Autore Topic: Gloria  (Letto 529 volte)

Doxa

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Gloria
« il: Settembre 21, 2022, 09:50:29 »
gloria: questo sostantivo deriva dall'omonima parola in lingua latina.

E’ la terza persona singolare dell'indicativo presente del verbo gloriare, ed è la seconda persona singolare dell'imperativo presente.

Come sostantivo può essere sia femminile (la gloria intesa come fama) sia maschile (il gloria, inno religioso cristiano). 

La parola gloria non ha sinonimi, ma si usano termini quali: celebrità, fama, che si riceve per meriti eccezionali, per atti di valore, per opere insigni.

In lingua greca antica il concetto di gloria è riconducibile a due coppie di termini: timé – doxa e kléos – kŷdos.

I primi due  termini hanno sempre indicato, fin dall'epoca classica, il riconoscimento della posizione  e della dignità di una persona.

Timè indica  la pubblica stima attribuita ad una persona, l’onore, che nell’epoca classica greca si riceveva in base al proprio valore (aretè = virtù).
Il concetto di timè, come espressione dell'onore greco e del senso dell'onore dell'eroe omerico, viene esplicitato da Platone nella "Apologia di Socrate" (XVI) quando lo fa pronunciare a Socrate, nel dialogo con il suo accusatore Melèto, durante il processo che lo vede imputato.

“Doxa”, Nel Nuovo Testamento in lingua greca  “gloria” è detta “doxa”, questo vocabolo ricorre 166 volte  (61 volte il verbo doxazo) e che rimanda all’apparire. E’ riservata quasi esclusivamente a Dio e solo di riflesso all’individuo, esprime la magnificenza.

Gli altri due termini

Kleos, nell’antica lingua greca indica la gloria, intesa come fama  che l’eroe otteneva con le sue gesta.
Kleos è uno dei temi nell’Iliade e nell’Odissea di Omero: 
Nell’Iliade il Kleos  veniva attribuito agli eroi  durante le battaglie;
nell’Odissea il Kleòs rappresenta idealmente gli onori ricevuti dall’eroe, per esempio Ulisse. 

kŷdos, allude alla gloria acquisita soprattutto in guerra, con conseguente  pubblica stima per le  azioni compiute.

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« Ultima modifica: Settembre 23, 2022, 14:08:23 da Doxa »

Doxa

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Re:Gloria
« Risposta #1 il: Settembre 21, 2022, 09:59:50 »
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In ambito religioso cristiano “Il glòria” è la forma abbreviata  che indica la preghiera del “Gloria Patri”: “Gloria in excelsis Deo” (= Gloria a Dio nell’alto dei cieli)  è l’inizio dell’inno liturgico.  E’ anche detto  “inno angelico”,  si recita o canta nella prima parte della messa.

Modi di dire

"tutti i salmi finiscono in gloria", per significare che la conclusione è sempre la stessa (o anche chi parla  dello stesso argomento);

"non tutti i salmi finiscono in gloria" metafora per dire che non tutte le imprese vanno  a buon fine;

"alla fine del salmo si canta il gloria".

La gloria umana, a differenza della gloria divina, è effimera. Nel Salmo 49 (17 e seg.) si legge: “… Non temere se un uomo arricchisce, / se aumenta la gloria della sua casa. / Quando muore, infatti, con sé non porta nulla / né scende con lui la sua gloria”. (…)

La frase in lingua latina “Sic transit gloria mundi” (= così passa la gloria del mondo)  la ripete per tre volte il cerimoniere davanti al pontefice neo-eletto, mentre fa bruciare un batuffolo di stoppa sopra una canna d’argento; la frase viene detta talora in tono scherzoso, con riferimento alla caducità delle cose umane.

Glorificare: questo verbo latino tardo è composto dal lemma  “gloria” +  tema di “facĕre (= fare).  Rendere gloriosa una persona o un evento degno di gloria.

Nel linguaggio religioso:  Dio glorifica i giusti; glorificare il nome di Dio, della Madonna, dei santi.

Nell’Antico Testamento  il termine ebraico per indicare la “gloria” è “kabòd”, presente 200 volte.

Kabòd non allude alla fama ma al valore di un individuo o di una cosa.

kabōd, riferito a Dio, non ne indica l'essenza, ma il suo  modo di manifestarsi: è lui che si  fa conoscere nella sua gloria. È significativa in tal senso la frequenza con cui kabōd accompagna termini che indicano il vedere (Es 16,7; 33,18; Is 40,5) o l'apparire (Es 16,10; Dt 5,24; Is 60,1).

 “…mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il deserto: ed ecco la Gloria del Signore apparve nella nube” (Esodo 16, 10).

“La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco sulla cima del monte”
(Esodo 24, 17).

Mosé disse a Dio: “Mostrami la tua gloria”. Dio gli rispose: “Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo” (Esodo 33, 18 – 20).

Questo dialogo tra Dio e Mosé è illuminante per comprendere il valore biblico del termine “gloria”: essa viene identificata col volto divino, con Dio e il suo svelarsi. Si fa riferimento al mistero divino, che può manifestarsi o rimanere celato, essendo trascendente.

Cantare la gloria del Signore significa confessare la fede nel suo mistero e riconoscerne la presenza efficace e salvatrice: “Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza…Nel suo tempio tutti dicono: Gloria !” (Salmo 29, 1 – 9).

La gloria può provenire  anche dalla ricchezza: infatti Abramo è detto "molto glorioso", perché possiede "bestiame,  argento e oro” (Gen 13,2).

La gloria designa pure la posizione sociale occupata da una persona e l'autorità che essa le conferisce; così Giuseppe dice ai suoi fratelli: "Raccontate al padre mio tutta la gloria che io ho in Egitto" (Gen 45,13).

Nello stesso senso Giobbe, rovinato ed umiliato, può esclamare: "Egli mi ha spogliato della mia gloria!" (Gb 19,9; 29,1-20).
« Ultima modifica: Settembre 23, 2022, 14:09:11 da Doxa »

Doxa

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Re:Gloria
« Risposta #2 il: Settembre 22, 2022, 11:43:48 »

Paolo Veronese, Cristo in gloria, 1585

Jesus si staglia al centro, su fondo chiaro e luce intensa nell’empireo. 

Secondo la teologia cattolica medievale il “cielo Empìreo” (dal greco antico empyrios = infuocato, ardente)  è il più alto dei  cieli,  luogo della presenza fisica di Dio dove risiedono gli angeli e le anime accolte in  Paradiso.
Durante l’ascensione Cristo  è circondato da angeli (solo in parte visibili: la testa e le ali) ed è sovrastato dallo Spirito Santo in forma di colomba. 

La Gloria di Cristo è il momento della sua ultima apparizione agli apostoli e della sua Ascensione al cielo,  raccontato negli Atti degli Apostoli e nei Vangeli di Marco  e Luca.

“E avendo detto queste cose, guardando essi (gli apostoli) fu sollevato ed una nube lo sottrasse dai loro occhi. E poiché erano aventi lo sguardo fisso al cielo andandosene lui, ed ecco due uomini stavano accanto ad essi in bianche vesti, che poi dissero: Uomini di Galilea perché state fissando verso il cielo? Questo Gesù che è stato sollevato di tra voi al cielo verrà così nel modo in cui lo vedeste andare al cielo.
Allora tornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme, avente il cammino di un sabato”
(Atti degli Apostoli 1, 9 – 12).

L’evangelista Luca negli Atti degli Apostoli indica  l’Ascensione di Gesù dal Monte degli Ulivi nel quarantesimo giorno dopo la Pasqua (1, 11). 
il numero 40   ricorre spesso negli avvenimenti del popolo ebraico errante, ma anche con Gesù, che digiunò nel deserto per 40 giorni.

L’evangelista Marco aggiunge che  “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro (gli apostoli),  fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc  16, 19).

Ancora Luca: “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio” (Lc 24, 50 – 52).

L'Ascensione è l'ultimo episodio della presenza terrena di Gesù. Ritornerà solo alla fine dei tempi per il giudizio finale, la parusia, dalla parola greca “parousìa” (= presenza); Nel Nuovo Testamento fa riferimento alla venuta di Gesù alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio.

Nel Credo degli Apostoli  la parusia viene menzionata con queste parole: “Gesù è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”.
« Ultima modifica: Settembre 24, 2022, 17:19:04 da Doxa »