Comincia la “Settimana Santa” e Venerdì ci sarà la “
Celebratio passionis Domini”. L’evento fa volare il mio pensiero a Milano e al “Cenacolo vinciano”.
Milano, Basilica di Santa Maria delle Grazie, prospetta sull’omonima piazza; sulla destra si vede un tratto di Corso Magenta.
Questa chiesa, dell’Ordine dei frati predicatori Domenicani, è adiacente al convento con l’ex refettorio (diventato proprietà del Comune di Milano), nel quale si può ammirare il dipinto leonardesco dedicato all’Ultima Cena (o Cenacolo).
Nel 1460 il conte Gaspare Vimercati (uno dei più influenti personaggi dell’entourage di Francesco Sforza, come consigliere di guerra, comandante delle milizie e gestore “di fatto” delle finanze sforzesche) concesse a frati Domenicani l’area in cui c’era un edificio a corte precedentemente usato dal Vimercati per l’alloggiamento dei suoi reparti militari. Su quel terreno c’era anche una cappella dedicata alla Madonna delle Grazie.
Il Vimercati elargì ai Domenicani anche il denaro necessario per la costruzione del convento e la chiesa, che, come la cappella, fu dedicata a Santa Maria delle Grazie.
Il progetto fu redatto dall’architetto Guiniforte Solari, già ingegnere capo della fabbrica del duomo di Milano, dell’Ospedale Maggiore (poi trasformato nella sede dell’Università Statale) e della Certosa di Pavia.
Il 10 settembre 1463 venne collocata la “prima pietra” del complesso conventuale. La costruzione cominciò nell’area dove c’è oggi il cosiddetto “Chiostro dei Morti”, adiacente alla primitiva cappella della Vergine delle Grazie, che oggi corrisponde all'ultima cappella della navata sinistra della chiesa.
Con l’aiuto finanziario del Vimercati il convento dei domenicani fu completato nel 1469.
Il convento solariano si articolava attorno a tre chiostri. Il chiostro originario dell'alloggiamento delle truppe del Vimercati venne inglobato nella costruzione; il Chiostro Grande, su cui affacciavano le celle dei frati, e il Chiostro dei Morti attiguo alla chiesa. Di quest'ultimo oggi è possibile vedere la ricostruzione post-bellica, in quanto interamente distrutto dai bombardamenti del 1943.
Contemporaneamente alla costruzione del convento cominciò l’edificazione della chiesa, che come di consueto ebbe inizio dalla zona absidale. Fu completata nel 1482.
Nel progettare la basilica l’architetto Solari si attenne alla consolidata tradizione gotico-lombarda della basilica a tre navate, con volte a ogiva e facciata a capanna.
Anche i materiali sono quelli della tradizione lombarda, il cotto per le murature e la pietra di granito per le colonne e i capitelli.
Le navate sono coperte da volte a crociera. Le navate minori sono fiancheggiate da file di sette cappelle laterali quadrate.
Dieci anni dopo, nel 1492, la chiesa fu scelta da Ludovico il Moro per farne il mausoleo della propria casata, perciò fu ristrutturata e ampliata, forse su progetto del noto architetto Donato Bramante, con l’aggiunta di absidi di forma circolare , una grande cupola, un chiostro.
La chiesa è caratterizzata da sette cappelle, disposte su ciascun lato.
veduta parziale dell'interno basilicale.
All'interno dell'ex refettorio si ammira “La crocifissione” (dipinto realizzato dall’artista milanese Donato Montorfano) e la celebre “Ultima Cena”, realizzata da Leonardo da Vinci.
il “Cenacolo” com’era prima del restauro
“Ultima Cena” dopo i lavori per il restauro
L'ultimo intervento di restauro ha permesso di recuperare solo in parte il dipinto originale, rovinato sia a causa degli inadatti materiali utilizzati dall'artista sia per colpa dei vari restauratori che nei secoli XVII e XVIII eseguirono alcune ridipinture "estetiche". Ad esempio, quasi tutta la testa di Giuda è rifatta, dell'originale viso di Giovanni ne resta solo un decimo (le scaglie più chiare della parte alta del viso), e di Pietro solo la parte della fronte e dello zigomo.
Nel 1517, secondo la testimonianza di Antonio de Beatis, “è excellentissima, benché incomincia a guastarse non so se per la humidità che rende il muro o per altra inadvertentia”.
Nel 1568 Giorgio Vasari scrisse che il dipinto è “tanto male condotto che non si scorge più se non una macchia abbagliata”.
Per Francesco Scannelli, che descrisse il Cenacolo nel 1642, non erano rimaste dell’originale che alcune tracce delle figure, e anche quelle così confuse che solo a fatica se ne poteva ricavare una indicazione del soggetto. Proprio perché considerato ormai perduto, i Domenicani del convento nel 1652 non esitarono ad aprire una porta per dare accesso alle cucine, tagliando le gambe di Gesù e di due apostoli.
Tra il 1796 e il 1801 il refettorio venne adibito a scuderia per i cavalli dei soldati napoleonici, i quali alcuni di loro scagliarono pietre contro il dipinto che distrussero i corpi degli apostoli. Con punte metalliche sfregiarono anche gli occhi. Successivamente inesperti restauratori ridipinsero tutta l’opera.
Infine, il 16 agosto 1943, nel corso della seconda guerra mondiale, il convento di Santa Maria delle Grazie venne bombardato e il refettorio quasi completamente distrutto; il Cenacolo si salvò perché protetto da una impalcatura di tavole di legno e sacchetti di sabbia.
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