Tarcisio aveva sempre al collo la fida macchina fotografica; era quasi un’appendice, o un ornamento della cravatta.
Ogni occasione era buona per fermare in un fotogramma il susseguirsi della sua vita: al lavoro o in vacanza, ritraendo cose, persone, fatti o paesaggi.
Stampava pochissime istantanee, che invece accumulava con spirito da collezionista su vari CD, ordinatamente in cartelle nominate con la data del giorno: 991225, 001225, 011225 erano i suoi giorni di natale scanditi su memorie di silicio.
Stamperò tutto, quando andrò in pensione, sarà il passatempo della mia vecchiaia.
Contava di vivere a lungo Tarcisio, anche perché, da quando si era dedicato al digitale, aveva ripreso il gusto di fotografare ogni cosa, tanto non c’era più la spesa della pellicola; anche gli oggetti più insignificanti e banali diventavano soggetto di magistrali composizioni, piccoli giochi di bravura fine a se stessi; non li esibiva nemmeno più nel suo circolo fotografico, gli amici avrebbero senz’altro storto il naso: "Questa non è fotografia, è maniacale perversione".
Ogni tanto si riguardava tutto sul monitor, brandelli di passato, recente e lontano (aveva acquisito con lo scanner anche gli scatti analogici, negativi e diapositive, un bel cumulo di ricordi).
Poco a poco ogni fotogramma, visto e rivisto, si era radicato profondamente nella sua mente, cosicché Tarcisio pensava oramai di vivere in una immensa esposizione fotografica.
Un giorno pèrò gli prese una strana angoscia: non riusciva a ricordare il volto ed il nome di un collega (o una collega) che qualche mese prima era andato in pensione, perché il giorno della festa di addio si era stranamente dimenticato l’apparecchio fotografico a casa.
Questo sì lo ricordava chiaramente, ed ancora portava dentro di se il rimorso di una simile sbadataggine.
Si arrovellò tutta la giornata, senza venire a capo di nulla.
Riuscì in ogni caso a maturare una decisione irrevocabile, sulla quale rimuginò nel pomeriggio.
Arrivato a casa, prese tutti i CD con le foto e gli apparecchi fotografici e li richiuse in cassaforte, diventata pressoché inutile con l’avvento di bancomat, carte di credito e conti correnti informatici. Fece un grazioso pacchettino con l’unica chiave della cassaforte e uscì a spedirlo senza indugio, approfittando del fatto che l’ufficio postale centrale chiudeva a tarda ora; destinazione, Argentina, presso uno zio.
Aveva deciso di ricominciare a vivere, per un lungo periodo, la sua vita in presa diretta, senza mediazioni.