Ecco un libro diverso dagli altri, una prosa ricca e intensa che mescola poesie e riflessioni. L’autrice, la filosofa Roberta De Monticelli, si sofferma sull’intensità di quei rari momenti in cui il nostro io si sente vivo, cioè vicino alla Verità, all’Assoluto, ed è travolto da una felicità incontenibile. Accade davanti allo spettacolo della natura che da sempre si ripete ricaricandoci di quell’energia che è la fonte e l’origine di tutte le cose.
“Questa quieta meraviglia, per piccola che sia, è un attimo di quella specie di felicità che tutti i filosofi, compreso Tommaso d’Aquino, hanno dichiarato la più grande possibile per noi umani: la felicità contemplativa, l’allegria della mente.” Questo è il vivo. E uno dei modi in cui si manifesta è la preghiera: “Dicono del pregare vero che, a volte, lo stesso chiedere è ottenere. Così dice Santa Teresa d’Avila che certe volte una preghiera, anche quando è solo una domanda, diventa orazione di quiete. Per capire questo, pensa al Padre Nostro: dici ‘venga il Tuo regno ’ e questo regno improvvisamente è già lì, s’è posato sull’anima e la copre con le sue immense ali di riposo”.
Così parla della necessità di risanare “questo Paese non più nostro”, che è l’Italia di oggi ma anche il nostro mondo spirituale originario da cui ci siamo allontanati “a causa del groviglio delle bassezze, dei torti e delle storture che lo hanno invaso…La buia scienza che ci insegnano vorrebbe che l’anima ce la curassimo a furia di calunnie …” Questo libretto vuole essere “un omaggio a quel paese dell’anima che ovunque minacciano i crolli e gli sbriciolamenti delle sue povere vecchie ossa, delle sue fragili bellezze: le sue mura merlate e i suoi grifoni, le sue piazze fiabesche e le torri sghembe, i suoi sogni di tufo e di alabastro, la dolcezza perduta dei suoi golfi. Per abbracciarlo e promettergli altra vita, altro tempo, altra storia.”
Tre sono le immagini attraverso le quali l’Uno si è fatto vivo: l’albero, la città e il deserto. L’albero che si slancia verso l’alto cercando l’assoluto e si allarga nel mondo.
“Uno – prima dei molti/ oh, paese lucente/ prima dei nomi, prima delle stelle/ prima dei nostri muti fondamenti/ illimitato vivo:/ il nulla resta/ d’un augurio infinito/ nel buio della mente./ E un giorno è festa:/ il seminato ascende/ vivo per rami immensi/ ombra folta dimora/ agli uccelli del cielo.”
La città, il paese dell’io, dove l’autrice introduce il concetto di tempo che ne esalta l’antica bellezza ma mette in luce anche la decadenza e la paura della morte.
Infine il deserto che è lo Spirito Santo, simbolo di vita e di rinnovamento, di conoscenza.
Una lettura impegnativa, ma bellissima.