Ciao Platino,
nel passato a Roma alle persone bugiarde si diceva un vecchio detto popolare:
“sei più busciardo te de na lapide de cimitero”, con riferimento alle epigrafi encomiastiche diffuse nei cimiteri. Questo motto mi fa pensare alla poesia di Totò, quella titolata “A livella”:
[…]
“Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l’11 maggio del’31.
‘O stemma cu ‘a curona ‘ncoppa a tutto…
…sotto ‘na croce fatta ‘e lampadine;
tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto:
cannele, cannelotte e sei lumine”.
[…]
Tornando a te, hai scritto
L’epigrafe resta ultimo atto pubblico, non per tutti obbligato, dovuto , richiesto a priori o prassi. Quanti vorrebbero scriversi la propria, ma l’appuntamento definitivo non si prenota, resta imprevisto in modo e data nelle mani del destino
Platino ma è proprio necessaria l’epigrafe encomiastica ?
Ma a chi interessa ?
I parenti del defunto sanno chi era, agli altri non importa nulla.
Nell’antichità ai lati delle strade consolari che cominciavano a Roma erano permesse sepolture e sepolcri, di solito delle famiglie benestanti, e si usava configgere nel terreno epigrafi marmoree. I testi si possono leggere perché rinvenuti durante scavi archeologici e conservati nei musei lapidari.
Di solito le scritte informano chi erano le persone sepolte ed invitano i viandanti che transitano sulla strada a pregare per loro.
La celebre locuzione latina
“Sic transit gloria mundi” (="così passa la gloria del mondo", ci ricorda in senso lato come sono effimere le cose del mondo.
Tutto passa.
Un esempio, i bisnonni di gente “normale”: di solito ai discendenti non interessa sapere chi erano. Si limitano alla conoscenza superficiale dei nonni.