Autore Topic: Consolatrix afflictorum  (Letto 962 volte)

Doxa

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Consolatrix afflictorum
« il: Maggio 11, 2023, 18:14:11 »
L’invocazione “Consolatrix afflictorum” è desunta dalle “Litanie Lauretane”, anche dette “litanie della Madonna”. Sono suppliche a Maria che vengono recitate la sera dopo il “Rosario”. Enunciate da un sacerdote, da un diacono o da una delle signore che la sera frequentano la chiesa. Proclama il titolo attribuito a Maria (es. consolatrice degli afflitti) e l’assemblea coralmente risponde “Prega per noi”.

Nell’attuale versione delle litanie lauretane (cosiddette perché in origine furono formulate a Loreto, il santuario nelle Marche) ci sono 52 invocazioni, distribuite in sei gruppi, che non mi dilungo a specificare.

Furono i frati dell’Ordine mendicante di Sant’Agostino, detti “agostiniani”, a diffondere il culto per la Consolatrix afflictorum, che nell’ambito pittorico fa parte di una delle tipologie di icone mariane, con varianti e/o simboli che specificano il suo titolo. Per esempio Madonna del melograno, Madonna del cardellino ecc..

Descrivo due diverse icone della Mater Dei Consolatrix Afflictorum: una nel  santuario mariano di Torino, l'altra a Reggio Calabria. 

Comincio con quella di Torino
 

Torino: santuario della Beata Vergine della Consolata. Viene celebrata il 20 giugno.

La facciata, realizzata nel 1860,  è in stile neoclassico. La torre campanaria è dell’XI secolo.



Sul pronao del portale c’è la scritta: “Augustae Taurinorum Consolatrix et patrona”.

L'edificio ha la planimetria complessa e variegata,  risultato di numerosi interventi nel corso dei secoli. 

La basilica di Santa Maria della Consolazione viene comunemente denominata “Santuario della Consolata”, “la cunsulà” in torinese, come se fosse la Mater Dei ad essere consolata e non lei la consolatrice.



Una curiosità. All’esterno della chiesa, su una parete laterale è possibile vedere in alto l’epigrafe commemorativa sulla quale c’è scritto: “PROIETTILE ASSEDIO 1704”. Si riferisce all’assedio della città da parte delle truppe francesi durante la “Guerra di successione spagnola”. Ma l’assedio avvenne nel 1706 e non nel 1704.

Si formarono due schieramenti, Francia e Spagna da una parte e Impero Asburgico, Portogallo, Inghilterra, Paesi Bassi e Danimarca dall’altra.

La Lombardia era sotto il controllo spagnolo, quindi per evidenti motivi strategici il re francese Luigi XIV impose  al Ducato di Savoia, l’alleanza con Francia e Spagna.
Invece Vittorio Amedeo II si alleò con gli Asburgo, gli unici che in caso di vittoria potevano garantire l’indipendenza del Piemonte.
Luigi XIV  fece invadere il Piemonte che all’epoca era “tra due fuochi”, a ovest la Francia e ad est la Lombardia controllata dagli spagnoli.

Per farla breve, il 7 settembre 1706  Vittorio Amedo II ed il principe Eugenio entrarono a Torino, ormai liberata e si recarono al duomo per assistere ad un Te Deum di ringraziamento per la vittoria.

Come ricordo vennero lasciati diversi pilastrini con incisa la data 1706 oltre all’effige della Madonna della Consolata, poiché il santuario  fu evitato dai bombardamenti.


Questa è l’immagine di Maria, consolatrice degli afflitti (la "Consolata") venerata nell'omonimo santuario di Torino.

L’effigie appartiene alla  tipologia “Odigitria”, dal greco-bizantino “Odighìtria”: significa “colei che mostra la direzione”,  il Figlio: “via, verità e vita”,  che indica con la mano destra.

Con il braccio sinistro la Madre sorregge il Bambino benedicente nella modalità degli ortodossi, raffigurata nelle icone bizantine.



La Theotòkos  (= Madre di Dio) indossa il maphorion: mantello con copricapo, sul quale sono raffigurate tre stelle (una è coperta dalla spalla del Bambino),  antico simbolo siriaco di verginità (veniva ricamato sul velo nuziale delle principesse). Esse hanno due significati:

è segno della castità di Maria (Aeiparthenos), la sua verginità perpetua prima, durante e dopo il parto;

è  simbolo della Trinità. In molte icone la figura di Gesù bambino copre una delle stelle, come nell’immagine della “Consolata” di Torino.

Il divin pargolo indossa il chitone (tunica di stoffa leggera) ed un pregevole mantello.



Il dipinto è racchiuso entro una cornice circondata da raggi e nuvole frequentate da piccoli angeli.   

Sul coronamento ci sono altri due piccoli angeli sotto il baldacchino.

segue
« Ultima modifica: Maggio 12, 2023, 15:25:19 da Doxa »

Doxa

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Re:Consolatrix afflictorum
« Risposta #1 il: Maggio 11, 2023, 18:31:30 »
Reggio Calabria e la “Mater consolationis”.

Nella seconda domenica di settembre Reggio Calabria celebra la  “Consolatrix afflictorum”, patrona della città.

La festa comincia la mattina del secondo sabato del mese di settembre con la processione della sacra immagine: dalla Basilica dell’Eremo viene portata nella basilica cattedrale.

Il martedì una seconda processione accompagna il ritorno dell’icona nella basilica dell’eremo, gestita  dal 1532 dai frati cappuccini. In quel tempo nella zona dell’eremo c’era una piccola cappella dedicata alla “Madonna della Consolazione”.


Questo dipinto, realizzato nel 1547 dal pittore reggino Nicolò Andrea Capriolo, appartiene alla tipologia della Odigitria dexiocratousa: la  Theotokos  indica la via, ma ha la particolarità di sorreggere il Bambino con la mano destra e indicarlo con la mano sinistra. Tale variante, comune nel tipo ortodosso,  è rara rispetto alle normali tipologie delle Odigitrie cattoliche. 
Inoltre, il volto di Gesù è rivolto verso il frate anziché solitamente  verso la Madre. Anche lo sguardo di Maria non è diretto al Figlio, ma si volge, assorto, in direzione opposta.

E' assisa in trono, nella posizione centrale,  e sorregge il Bambino.

Maria indossa la tunica di colore rosso (simbolo del potere) e il mantello blu, che evoca il trascendente; è ornato ai bordi con pietre preziose rosse e blu, che richiamano i colori della veste e del manto.

Rosso era il colore delle vesti degli imperatori bizantini. Fu utilizzato  anche per l’abito mariano quando si  diffuse l’uso di raffigurarla in trono, come regina.

Ai  lati  della Madonna ci sono due frati. Guardando l’immagine,  quello sulla destra rappresenta  Sant’Antonio da Padova, riconoscibile perché regge nella mano destra il bianco giglio, simbolo che lo contraddistingue, nella mano sinistra ha il libro della scienza; il frate sulla  sinistra è  San  Francesco d’Assisi che  con la mano sinistra sorregge una croce,  sulla mano destra  ha la Bibbia, aperta.

Sulla pagina è possibile leggere (con l’ingrandimento):  “ In principio creavit Deus c(a)elum, terra autem  erat inanis et vacua” (In principio Dio creò il cielo, la terra era senza vita e vuota).

Storicamente lo schema compositivo che comprende due figure ai lati  della Madonna venne diffuso  nel X secolo (912-913): nel vestibolo del nartece di Santa Sofia a Costantinopoli (= Istanbul) fu riprodotta la Madonna in trono, con ai lati le figure di Giustiniano e l'imperatore romano Costantino I.

 
Interessante è la fibula che sostiene i lembi del mantello di Maria, ma non capisco perché avvolge anche il collo del divin pargolo.

In alto due angeli incoronano la Vergine con in mano una palma.

Le corone: quella sul capo del Bambino e quella sulla testa della Theotòkos furono collocate il 15 settembre 1936 dal cardinale Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli, alla presenza di vescovi, “basso clero”, autorità e tanta folla.

Le due corone furono realizzate con l’oro raccolto tra la popolazione di Reggio e realizzate  a Napoli. Nella fascia di base ci sono incastonati rubini e zaffiri, le parti terminali  sono formate da stelle di perle e brillanti di diversa grandezza, disposte a raggiera.

Sul gradino del trono ove è assisa la Vergine c’è la data di esecuzione del dipinto: 1547.

Nel cartiglio alla base del trono della Madonna si legge ancora la data  del restauro del dipinto:  1947.

La vara



è una macchina processionale composta da una struttura metallica, disposta per il trasporto a spalla per mezzo di barre di legno, su cui poggia una cornice d’argento, che accoglie il cinquecentesco dipinto della Madonna della Consolazione.

La cornice è decorata da altorilievi ed ex voto del XVIII secolo.

La base è arricchita da due candelieri a sette bracci digradanti e da quattro agli angoli, mentre la sommità accoglie lo stemma di San Giorgio ed una corona in argento.

Pesa 12 quintali; è alta 5 metri + m. 1.00 (altezza spalla portatori) = m. 6.00.

la Vara viene  trasportata "a braccia" dai portatori dall’Eremo dei Cappuccini fino alla Basilica Cattedrale in un tripudio di folla che si ripete nel ritorno  santuario.

The end