orecchio.
William avrebbe voluto cogliere l'occasione, fuggire senza pensarci due volte, ma la signora dalla gonna viola lo teneva fermo al suo posto, stringendogli le braccia fino a fargli male. "Lei, schifoso trasgressore. Nullafacente a tempo pieno. Ridicolo buffone" ripeteva senza tregua, guardandolo con aria schifata.
William, rosso in volto, la sopportava digrignando i denti, senza opporre la minima resistenza.
Gli mancava la forza necessaria a pensare, la testa gli si era svuotata come un pallone sgonfio, irrecuperabile; e in tutto il corpo percepiva una presenza estranea che avrebbe voluto strapparsi via a morsi, vomitare dall'altezza di un grattacielo, tra urla senza fine.
Una luce abbagliante cominciò ad accecarlo pian piano, nel cervello gli crebbe, come un tumore, una fitta simile a un segnale acustico insopportabile, e.. e.. vide, vide qualcosa di strano, come un immagine nitida sullo schermo di un televisore.
Si sentiva imprigionato in quella visione.

"C'è Un ragazzo in mezzo alla gente.
Cammina piano.
Si fa largo tra torme di gambe paralizzate, di facce sfocate.
Trasporta una cesta di frutta.
Sorride.
Sorride.
Sorride ma ha paura.
Indossa una camica ben abbottonata fino al colletto bianco.
Cammina piano.
Cammina piano.
Cammina piano ma ha paura.
Trasporta una cesta di frutta.
Dentro la cesta dozzine di pere lo guardano divertite.
Si ferma.
Si ferma e tutti si fermano attorno a lui.
Si fermano e lo guardano.
Lo guardano.
Lascia cadere la cesta.
Le pere rotolano ovunque veloci.
E lui le smaciulla ad una a una, le schiaccia.
Le schiaccia con l'incoscienza negli occhi.
Le schiaccia ridendo.
Ridendo.
La sua bocca riempe ogni cosa.
Si espande come un buco nero.
Ridendo.
Ridendo.
Il mondo si svuota d'ogni colore.
Nel nulla appare una pera luminescente.
E' fuggita e sorride.
E' fuggita e sorride.
Sorride."

William era di nuovo sull'autobus.
Era in piedi.
Si guardava le mani piene di sangue. Due manette gli luccicavano ai polsi. Su entrambi i fianchi era tenuto fermo dagli Aiutanti immobili, con la testa china.
Distesa a terra c'era una donna dalla gonna viola. Aveva il volto tumefatto, i vestiti strappati in più punti, e dalla bocca le usciva un filo di bava. A fatica si reggeva su un braccio, guardando William con il terrore marchiato a fuoco sul volto stanco.
"E' colpa, è colpa dell'umidità, l'umidità, mi dica che tutto va bene, mi dica che tutto va bene" borbottava tra i singhiozzi. Il Controllore le si avvicinò sollevandole la testa con la mano stretta ai lunghi capelli biondi. "Guarda, guarda cos'hai fatto," disse a William scrollando quella maschera di lividi e sangue. "Io, io, io non volevo, non volevo! Non è possibile che sia stato io!", gemeva William che nulla ricordava. Non poteva pensare d'essere stato capace d'un azione tanto sconsiderata; perdere il controllo di fronte a tutti, in quella maniera, no no, non era proprio da lui. Non era tanto lo stato critico della signora a preoccuparlo, bensì l'aver dato mostra di sé, aver messo a nudo una reazione inconcepibile ed anormale. "Perché, perché", si ripeteva mentalmente continuando a osservarsi le mani, "Possibile, possibile siano le mie mani, possibile si possano sporcare, queste mani"
Con uno sforzo sovraumano tentava di liberarsi della presa dei due Aiutanti, di fare anche solo un passo verso la sfortunata donna adesso lasciata giacere dal Controllore. Voleva chiederle, voleva sapere: "Sono stato io?" "Sono stato io?" Ma non disse nulla, poiché si sentiva colpevole a priori, colpevole anche solo nel dubbio, e gli mancava il coraggio di conoscere la verità.
"Forza, la aiuto a rialzarsi," disse il Controllore alla donna e finalmente questa venne rimessa in piedi con notevoli sforzi. Tra i passeggeri ci fu un fuggi fuggi generale per offrirle il posto. Si accalcavano a dozzine, pregandola di accettare, più e più persone arrivarono a discutere di quale fosse il posto più comodo per la povera disgraziata. A dire il vero tutti i seggiolini sembravano nelle stesse condizioni, ma di questo avviso non sembrava nessuno, e perciò si andò per votazioni. Il vincitore fu sommerso d'applausi, di complimenti, inviti a cena, strette di mani tra sorrisi a sessantaquattro denti.
"Ecco, così si ragiona, siamo pur sempre in democrazia" diceva il Controllore osservando la scena compiaciuto.
"Vede, Signor William Charpanvam," disse poi verso l'arrestato, "così si ragiona. Lei non l'ha capito. Sin dall'inizio non l'ha capito. Non solo non possiede il biglietto, non solo ha mentito spudoratamente, recidivamente, ma non ha saputo tenere sotto controllo i suoi impulsi, si è reso più umano del necessario, ha minato la serenità e la stabilità di questo luogo, e per tanto sono costretto a dichiararla in arresto - come può ben vedere dalle manette che le stringono i polsi."
"Ma .. questo.. questo è inamissibile," ripeteva tra sé William, spaventato anche solo a pensarlo. Si sentiva colpevole, eppure la condanna gli andava stretta.
"Come? Ha detto qualcosa?", gli fece il Controllore accostandosi e chinandosi fino al suo viso. Gli Aiutanti tenevano l'imputato schiacciato quasi al suolo, con le ginocchia tremanti e piegate.
"Sì'", rispose William con impeto, "Dico che tutto questo è inamissibile. Dov'è? Dov'è la giustizia?" chiese sputando ai piedi del Controllore. Questi non se ne accorse neppure, talmente era immerso nella contemplazione delle sue unghie.
"Eccoci alla capitolazione finale. Alle scuse aggiungiamo le lamentele gratuite" disse poi sorridendo e prendendo il viso di William tra le sue mani guantate di nero. Inaspettatamente lo baciò sulla fronte. Gli sussurrò: "Accetti, accetti e subisca."
"Ma qui.." balbettò William ".. qui si è compiuto un omicidio.. l'ho visto coi miei occhi.. quel povero vecchio.. Arresti me.. ma.. va bene, mi arresti.. ma arresti anche loro.."
"Signor William Charpanvam, lei ha mentito abbastanza per oggi. E anche se ciò che dice fosse vero, scommetto che lei sarebbe complice in quell'omicidio. Del resto io non sono tenuto a verificare quel che vedono i suoi occhi, ma solamente quello che interferiscono i miei. E' lei il colpevole qua dentro, e nessun altro. Si lasci portare via e facciamola finita una volta per tutte. Se oppone ancora resistenza, sarò costretto a insistere con altri metodi meno ortodossi."
"Questo è inamissibile," continuava William, e sputò ancora.
"La smetta. La smetta." tuonò il Controllore.
"Mai. E' inamissibile. E' inamissibile. E poi lei è un Controllore, con quale autorità mi arresta?" chiedeva William con lo sguardo fisso, senza remore, poiché adesso, se pur colpevole, in cuore non aveva più paura.
"Con la mia, con la mia autorità," gridò il Controllore alzando un pugno al cielo, "Io non solo controllo, ma sono autorizzato, autorizzato punto e basta. Non c'è altro da dire, altro da reclamare, né da discutere. Ma se vuole metterla sotto questi termini, allora..."
« Ultima modifica: Novembre 15, 2011, 12:06:56 da chospo »

Brunello

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Re: Sull'autobus - seconda parte
« Risposta #1 il: Novembre 15, 2011, 12:01:29 »
Idem ;D

nihil

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Re:Sull'autobus - seconda parte
« Risposta #2 il: Febbraio 24, 2012, 18:19:28 »
angosciante! fai sentire colpevole persino il lettore. Te posino! ;)