"E Dio vide ogni cosa che aveva fatto, ed ecco, era molto buona. E la sera e il mattino erano il sesto giorno" (Genesi 1, 31).
"Così i cieli e la terra erano finiti, e tutto l'esercito di loro. Allora Elohim nel settimo giorno terminò il lavoro che aveva compiuto e si riposò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso si era riposato da ogni lavoro che aveva creato e fatto” (Genesi 2, 1 – 3).
Egli “creò” il cielo e la terra, ma subito dopo, non sapendo che farsene, “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2, 15). Adesso mi è chiaro perché il Dominus creò l’homo faber: gli serviva la manodopera dedita all’agricoltura.
Non basta, “E il Signore Dio disse: ‘Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile’. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile”. Adam come homo technicus impose il nome agli animali, in cambio il dominus creò Eva per dargli compagnia, soprattutto nel lavoro dei campi. (Gn 2, 18 – 20)
Si configurano, così, questioni come il linguaggio, la proprietà, il tempo, lo spazio, la morte, la deformazione del lavoro in fatica.
Per di più nel terzo capitolo della Genesi, quello del “peccato originale”, c’è la distorsione dell’ordine divino nell’Eden, descritto nel secondo capitolo.
“… maledetto sia il suolo per causa tua ! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai” (Gn 3 , 17 – 19)
Eppure Adam non gli aveva chiesto di nascere. Il Dominus (nella sua infinità bontà e amore ?) egoisticamente lo creò per farlo lavorare nella sua grande “tenuta agricola” denominata “Eden”. La sua ira funesta costrinse quel povero uomo e la sua compagna, Eva, a mangiare “spine, cardi ed erba campestre”.
Comunque, anche in questa dimensione di dura fatica, il lavoro ha un aspetto costruttivo: produttività, procreazione, cultura.
Due verbi ebraici classificano il lavoro: “abad” e “shamar” (= coltivare e custodire), di per sé sono i termini religiosi della pratica dell’alleanza tra Israele e Dio, col significato di “servire” (culto) e “osservare” (la legge divina).