Autore Topic: I cinque indizi  (Letto 579 volte)

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I cinque indizi
« il: Settembre 24, 2011, 08:59:14 »
I cinque indizi


Come ogni settimana Dania aprì il giornale d’enigmistica alla pagina del suo gioco preferito: “Unisci i puntini”.
Tuttavia, sebbene i puntini e il riquadro fossero lì, qualcosa mancava: i numeri.
Dania pensò di unirli ugualmente, ma, poiché le combinazioni possibili erano troppe, decise di fare alcune fotocopie del foglio.
Dopo aver completato i primi quattro quadri, si accorse che l’uomo, la spada, la lavagna e l’ampolla che era riuscita a disegnare, non potevano essere esiti casuali, ma tessere di un’unica storia.
Aveva a disposizione ancora una fotocopia con i puntini e creò un'altra figura e questa volta comparve una donna.
Dunque i protagonisti dell’ipotetica storia erano in totale cinque.
Se avesse fatte altre fotocopie della pagina dei puntini, avrebbe ottenuto altri protagonisti, ma quante pagine poteva fare? Mille, centomila, una?
Decise di non farne altre, lei era una fatalista convinta e se in prima istanza aveva fatto solo 5 copie, voleva dire che così andava bene.
Era a letto con la solita influenzetta  e non avendo nulla di meglio da fare, seguendo la sua inventiva, immaginò di essere un detective che avendo in mano 5 indizi, riesca a venire a capo di un fatto o misfatto, secondo come si sarebbe dipanata la storia.
Mise in fila sopra la coperta azzurra i 5 fogli nell’ordine spontaneo:uomo, spada,lavagna,ampolla,donna.

Allora…si potrebbe scrivere che:

C’era una volta un uomo, che stanco di trascinare le sue giornate nella mediocrità e sentendosi nato per grande avventure, decise di lasciare tutti i suoi impegni e di avviarsi per le vie del mondo.
Aveva lavorato diversi anni in un ufficio, dove i colleghi erano arrivisti,ruffiani,a volte cornuti,a volte contraccambiati. Non si era mai sentito a suo agio in mezzo a loro e a dire il vero nemmeno in questa società, così venale e materialista.
Lui era un romantico sognatore, a volte credeva di avere sbagliato epoca o di essere sfuggito da qualche pagina di un romanzo per ragazzi o d’avventura.
A Pietro non interessava fare il lecchino in attesa di una promozione, preferiva, uscendo di casa annusare l’aria, trovarvi la primavera o guardarsi intorno in cerca di sguardi che fossero complici.
Un giorno quindi decise semplicemente di non andare in ufficio, riempì il suo zaino con poche cose e partì in cerca dei suoi sogni, prima d’essere troppo vecchio per sognare.
Conobbe il freddo delle stazioni dove si rifugiava per dormire e i pregiudizi di chi lo osservava.
Conobbe anche la spontanea intesa tra quelli che andavano alla deriva come lui per scelta o per caso.
Era già estate  quando i suoi passi si trovarono su un sentiero sterrato che andava, non si sa dove. Pietro stava inseguendo con gli occhi un volo d’uccelli, quando inciampò in qualcosa che spuntava dal terreno; non era un sasso od un arbusto, ma la punta di qualcosa che poteva essere una spada.
Pietro cercò un rametto robusto ed iniziò a scavare intorno a quella cosa curiosa, sino a che riuscì ad estrarla interamente.
Era proprio una spada! Da quanto tempo era lì? Quali battaglie avrebbe potuto raccontare?
Pietro felice della sua scoperta si rimise in cammino, con la spada infilata nella cintura, si sentiva un gran cavaliere in cerca della sua donzella: si sentiva anche un poco stupido a dire il vero, una specie di Don Chisciotte del 2000, che sogna avventure ad occhi aperti.

A questo punto Dania smise di scrivere, non sapeva come andare avanti, ma ben intenzionata a non lasciare Pietro solo come un cretino con la sua spada, in mezzo alla campagna.

Sì, ecco, si potrebbe immaginare che..
Dopo un’ora di cammino Pietro arrivò in vista di un casolare in mezzo alla campagna ed ormai stanco e accaldato decise di fermarsi all’ombra delle piante che svettavano davanti ad essa.
Seduto sopra un masso, ammirava la sua spada e contemplava il casolare: sembrava una scuola, di quelle piccole  di campagna, poi abbandonata, come abbandonati erano ormai i terreni. Tutti in città, alè, tutti a cercare un lavoro migliore, ma alienante.
Pietro saggiò la resistenza della porta, che cedette al primo tentativo e si trovò in una piccola aula, odorosa di muffa, ma anche di merendine e mele. Chissà perché le scuole hanno sempre quello strano odore di”intervallo”, di gessetti e di bambini, anche dopo anni che sono state dimenticate.
Pietro quasi si commosse e si avvicinò alla lavagna per leggere l’ultima parola scritta dalla maestra, chissà quando.
Ampolla.
Perché ampolla? Forse stava insegnando la A, oppure le doppie LL?
Sulla scrivania c’era, infatti, un’ampolla di vetro, ormai tutta impolverata, ma concreto esempio per i contadinelli, di cosa diamine fosse un’ampolla.
Meno male che la parola scritta non era “bomba a mano” altrimenti…

Dai Pietro, datti una mossa, prendi quell’ampolla senza farla cadere e vediamo cosa sai fare, mica possiamo passare l’estate con te che te ne vai in giro con una spada ed un’ampolla, senza combinare nulla, sbuffò Dania.

Pietro prese l’ampolla, l’avvolse in un residuo foglio di quaderno  se la infilò in tasca e riprese il cammino mentre ormai il giorno volgeva alla sera. Era quel momento magico, in cui non è più giorno, ma non ancora sera. Il momento in cui il caldo del giorno ancora avvolge le membra, ma la fresca brezza del tramonto le riveste come una seconda pelle, dando l’impressione di indossare due vestiti, uno caldo, l’altro fresco.
Pietro riprese il sentiero gustando i profumi della terra e l’azzurro del cielo che diventava sempre più scuro ricordandogli la coperta della sua stanza da letto, mentre si avvicinava al paese di cui scorgeva già le luci.

Dania guardava i suoi fogli sparsi sul piumino azzurro di pura oca, come diceva l’imbonitore televisivo che l’aveva convinta a comprarlo, e distrattamente pensò che sembrava un cielo e forse era lo stesso che stava guardando Pietro.
Cosa scrivere ora per far sì che lui trovasse un ricovero per la notte?
Già...sì, perché no?

Pietro arrivò alla prima casa del paese, era stanco e non gli sarebbe spiaciuto dormire dopo tanto tempo in un letto vero, anziché sulle panche delle stazioni. Meditava  se fosse il caso di suonare il campanello per farsi ospitare, sapendo che comunque non l’avrebbe fatto perché non erano più i tempi i cui i viandanti erano ospitati senza tanti problemi, magari in un fienile. Quelli erano i tempi dei cavalieri, delle spade, dei draghi e delle ampolle contenenti l’elisir di lunga vita, e poi lì non c’era nemmeno il fienile, ma un garage.
Le finestre della villetta si illuminarono, il portone si aprì e Dania apparve sull’uscio: “ Vieni Pietro, la cena è pronta, ce ne hai messo di tempo a fare la spesa!”
“Scusa, ho fatto tardi,ho fatto un giretto nei campi qui dietro, lo sai che mi piace il tramonto!”
“Ok, hai preso il pane e l’acqua? Metti tutto sul tavolo, ora porto la minestra”.
Pietro pose sulla tovaglia un enorme sfilatino, lungo quanto  uno spadone medioevale e la bottiglia della minerale, categoricamente poco frizzante. Come ampolla non era molto romantica, ma così è la vita, quando esce dal sogno.

Dania sospirò contenta della sua storia, mentre serviva la minestra, poi ebbe un sussulto ricordandosi che non aveva contemplato il quinto indizio: la donna.
Pensierosa lasciò vagare lo sguardo nella stanza, cercando una soluzione, fino a che si posò sul vetro della finestra. Riflesso in esso c’era lei,Dania, la donna di Pietro.




Brunello

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Re: I cinque indizi
« Risposta #1 il: Settembre 24, 2011, 15:08:35 »
Molto bello, scorrevole ed avvincente. L'ho letto con piacere e con voracità. Bravissima!

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Re: I cinque indizi
« Risposta #2 il: Settembre 25, 2011, 08:56:09 »
Grassie Brunè, è solo un piccolo racconto in cui i personaggi entrano ed escono dalla propria realtà. abow

chospo

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Re: I cinque indizi
« Risposta #3 il: Settembre 25, 2011, 18:42:46 »
Sembra proprio una bellissima fiaba  dharmas non so perché mi ha fatto tornare in mente qualche recente lettura Hoffmaniana.

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Re: I cinque indizi
« Risposta #4 il: Settembre 25, 2011, 20:01:29 »
grazie, Cho, io adoro le favole. abow