Autore Topic: Ignoranza  (Letto 472 volte)

Doxa

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Ignoranza
« il: Febbraio 26, 2024, 16:29:59 »
Ci sono diverse modalità d'ignoranza: questa parola l'abbiamo ampliata di significato e di solito la usiamo per definire una persona ineducata, raramente l'attribuiamo a chi non sa.

Il dizionario informa che il sostantivo "ignoranza" deriva dal latino "ignorantia", formato dal privativo in e dalla radice del verbo (g)noscere (conoscere) quindi letteralmente "mancanza di conoscenza") è la condizione che qualifica l'ignorante, colui che ha trascurato la conoscenza di determinate cose che si potrebbero o dovrebbero sapere. 

L'ignoranza è un difetto, soprattutto quando induce a diventare arroganti e presuntuosi pur di non ammettere di non sapere;

l’ignoranza può anche essere l’inizio del ravvedimento quando con umiltà si ammette di non conoscere un determinato argomento e si ha la motivazione per avere informazioni. 

Non basta. L’ignoranza può essere assoluta, relativa o dotta. 

L’ignoranza assoluta è stimolo e presupposto per la conoscenza; 

l’ignoranza relativa è assenza di ciò che si sa. “E credere di sapere quello che non si sa non è veramente la più vergognosa forma di ignoranza?”, disse Socrate; 

la dotta ignoranza
, invece, è il perno della dottrina della conoscenza. Essa pone al proprio centro la finitudine della conoscenza umana, quindi la sua inadeguatezza per formulare un concetto adeguato sia dell’infinità del divino sia della verità delle cose finite.  La dotta ignoranza invita a cercare la verità oltre i confini del noto.

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Re:Ignoranza
« Risposta #1 il: Febbraio 26, 2024, 16:38:19 »
 Il concetto di ignoranza è abbastanza complesso perché si porta dietro quell’ironia socratica del non-sapere che è il necessario pungolo vitale per la nascita della conoscenza di ognuno di noi.

I nostri tentativi quotidiani di porre rimedio all’ignoranza somiglia alla fatica di Sisifo, perché l’ignoranza, proprio come il famoso masso del mito, rotola sempre a valle.

La necessità di conoscere, altrimenti le decisioni sbagliate possono indurre conseguenze persino fatali.

Il sapiente Confucio disse: “Vuoi che ti dica che cos’è la conoscenza? È sapere sia quel che si sa sia quel che non si sa”.

Invece messer Alighiero degli Alighieri (Dante) nella Commedia fa dire ad Ulisse: “Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e canoscenza”.

Conoscenza e ignoranza sono come la luce e l’ombra.


« Ultima modifica: Febbraio 27, 2024, 07:36:18 da Doxa »

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Re:Ignoranza
« Risposta #2 il: Febbraio 26, 2024, 16:46:33 »
Nikolaus Krebs von Kues, in Italia lo conosciamo col nome di Niccolò Cusano o Nicola di  Cusa,  nacque nel 1401 a Kues, nella Renania-Palatinato, in Germania. La piccola città è oggi denominata Bernkastel-Kues, nata dall’unione delle due vicine località, situate circa 50 km a valle di Treviri.

Frequentò la facoltà di lettere dell' Università di Heidelberg, ma completò gli studi a Padova, dove si laureò in diritto canonico nel 1423. La laurea magistralis la conseguì in Germania, a Colonia, e divenne doctor in filosofia e teologia.

Dalla relazione con Henriette Marie Hüßœr ebbe due figli, ma la donna morì dopo aver partorito il secondo figlio. Perciò nel 1436 ebbe la possibilità di essere nominato presbitero.

Non basta. Era un uomo sapiente e carismatico al servizio del papato.

Nel 1448 fu "elevato alla porpora cardinalizia"; nel 1450 ebbe anche la nomina di vescovo-principe di Bressanone.

Scrisse vari libri, fra i quali nel 1440 il noto “De docta ignorantia” (la dotta ignoranza) in cui fonda la possibilità umana della conoscenza sulla proporzione fra noto e ignoto; nel 1449 elaborò l’ “Apologia De docta ignorantia”. Per questo testo afferma di essersi basato su un passo della Lettera a Proba, scritta da Agostino d’Ippona.

La dotta ignoranza, secondo Nicola Cusano, è un concetto filosofico che riflette l’atteggiamento del pensatore consapevole della limitatezza della conoscenza umana rispetto all’immensità dell’ignoto. Comunque può costruire un’interpretazione del mondo.

Il cardinal Cusano affermava che tutte le religioni sono delle varianti culturali del culto dell’unica vera divinità. Di fatto, egli sembra voler conferire a tutte eguali diritti nei confronti della ricerca della verità.

Descrive nei suoi testi un’ideale assemblea tra i rappresentanti di ogni popolo che deve dare a tutti la possibilità di esprimere le proprie posizioni. Questo concilium universalis sarebbe il corrispettivo terreno dell’assemblea divina.

Benché l’espressione “De docta ignorantia” sia associata a Cusano essa compare già in filosofi precedenti. A questo cardinale deriva dal pensiero di Agostino.

Cusano approfondisce il concetto di dotta ignoranza riproponendo le riflessioni a lui precedenti e ampliandole.

Per lui la dotta ignoranza è una formula gnoseologica, importante per riflettere su Dio, ed è alla base di qualsiasi conoscenza.

Il limite della conoscenza umana non riguarda solo l’infinito, che sfugge ad ogni proporzione e ci è ignoto.

Diventare coscienti del proprio limite è la più alta conoscenza raggiungibile. Per questo possiamo definire tale ignoranza “dotta“.

Come cardinale  ebbe a Roma il titolo della basilica di San Pietro in Vincoli, che conservò fino al 1464, anno della sua morte. E’ sepolto in questa chiesa, in una tomba marmorea realizzata dal noto scultore Andrea Bregno. Il cuore di Cusano fu portato a Kues, per sua volontà testamentaria.



autore sconosciuto, in primo piano il cardinale Niccolò Cusano nell’atto di pregare,  dipinto in affresco  del XV secolo nell’ospizio per i poveri nella natia  Kues.
Nel 1458 fece costruire nel luogo natio il “Cusanusstift” (ospedale di San Nicola), luogo di accoglienza di carità per 33 individui  (in memoria degli "anni di Cristo"):  6 nobili, 6 sacerdoti e 21 persone comuni.

In basso, sulla sinistra dell'affresco, il suo stemma araldico: raffigura il simbolo astrologico del cancro.




 
Tomba di Niccolò Cusano.

La biografia dice che  morì a Todi (prov. di Perugia) l’11 agosto 1464, ma nella  soprastante epigrafe c’è scritto 1465. Forse questa data vuol significare che fu deposto in questa tomba in tale anno.


Lastra tombale realizzata  da Andrea Bregno nel 1465.

La decorazione scultorea:  sulla sinistra  raffigura il defunto in ginocchio e in abito cardinalizio (notare il galero in terra davanti a lui)  mentre prega rivolto a San Pietro in trono che regge il libro del Vangelo nella mano destra; sulla copertina del libro è raffigurata la chiave, simbolo dell'apostolo; egli è  incatenato al polso del braccio sinistro;  sulla destra la scultura che raffigura l'angelo liberatore.
 
La liberazione di Pietro è un evento descritto negli Atti degli Apostoli (12, 1 – 11): il re Erode Agrippa dopo aver fatto uccidere Giacomo il Maggiore, fece arrestare anche l’apostolo Pietro; questo, venne catturato a Gerusalemme nei giorni della Pasqua ebraica. In attesa del processo dopo le festività, fu incatenato e recluso nel carcere.  Nella notte precedente l’udienza, nella cella apparve un angelo mandato da  Dio; gli sciolse le catene e lo liberò.
 
Al di sotto della lapide c'è lo stemma del Cardinale Nicola Cusano: raffigura il simbolo astrologico del Cancro.






« Ultima modifica: Febbraio 27, 2024, 11:37:45 da Doxa »

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Re:Ignoranza
« Risposta #3 il: Febbraio 26, 2024, 17:09:10 »
Nel precedente post ho citato la basilica di San Pietro in Vincoli, che è a Roma. 

L'ho frequentata soprattutto da adolescente. La domenica pomeriggio con una mia amica andavamo prima a Villa Celimontana, poi dalla collina del Celio  salivamo al Colle Oppio per giungere al Colle Esquilino.  Concludevamo la passeggiata scendendo la "Scalinata  dei Borgia" per andare alla stazione della linea B in via Cavour.


Scalinata dei Borgia vista da via Cavour.

E’ detta  “Scalinata dei Borgia”  perché in quell’area avevano alcune loro proprietà.

Il portico che si vede in cima alla salita è sovrastato dal palazzo di epoca rinascimentale. Vi abitava  Vannozza Cattanei, amante del papa Alessandro VI Borgia, dal quale ebbe quattro figli: Giovanni, Cesare (il famigerato duca Valentino),  Goffredo e, la famosa, Lucrezia Borgia.
Il nome “Vannozza” deriva da Giovanna (es. Giovannozza)

Attraversato il portico si accede su piazza San Pietro in Vincoli


Veduta parziale della piazza di San Pietro in Vincoli,   il portico antistante la facciata della basilica di San Pietro in Vincoli,  l’adiacente ex convento oggi è  parte della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Roma “La Sapienza”.
 

Basilica di San Pietro in Vincoli, portico della facciata con cinque arcate sorrette da pilastri ottagonali. Nei capitelli  c’è lo stemma del pontefice Giulio II.



Chiostro della basilica, progettato dal noto architetto Giuliano da Sangallo. 



Interno, navata centrale. L'interno della chiesa è diviso in tre navate, separate da 20 marmoree colonne doriche di epoca romana. Si presume sottratte dal Portico di Livia. Furono  riutilizzate per la costruzione della  prima basilica.

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« Ultima modifica: Febbraio 26, 2024, 17:18:27 da Doxa »

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Re:Ignoranza
« Risposta #4 il: Febbraio 26, 2024, 17:29:22 »
L’originaria basilica di San Pietro in Vincoli fu costruita nel  442 per volere di Licinia Eudoxia (augusta dell’Impero romano d’Occidente), figlia dell’imperatore  d’Oriente Teodosio II e moglie dell’imperatore d’Occidente Valentiniano III.

“Donna Licinia” fece edificare la chiesa per far custodire le (false reliquie) catene (in latino vincula, perciò il titolo San Pietro in Vincoli) che  secoli prima avevano imprigionato  l’apostolo Pietro a Roma nel carcere Mamertino,  insieme a quelle relative alla prigionia dello stesso discepolo  a Gerusalemme. Le due catene sono custodite in un’urna sotto l’altare maggiore. Viene esposta ai fedeli una volta l’anno: l’1 agosto.


Il reliquiario con le catene.

Fu la “turca”  Licinia (nata a Costantinopoli nel 422 e morta in quella città nel 493 circa) a chiamare a Roma il re dei Vandali Genserico, causando il saccheggio dell’Urbe nel 455.

La chiesa di San Pietro in Vincoli  fu ricostruita nell’ VIII sec. ed ebbe ulteriori interventi edilizi  nei secoli successivi.

Nel braccio del transetto destro c’è il mausoleo che doveva essere la tomba di Papa Giulio II. Fu commissionato a Michelangelo nel 1505, ma l’opera  subì varie interruzioni. Fu completata nel 1545,  trentadue anni dopo la morte di Giulio II, che  invece è sepolto in Vaticano  nella basilica di San Pietro, insieme allo zio, il pontefice Sisto IV.   

Nel progetto originale il monumento funebre  era più grande. Previste più di 40 statue come ornamento della stanza funebre ed anche l’ampliamento della basilica.
La versione definitiva, dopo che il progetto ebbe la sesta modifica, fu di sette statue per ornare il monumento funebre, tra le quali il Mosè, realizzato da Michelangelo Buonarroti tra il 1513 e il 1515.   


Michelangelo Buonarroti, monumento funebre per il  pontefice Giulio II, basilica di San Pietro in Vincoli.

Nel registro inferiore, alla destra del Mosè, la scultura che raffigura la biblica Rachele con le mani giunte (simbolo della vita contemplativa), invece sulla sinistra c’è Lia (vita attiva).



La statua del Mosè, alta m 2,35. E’ seduto, guarda verso destra, ha il piede destro posato sulla base, la gamba sinistra sollevata e la  sola parte anteriore del piede poggiata sul basamento.

Mosé con la mano sinistra si tocca la barba, con il braccio destro regge le tavole della Legge.

Inizialmente era seduto in posizione frontale. Secondo un documento, 25 anni dopo aver concluso il marmoreo Mosè, Michelangelo ebbe l’incarico di modificarlo: nel 1542  fece ruotare la testa per distogliere lo sguardo del profeta dagli altari nell’abside e nel transetto dove c’erano custodite le cosiddette “catene” di San Pietro.

Per ottenere la torsione, abbassò la seduta di 7 cm, rimpiccolì il ginocchio sinistro per portare indietro la gamba e girò a destra la barba per mancanza di marmo a sinistra. II naso fu ricavato dalla gota sinistra.



Le corna sulla testa  forse le realizzò per un errore di traduzione del Libro dell’Esodo (34, 29) dove si narra   che Mosè mentre scendeva dal Monte Sinai aveva  due raggi sulla fronte.  La parola ebraica  "karan"  (= raggi)   fu confusa con "keren"  (= corna), generando la presenza dell’originale dettaglio nella statua.


Nel registro superiore:  al centro, nella nicchia c’è il gruppo scultoreo della  Madonna col Bambino;  davanti, la marmorea urna sepolcrale che avrebbe  dovuto contenere il corpo di Giulio II, raffigurato sdraiato su un fianco, come se fosse adagiato su un triclinium anziché sul coperchio del feretro; sulla destra  di questo, la statua che simboleggia la Sibilla,  sulla sinistra è rappresentato un profeta assiso.




The end
« Ultima modifica: Febbraio 27, 2024, 09:13:37 da Doxa »

ninag

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Re:Ignoranza
« Risposta #5 il: Marzo 05, 2024, 15:06:51 »
Esistono opere davvero grandiose, certo è che nessuno può smettere di imparare.