/5
Il prof. Vittorio Pelligra, docente di politica economica e studioso dei comportamenti economici in dialogo con la psicologia cognitiva e le neuroscienze, afferma che il valore di sé è valore nei confronti della propria coscienza.
Il processo di costruzione di senso attraverso la narrazione appare particolarmente importante per il modo in cui ciascuno di noi vive e affronta gli eventi negativi e le oggettive difficoltà che la vita spesso ci presenta.
Essere capaci di dare un senso alle cose, anche agli eventi più traumatici e difficili, ha come conseguenza non solo una migliore salute psicologica, ma anche, e questo può apparire per nulla scontato, una migliore salute fisica.
L’autobiografia, la capacità di raccontarsi, rispetto alle avversità della vita, rappresenta un processo efficace attraverso il quale impariamo a gestire delusioni, conflitti e sofferenze. Questo processo narrativo non è esente da rischi, per esempio l’autoinganno, sempre in agguato, l’eccesso di fiducia e di ottimismo, così come l’opposto senso di persistente e invincibile insoddisfazione.
Un altro aspetto da considerare è la “riflessività”. Una caratteristica determinante nella costruzione narrativa è l’interazione tra le nostre storie personali e la “grande storia” del nostro tempo.
L’auto-narrazione della propria vita struttura la percezione, segmenta e attribuisce finalità agli eventi della vita., organizza la memoria, individua dispiaceri e piaceri.
Il filosofo ed economista britannico John Stuart Mill (1806 – 1873) propone in questo brano una variazione del calcolo morale dei piaceri.
"Quando si tratta di valutare i piaceri, è assurdo considerare in essi soltanto la quantità e non la qualità. È un fatto indiscutibile che coloro i quali conoscono e apprezzano due specie di maniere di vita danno la preferenza a quella tra esse che impegna le loro facoltà più elevate. Sono poche le creature umane che accetterebbero d'esser mutate in animali inferiori se si promettesse loro il godimento più pieno dei piaceri delle bestie; nessun uomo intelligente consentirebbe a diventare imbecille, nessuna persona istruita a diventare ignorante, nessuna persona di cuore e di coscienza a diventare egoista, anche se loro si dimostra che un'imbecille, un'ignorante, l'egoista sono più soddisfatti della loro sorte. Un essere dotato di facoltà elevate esige di più per essere felice, soffre più intensamente, e in certi punti è stato più accessibile alla sofferenza che non un essere di tipo inferiore. E tuttavia un tale essere non potrà mai realmente desiderare di cadere in un tipo d'esistenza inferiore.
Vale meglio essere un uomo infelice che un maiale soddisfatto: vale meglio essere Socrate infelice che uno stupido soddisfatto. E se lo stupido, o il maiale, sono di diversa opinione, ciò si deve al fatto che essi conoscono soltanto un lato della questione.
La morale utilitaristica riconosce negli esseri umani il potere di sacrificare il loro più grande bene per il bene degli altri. Essa rifiuta soltanto di ammettere che il sacrificio sia un bene per se stesso. Un sacrificio che non aumenti, o non tenda ad aumentare, la somma totale della felicità, lo considera come inutile. La sola rinuncia che essa approva è la devozione alla felicità, o ad alcunché che serva alla felicità, degli altri: sia dell'umanità collettivamente, sia degli individui, nei limiti imposti dagli interessi collettivi dell'umanità".
[John Stuart Mill, "Utilitarismo"]