Il cardinale Gianfranco Ravasi in un suo articolo titolato: “La lingua parlata da Gesù”, pubblicato sul quotidiano Il Sole 24 Ore (inserto “Domenica”) dell’8 ottobre scorso ha scritto:
“L’ebraico subì un declino dopo l’esilio babilonese, sostituito nell’uso comune dall’aramaico, la lingua più comune nell’antico Vicino Oriente di allora. Tuttavia, non si estinse mai come lingua scritta (oltre che come lingua liturgica), secondo quanto è attestato dalle famose scoperte di Qumran, presso il Mar Morto.
L’ebraico era una lingua colta, usata nelle discussioni esegetico-teologiche e dai gruppi elitari di ebrei rigorosi e zelanti, come appunto quelli di Qumran. Gesù, probabilmente, lo imparò nella scuola sinagogale di Nazaret per poter leggere le Scritture. Al massimo potrebbe aver usato parzialmente l’ebraico nelle controversie teologiche con gli scribi e i farisei riferite dai Vangeli. Tuttavia, come maestro che parlava alla massa dei contadini, dei pescatori e degli artigiani giudei comuni, Gesù ricorreva alla loro lingua quotidiana che era l’aramaico.
Uno studioso tedesco, Joachim Jeremias, escludendo nomi propri e aggettivi, contava 26 parole aramaiche attribuite a Gesù dai Vangeli o da fonti rabbiniche. E identificava l’aramaico di Gesù come una versione galilaica dell’aramaico ufficiale, tant’è che, durante il rinnegamento di Pietro, gli astanti accusano l’apostolo così: "È vero: anche tu sei uno dei discepoli di Gesù il galileo. Infatti, il tuo modo di parlare ti tradisce" (Mt 26,73).
Gesù, poi, sapeva leggere e scrivere? Tenendo conto del rilievo che nell’antico Vicino Oriente aveva la cultura orale, per rispondere al quesito ci sono tre passi evangelici da verificare. Nel Vangelo di Giovanni si ha questa osservazione dei Giudei di Gerusalemme: "Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?" (7,15). Di per sé l’espressione “conosce le Scritture” in greco (grámmata ói-den) potrebbe anche significare semplicemente: "sa leggere". In realtà, però, l’obiezione è rivolta contro Gesù come un’accusa – insegnare in pubblico – senza aver frequentato la scuola di uno dei vari rabbí o maestri importanti di allora. La dichiarazione, quindi, vorrebbe solo affermare che Gesù aveva un livello sorprendente di cultura teologica.
Che egli sapesse leggere appare chiaramente dal testo già citato di Luca (4,16-30): a Nazaret, di sabato, “si alza a leggere il rotolo del profeta Isaia, aprendolo al passo dov’era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me…” (Is 61,1-2). Al termine, "arrotola il volume, lo consegna all’inserviente" e inizia a tenere quell’“omelia” che susciterà una forte reazione tra i suoi compaesani. Cristo, dunque, sapeva leggere. Ma riusciva anche a scrivere? Le due cose non erano necessariamente connesse: spesso l’apprendimento nella scuola sinagogale avveniva secondo il metodo orale, ricorrendo alla fertile vitalità della memoria, soprattutto semitica.
L’unico cenno, in verità molto vago, alla capacità di scrivere di Gesù lo si ha in un terzo passo. Nel Vangelo di Giovanni si ricorda che, davanti all’adultera e ai suoi accusatori, Gesù "si era chinato e scriveva in terra col dito" (8,6). Si sono sprecate le ipotesi su quelle scritte misteriose. C’è chi ha pensato alla ripresa di testi biblici. Altri hanno ipotizzato un’anticipazione delle sue parole successive: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». La soluzione più probabile, però, potrebbe essere quella di ritenere che Cristo tracciasse solo linee o lettere casuali. Non si avrebbe, quindi, neppure qui una precisa e diretta attestazione su una capacità di scrittura da parte del Gesù storico.
È una avventura curiosa la conoscenza delle lingue originali della Bibbia. L’aggettivo “curioso” ha alla base il latino cura che implica impegno, tensione, preoccupazione e affanno. È un “prendersi cura”. La fede comprende anche un sapere che esige studio e apprendimento, persino faticoso. Il grande traduttore della Bibbia dall’ebraico e greco in latino, san Girolamo, confessava: “Ogni tanto mi disperavo, più volte mi arresi, ma poi riprendevo con l’ostinata decisione di imparare”.