Velatio ed EbraismoLa velatura della donna deriva da una tradizione millenaria nell’area mesopotamica e nel Medio Oriente.
Nel XII secolo a.C. il sovrano assiro
Tiglatpileser I (1114 a.C. — 1076 a.C.) emanò una legge che obbligava la donna sposata di indossare il velo all’esterno della sua casa.
Il sostantivo “velo” comprende differenti tipologie: dai veli che coprono solo il capo a quelli che coprono interamente il corpo e il volto.
Nell'ebraismo il velo indossato dalla donna sposata simboleggia appartenenza e identità religiosa.
Nella
Genesi è descritto l’incontro fra
Rebecca, figlia di Bathuel, di origini mesopotamiche, ed
Isacco, suo futuro sposo. Lei disse al servo: “
Chi è quell'uomo che dal campo viene verso di noi ? Il servo rispose: E' il mio padrone. Allora ella prese il suo velo e si coprì” (24, 65).
Ancora nella Genesi:
“Ella si tolse le vesti da vedova, si coprì d’un velo, se ne avvolse tutta e si mise seduta alla porta di Enaim” (38, 14).
Nel “Cantico dei Cantici”:“Come sei bella, amica mia, come sei bella! / Gli occhi tuoi sono colombe, / dietro il tuo velo” (4, 1);
“Come spicchio di melagrana è la tua tempia, / dietro il tuo velo. / Siano pure sessanta le mogli del re, / ottanta le concubine, /innumerevoli le ragazze! / Ma unica è la mia colomba, il mio tutto, unica per sua madre, / la preferita di colei che l'ha generata” (6, 7 – 9).
Secondo la tradizione tramandata da vari testi sacri dell’ebraismo, come la Torah e il Talmud, le donne ebree hassidimite il giorno del matrimonio avevano l’obbligo di tagliarsi i capelli e dal quel momento portare un velo colorato per coprirsi.
La Torah stabilisce che una donna deve coprirsi completamente i capelli quando è fuori casa. Alcune opinioni rabbiniche affermano che non si debba mostrare più di un tefach (circa tre centimetri di capelli, una ciocca).
Il Talmud (Ketuboth 72) offre una mediazione: la copertura minima dei capelli è un obbligo biblico mentre altre norme di come e quando coprirsi i capelli sono determinate dalla comunità in cui si vive.
La
Halakhah (plurale halakhot) è la tradizione "normativa" religiosa dell'ebraismo. Include le 613 mitzvòt, le successive leggi talmudiche e rabbiniche, le tradizioni e le usanze, ma anche numerosi aspetti della vita quotidiana. Per esempio, obbliga le donne sposate a coprire i capelli, considerati come una parte sensuale e privata.
Nel nostro tempo le donne ebree osservanti indossano diversi tipi di velo:
Tichel,
Snood e
Sheitl.
Il
tichel, chiamato anche mitpachat, è un foulard usato come copricapo dalle donne sposate.
tichel tradizionale
In sostituzione del tichel la legge ebraica permette alle donne sposate di indossare sopra i capelli naturali la
sheitel, la parrucca. Di solito viene indossata dalle seguaci della corrente ortodossa.
Una donna ebrea sposata che indossa una parrucca (sheitel) e un copricapo "snood".
Anche gli uomini usano il copricapo: la
kippah (plurale kippot), la indossano quando entrano nella sinagoga.
Gli ebrei osservanti la indossano anche durante la vita quotidiana in segno di rispetto verso Dio, per onorarlo.
La kippah è un simbolo sociale di appartenenza religiosa.
Oltre la kippah gli uomini indossano anche lo "scialle di preghiera": il
tallèd (o tallìt). Il tipo più diffuso è il “talled gadol”: un telo rettangolare di varie grandezze, più o meno decorato e dotato obbligatoriamente di frange ai quattro angoli, ma di solito anche sui due lati più corti. Tali frange si chiamano
tzitzit o zizzit e servono per adempiere il comandamento espresso nella Torah: "metterai delle frange alle quattro estremità del mantello con cui ti copri" (Dt 22, 12).
Le frange sono formate da quattro fili doppi, in modo da risultarne otto, uno dei quali più lungo, che si avvolge intorno agli altri; sono legate in un determinato numero di nodi, corrispondente al valore numerico delle lettere che compongono il nome di Dio.
Talled tradizionale indossato da un ebreo che prega.
Il rito della velazione nel matrimonio ebraico Un nuovo momento importante della vita è segnato dal matrimonio. Il dovere di creare una famiglia, secondo la tradizione, è il primo dei 613 precetti della Torah.
Il matrimonio si celebra in sinagoga ma anche nella casa della sposa o dello sposo, oppure in un giardino.
La cerimonia si svolge in due fasi. Con la consacrazione
(qiddushìn), lo sposo alla presenza di due testimoni infila l’anello nell’indice destro della sposa e la dichiara sua moglie. Solo il divorzio può ora separarli.
Con lo sposalizio (
nissuìm), i giovani, alla presenza di dieci uomini, vanno sotto il baldacchino nuziale (kuppà) o sotto il manto di preghiera (tallèd), simbolo di coabitazione. L’officiante recita sette benedizioni, gli sposi bevono vino da un unico calice che lo sposo poi rompe.
Prima della cerimonia lo sposo consegna alla madre della sposa il contratto nuziale (
ketubbà), la carta dotale tradizionale. Essa contiene i nomi degli sposi e dei rispettivi padri ed è firmata dallo sposo e da due testimoni. La scrittura e la consegna della ketubbà sono una parte integrante del rito nuziale. Con tale documento il marito si impegna ad assicurare alla sposa, in caso di morte o divorzio, una somma tale da garantirle un tenore di vita indipendente e decoroso.
Nel rituale ebraico il baldacchino simboleggia l'abbraccio di Dio alla terra e la sua protezione verso essa.