Gesù di ritorno da Cafarnao si recò in Giudea e al di là del fiume Giordano.
“Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: ‘Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?’. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: ‘Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?’. Ed essa rispose: ‘Nessuno, Signore’. E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più”. (Gv 8, 1-11)
Nicolas Poussin: “Gesù Cristo e l'adultera”, realizzato nel 1653 ad olio su tavola; il dipinto è a Parigi al museo del Louvre.
La scena del dipinto è ambientata all'interno del Tempio di Gerusalemme. Al centro ci sono Gesù in piedi mentre dice la celebre frase:
“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”; l’adultera è in ginocchio, vicino al Messia.
Scribi e farisei nel Tempio guardano la donna adultera. Alcuni di loro leggono quanto scritto sul terreno dal Messia, altri si allontanano dopo aver desistito dal condannare la donna.
Il sesto comandamento del “decalogo” è lapidario:
“Non commettere adulterio”. Questo precetto deriva dal Libro dell’Esodo, 20, 14. Il verbo ebraico usato è “na’af”, che non mira all’ambito sessuale (come “Non fornicare” o “Non commettere atti impuri”), ma a quella specifica della morale matrimoniale.
Questo ordine viene confermato anche da Gesù (Matteo 19, 3 – 9), che ribadisce la sua concezione indissolubile del matrimonio, appellandosi alla Genesi: 2, 24 e la creazione dell’uomo e della donna.
In una delle cosiddette “sei antitesi” del “
Discorso della montagna” puntualizza il precetto in forma radicale, infatti afferma: “Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio ! Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5, 27 – 28).
Il “desiderio” a cui Gesù fa riferimento non è l’istantanea ed istintiva emozione, ma la decisione di sottrarre la moglie altrui. In questo caso, anche se manca l’esito effettivo, si è “già commesso adulterio con lei nel cuore”.
Ma Cristo, pur mantenendo la fermezza dei princìpi, è comprensivo e pronto al perdono, come nel caso dell’adultera il cui racconto è presente nel Vangelo di Giovanni (8, 1 – 11). Per numerosi studiosi tale brano è un’inserzione posteriore.
L’antica legislazione ebraica era severa nei confronti della donna adultera: secondo i canoni della cultura maschilista di quel tempo, la donna sposata era ritenuta un bene che non doveva essere sottratto al legittimo proprietario, cioè al marito. La condanna a morte, però, incombeva su entrambi gli adulteri: “Quando un uomo verrà colto in flagrante con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l’uomo che ha peccato e la donna” (Deuteronomio 22, 22).
La scelta di Gesù, di fronte al pubblico che è pronto ad ergersi con facile ipocrisia a giudice severo, è diversa e fa prima appello alla coscienza dei lapidatori e poi ricorre alla misericordia.
Sulla spianata del tempio di Gerusalemme rimangono solo loro due: Cristo il misericordioso e la donna adultera perdonata, ma anche invitata a “non peccare più”. La conversione ed il perdono e non la colpa e la conseguente morte per il peccato commesso.
Poche righe dopo, nel Vangelo di Giovanni, Gesù esclama contro i suoi avversari: “Io non giudico nessuno” (8, 15).
Anche nel Vangelo di Luca c’è l’esortazione di Gesù: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati” (6, 37).