Autore Topic: Confessio  (Letto 1124 volte)

Doxa

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Confessio
« il: Marzo 08, 2021, 21:01:30 »
Siamo in Quaresima ed è tempo che io mi dedichi alla riflessione dei miei peccati, compiuti con parole, azioni ed omissioni.  :)  ;D

L’ecclesia cristiano-cattolica invita i suoi fedeli alla “confessio”, traduzione in lingua latina del sostantivo “confessione”, la quale “libera” la coscienza e svolge una funzione catartica, purificatrice, redentrice.

In ambito religioso la parola catarsi (dal  greco “katharsis” = "purificazione") è usata  con significato spirituale e allude alla conversione, al pentimento dei peccati commessi.

Nell’antica religione politeista greca  c’era il “rito della purificazione”, per pulire  il corpo da una contaminazione visibile o invisibile, come il sangue o una colpa.

Con l’orfismo il concetto di catarsi assunse un significato religioso.

Il pitagorismo fece della catarsi il nucleo del suo ritualismo ascetico per la liberazione dell’anima dall’irrazionale.

Di ispirazione pitagorica è la catarsi descritta dal filosofo Platone nel Fedone e nel Sofista.

Nel Fedone considera la catarsi un processo conoscitivo tramite il quale ci si libererebbe dalle impurità dello spirito. Con la purificazione dell’anima dalle passioni  l’individuo si può aprire alla prospettiva della phronesis (= saggezza).

Nel Sofista la catarsi è intesa come purificazione o liberazione dell’anima dai vizi.

La catarsi inizia con la periagoge (= conversione), con la liberazione dalle simboliche  catene che impediscono di vivere secondo areté (= virtù) e permettono al prigioniero di volgere lo sguardo verso il trascendente.

Aristotele nella "Politica” argomenta sulla catarsi generata dalla musica, che induce alla meditazione, invece nella “Poetica” descrive la catarsi come liberatorio distacco dalle passioni.

In ambito psicoanalitico il concetto di catarsi fu ripreso da Sigmund Freud e Joseph Breuer (“Studi sull’isteria”) per indicare in pazienti ansiosi  la loro  liberazione da  esperienze traumatizzanti  o situazioni conflittuali,  facendo riaffiorare nella coscienza dell’individuo gli eventi responsabili, rimuovendoli dal subconscio. I due studiosi  denominarono il procedimento da loro utilizzato: “metodo catartico”. 

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« Ultima modifica: Marzo 09, 2021, 08:18:54 da Doxa »

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Re:Confessio
« Risposta #1 il: Marzo 08, 2021, 21:26:33 »
/2
La Chiesa cattolica ha un'esperienza millenaria delle potenzialità terapeutiche del perdono ed ha elevato la confessione  al rango di sacramento.



Nel catechismo l’articolo 4 è dedicato al sacramento della penitenza: i fedeli penitenti tramite il confessore  ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa.

Il sacramento della penitenza viene anche chiamato:

sacramento della conversione: perché realizza sacramentalmente l'appello di Gesù alla conversione;

sacramento della confessione dei peccati davanti al sacerdote;

sacramento del perdono: con  l'assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente "il perdono e la pace".

sacramento della riconciliazione: dona al peccatore l'amore di Dio che riconcilia.

Paolo di Tarso:  “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5,20);

l’evangelista Matteo: “Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello” (5,24).

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Re:Confessio
« Risposta #2 il: Marzo 08, 2021, 21:37:15 »
Il Catechismo della Chiesa cattolica indica gli atti necessari per la confessione e ricevere l’assoluzione.

Il percorso di conversione è articolato in quattro fasi: contrizione, esame di coscienza, confessione dei peccati, soddisfazione-penitenza.

1.La contrizione (dal latino conterere = ridurre in piccole parti) o pentimento deriva dall’afflizione per il male compiuto e dal proponimento di non peccare più in avvenire.

Il Concilio di Trento, che si  svolse in tre  diversi periodi  di tempo dal 1545 al 1563, definì la contrizione come "dolore dell'anima e odio per il peccato commesso, con il fermo proposito di non peccare in futuro".

La contrizione può essere perfetta o imperfetta.

Quella perfetta è collegata al pentimento dei propri peccati. Il credente si duole del peccato in quanto è un’offesa a Dio: “ubi caritas, ibi Deus est” (= Dov’è la carità, lì c’è Dio), perciò “contrizione di carità”.

Invece la contrizione imperfetta o attrizione (= frantumazione in grandi parti) avviene nel penitente che considera Dio non un Padre amorevole che perdona, ma un Giudice che minaccia il castigo a chi trasgredisce le sue leggi.

2. Esame di coscienza (dal Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1454): consiste nella sincera e diligente ricerca dei peccati commessi, a cominciare dall'ultima confessione. Il fedele pentito, riflette, s’interroga sul male compiuto, prova afflizione e si propone di evitare in futuro le occasioni di peccato.

3. La confessione dei peccati al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della penitenza. Il penitente con l’aiuto del confessore deve dire con sincerità tutti i peccati che lo assillano e le circostanze in cui li ha compiuti, per farsi comprendere dal sacerdote e per poter  “ricevere il perdono dalla divina misericordia”.

4 La soddisfazione. La confessione implica la conversione  e la riparazione del male compiuto con parole, azioni od omissioni L’art. n. 1459 del catechismo dice che bisogna fare il possibile per riparare, ad esempio restituendo le cose rubate o ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato.
Tale è lo scopo della soddisfazione o penitenza sacramentale, che viene imposta dal confessore per l’espiazione dei peccati commessi. L'assoluzione toglie il peccato, ma non basta, il peccatore deve “soddisfare” in modo adeguato.

La penitenza riparatrice che il confessore impone deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un'offerta in denaro,  nelle opere di  carità,  aiuto al prossimo, privazioni volontarie o  sacrifici.

L'accettazione della penitenza comminata dal confessore fa parte del sacramento della confessione e deve essere eseguita  come è stata prescritta.

Gesù affidò ai suoi apostoli la riconciliazione; i loro successori (vescovi e presbiteri) hanno il potere di perdonare i peccati “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Il perdono dei peccati riconcilia il peccatore pentito con Dio e con la Chiesa


Il confessore  assolve il penitente con questa frase: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Il peccatore accoglie l’assoluzione e recita l’atto di dolore, rinnovando il proprio impegno di conversione.

n. 1465.Celebrando il sacramento della penitenza, il sacerdote compie il ministero del buon pastore che cerca la pecora perduta, oppure quello del buon samaritano che  aiuta chi ha bisogno,  o del padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, ed anche del giusto giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore.

n. 1467.  Il sacerdote che ascolta le confessioni è obbligato a mantenere il segreto assoluto riguardo ai peccati che i suoi penitenti gli confessano.  Non gli è lecito parlare neppure di quanto viene a conoscere, attraverso la confessione, della vita dei penitenti. Questo segreto, che non ammette eccezioni, si chiama il "sigillo sacramentale", poiché ciò che il penitente  racconta al sacerdote rimane « sigillato » dal sacramento.

Dopo il perdono dei suoi peccati il penitente viene riconciliato con Dio, con la Chiesa e il prossimo.

Alla confessione viene attribuito valore educativo: l’individuo  viene perdonato dal Dio misericordioso e impara ad usare misericordia verso gli altri.

(n. 1457): Secondo il precetto della Chiesa ogni fedele ha l’obbligo di confessare i propri peccati gravi almeno una volta l’anno.
« Ultima modifica: Marzo 13, 2021, 22:57:03 da Doxa »

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Re:Confessio
« Risposta #3 il: Marzo 08, 2021, 22:03:39 »
Il sacramento della confessione
 
Nel Sacramento della confessione  il credente incontra la misericordia di Dio, il suo perdono.

Il Sacramento del perdono comincia con Gesù, ad esempio:

nell’incontro con la donna samaritana (Gv 4, 1-42),  alla quale dice “Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito”; 

ad un’altra donna, adultera (Gv 8,1-11): “Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”;

alla peccatrice della città venuta da lui a casa del fariseo (Lc 7,36-50), Gesù le dice: “Ti sono perdonati e i tuoi peccati”.

Altri episodi. Ad esempio, il colloquio con Nicodemo (Gv 3,1-21), dove Gesù dice: «”Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio”;

le parole di Gesù a Pietro, che gli domandava quante volte dovesse perdonare suo fratello e Gesù gli disse: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,22); 

durante il dono dello Spirito Santo Gesù risorto disse ai discepoli: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,23).

Nel nostro tempo l’incontro con Gesù nel mistero sacramentale inizia con una preghiera del sacerdote e del fedele, poi il credente  confessa i suoi peccati, il sacerdote ascolta e consiglia il penitente.  Dopo il sincero pentimento, gli dà l’assoluzione, in nome di Dio e della Chiesa; inoltre, gli/le commina  una penitenza riparatrice dei peccati commessi. 

Il rapporto tra penitente e sacerdote è personale ed è tutelato dal segreto,  che  riguarda sia le colpe accusate, sia l’identità del penitente, sia la penitenza da fare.
 
Il modo con cui si svolge il sacramento della confessione è cambiato nel tempo.  Quello giunto fino a noi ebbe la sua formulazione tra il XII e il XIII secolo, quando si  cominciò a considerare l’intenzione e le motivazioni interiori dell’agire umano come decisive per considerare e valutare l’individuo  e il suo comportamento.

Nell’odierna  confessione privata tra confessore e penitente l’attenzione  del sacerdote è  mirata sulla coscienza del peccatore,  in modo da valutare la sua azione e il suo pentimento in base alle motivazioni del penitente stesso.

Con l'esortazione apostolica “Reconciliatio et paenitentia” del 2 dicembre 1984 il pontefice Giovanni Paolo II ricorda la corretta prassi del sacramento della confessione e condanna gli abusi della "confessione comunitaria" per confessarsi.

Uno stralcio della catechesi  dedicata dal papa Francesco alla confessione il 19 febbraio 2014: “Nel tempo, la celebrazione di questo sacramento è passata da una forma pubblica  (perché all’inizio si faceva pubblicamente) a quella personale, alla forma riservata della confessione. Questo però non deve far perdere la matrice ecclesiale. E’ la comunità cristiana il luogo in cui si rende presente lo Spirito Santo e fa di tutti i fedeli una cosa sola in Gesù Cristo. Perciò non basta chiedere perdono al Signore nella propria mente, ma è necessario confessare umilmente e fiduciosamente i propri peccati al sacerdote”.

Comunque, nonostante gli “aggiornamenti”,  in Europa la pratica della confessione è in disuso, con sommo rammarico del Vaticano.

Nel cristianesimo protestante non c’è il “sacramento” della confessione.

In genere i protestanti confessano i loro peccati con una preghiera privata che invoca il perdono divino. Non reputano necessario l’intermediazione del confessore per avere l’assoluzione. Durante la celebrazione della Messa recitano la preghiera collettiva di confessione dei peccati.

Nella tradizione anglicana la confessione e l'assoluzione avvengono in forma collettiva durante la celebrazione dell'Eucaristia. Dopo l'invito del celebrante ad effettuare un esame di coscienza, si svolge una preghiera silenziosa, durante la quale il fedele può riconoscere i peccati dentro di sé; quindi i fedeli recitano insieme una formula di confessione generale e il celebrante pronuncia la formula di assoluzione.

Nell'anglicanesimo esiste anche la confessione privata, che si può svolgere nel confessionale o in un incontro privato con il sacerdote. Non sono richieste motivazioni particolari per fare la confessione privata, ma si ritiene che potrebbe essere desiderabile a seconda delle circostanze individuali.

Nel luteranesimo la confessione e l'assoluzione dei peccati sono richieste per la comunione, ma non è necessaria l'enumerazione di tutti i peccati commessi.
Solitamente i luterani formulano un rito penitenziale durante la celebrazione eucaristica, così come gli anglicani ed i cattolici.
I luterani non enfatizzano la "penitenza" come la retribuzione dei propri peccati ma come la proclamazione del perdono di Dio.

La Confessione nella Chiesa ortodossa

A differenza del cattolicesimo, nelle  Chiese ortodosse e nelle Chiese cattoliche di rito orientale  il sacramento della confessione non si svolge nel  confessionale con la grata, ma davanti l’analogion: è un leggio sul quale vengono collocati  un’icona che raffigura Gesù Cristo, l’evangelario e una croce benedizionale.  In genere l’analogion viene collocato vicino l’iconostasi.

Il prete e il penitente sono entrambi seduti (usanza greca) o entrambi in piedi (usanza russa) davanti l'analogion;

nella concezione ortodossa la confessione viene rivolta a Cristo e il prete è presente in qualità di testimone. Il penitente  confessa i suoi peccati rivolto verso la croce o l'icona; finita la confessione, il prete copre la testa del fedele con la sua stola e legge la formula di assoluzione.



« Ultima modifica: Marzo 13, 2021, 23:01:20 da Doxa »

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« Risposta #4 il: Marzo 08, 2021, 22:10:20 »
La confessione di per sé non è terapeutica. Se lo fosse, i disturbi psichici e la sofferenza psichica non ci sarebbero.

Non ci si può illudere che andando dal penitenziere o dallo psicoterapeuta si stia meglio o si guarisca dopo la confessione.

Dire ciò che fa soffrire è utile ma non sufficiente, perché siamo coscienti solo della parte più superficiale e non dell’inconscio. Infatti al prete  viene comunicato quel che “pesa” sulla propria coscienza, da lui si fa “l’esame di coscienza”, si dice quel che si conosce, invece dallo psicoanalista ci si va anche per scoprire alcune cose nel proprio inconscio che fanno star male.  E se la psicoterapia non funziona  la responsabilità è di solito equamente divisa tra  paziente e terapeuta, il quale non ha capito i problemi del paziente o non è professionalmente adeguato.
 
Il prete giudica, perdona in nome di Dio, commina penitenze,  indica il modo per espiare i peccati. 
Invece lo psicoterapeuta non giudica, non commina penitenze, non assolve le colpe in nome di Dio, ma tenta di indurre il paziente ad auto-perdonarsi, lo aiuta ad accettarsi, a vivere in armonia con il proprio ambiente sociale, cerca di alleviare le sofferenze psicologiche, aiuta il paziente a comprendere le modalità di alcuni comportamenti.

Per la religione cristiana la confessione è un sacramento mediante il quale il penitente ottiene tramite il confessore l’assoluzione dei propri peccati. Chi per vergogna od altro non dice al confessore un proprio peccato, profana il sacramento e commette un sacrilegio. Allora è meglio rivolgersi dallo psicoterapeuta che ascolta senza condannare e se si tace un misfatto non si commette il sacrilegio, però per questo servizio bisogna pagarlo.

La confessione religiosa è obbligatoria per i cattolici; molti la considerano benefica per l’anima (la mente); altri credono che dopo la morte ci sarà l’inferno per i peccatori, perciò confessano anche gli atti impuri per purificare l’anima ed avere la speranza di un posto nel purgatorio.   

Agostino, vescovo di Ippona,  ne “Le Confessioni” si domanda: "Perché mi confesso a Dio, che sa tutto ?" Se Dio è onnisciente non c’è bisogno. "Il fatto è, prosegue, che non mi confesso soltanto a lui, ma di fronte a tutti gli uomini, per adempiere la Verità".

Nel periodo paleocristiano e tardo antico la pubblica confessione avveniva prima del culto liturgico. Nella Didachè c’è scritto: “Nella adunanza farai la confessione dei tuoi peccati e non ti recherai alla preghiera in cattiva coscienza... Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo aver confessato i vostri peccati affinché il vostro sacrificio sia puro (Didachè 4, 14; 14, 1).

L’”impronta” di quelle  pubbliche confessioni ancora permane nell’attuale liturgia: durante la celebrazione della Messa i fedeli recitano la preghiera penitenziale, il “Confiteor” (= confesso) per ottenere il perdono divino. 

Il perdono ha un legame con il dono. Infatti chi perdona  non condona la colpa ma consente al perdonato di riflettere sulle sue colpe. Inoltre, la persona offesa trae beneficio dall’aver donato il perdono: si libera dall’ira e dalla vendetta, attenua l’ansia e migliora l’autostima.

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Re:Confessio
« Risposta #5 il: Marzo 09, 2021, 09:39:11 »
Nel nostro tempo dei mass media e dei social c’è anche la pubblica confessione come forma di autodenuncia, liberazione dal senso di colpa.

Gente dello “spettacolo”, ma non solo, per avere visibilità o a causa di nevrosi preferisce “confessarsi” pubblicamente, utilizzando i nuovi media come sostituti del sacro e del confessore.

E’ trendy confessare le proprie colpe, i “vizi”,  i personali episodi da tener riservati.

La confessione, inizialmente formulata dal cristianesimo come  fondamentale ai fini della propria “salvezza”, con la psicoanalisi è diventata strumento terapeutico,  passando dal sacerdote, nell’anonimato del confessionale,  sul divano dello psicoanalista.

Colloqui  riservati con funzione penitenziale o terapeutica, di fronte a un interlocutore singolo, un ascoltatore con il potere di assolvere, in senso religioso o laico.

La confessione religiosa è  connessa  al desiderio di espiare da parte del pentito, che aspira al perdono.   

Ma come è stato possibile rompere i limiti del privato e riversare in pubblico, senza remore, l’intimità individuale ?  Dovrebbe restare segreta, invece  in numerose persone “sorge” spontanea la motivazione a raccontarsi, forse come come prolungamento della seduta psicoterapeutica.

Questi "selfie" dell’anima stanno diventando invadenti, superano i confini della decenza. Nelle trasmissioni televisive e sul web  ci sono voci dissonanti di persone emotive, nevrotiche,  che desiderano attenzione, chiedono di essere ascoltate, riversano il loro privato nel pubblico. Più che soddisfare il bisogno di liberarsi  da un “peso psicologico” si assiste alla purificazione della colpa attraverso la pubblica condivisione.

L’ammissione, lo svelamento dei propri errori, delle colpe, dei tradimenti, del disamore, degli egoismi, diventa una modalità di partecipazione, si pretende l’assoluzione non dal confessore o dal psicoterapeuta,  ma da una moltitudine di  persone.

La confessione pubblica  tramite i media si  configura quindi come  un aggiornamento dell’exomologesi, che prescrive di umiliarsi, di riconoscere la propria colpa per  avere solidarietà; nell’ambito ecclesiastico, con la rivelazione del male compiuto il peccatore chiede di essere riammesso nella Chiesa, nella comunità dei fedeli.
« Ultima modifica: Marzo 09, 2021, 17:19:18 da Doxa »

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Re:Confessio
« Risposta #6 il: Marzo 10, 2021, 18:36:35 »
Penitenza



Per la Chiesa cattolica il sacramento della penitenza è uno degli aspetti più significativi della vita cristiana. Ma nel nostro tempo la penitenza è in crisi, conseguenza della crisi di fede, che genera la perdita del senso del peccato e di Dio.

Spesso manca la coscienza del peccato che si commette e c’è indifferenza verso il “sacramento” della penitenza, conversione e riconciliazione con Dio e la Chiesa. 

Penitenza deriva dal latino “paenitentia”. Evoca la confessione e il sacerdote che per “penitenza” impone al peccatore le preghiere risarcitorie o altro,  invece è collegata al riconoscimento del peccato commesso, al pentimento,  al desiderio di espiazione e di  non peccare più, il peccatore accetta la penitenza e riceve la remissione dei peccati, il “perdono di Dio”.

Fa penitenza chi  valuta moralmente il proprio agire e decide di cambiare atteggiamenti e comportamenti.

Il sacramento della penitenza pretende il pentimento dal peccatore e la manifestazione del suo pentimento, come l’anonima peccatrice della Galilea perdonata da Gesù.

Vangelo di Luca (7, 36 – 50
): “Uno dei farisei lo invitò (a Gesù)  a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si piegò su sé stessa piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. ‘Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice’. Gesù allora gli disse: ‘Simone, ho una cosa da dirti’. Ed egli: ‘Maestro, di' pure’.  ‘Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?’. Simone rispose: ‘Suppongo quello a cui ha condonato di più’. Gli disse Gesù: ‘Hai giudicato bene’. E volgendosi verso la donna, disse a Simone: ‘Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.  Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco’. Poi disse a lei: ‘Ti sono perdonati i tuoi peccati’. Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: ‘Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?’. Ma egli disse alla donna: La tua fede ti ha salvata; va' in pace!’ ”.

« Ultima modifica: Marzo 14, 2021, 09:28:38 da Doxa »

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« Risposta #7 il: Marzo 10, 2021, 19:22:26 »
La penitenza nell'ebraismo.

Yom Kippùr (= "Giorno dell'espiazione"). E' un giorno considerato sacro e solenne, dedicato alla preghiera, all'espiazione dei peccati  e alla riconciliazione. Il credente  deve chiedere perdono al Signore. La tradizione vuole che in questo giorno Dio suggella il suo giudizio su ogni individuo.

Lo Yom Kippur inizia con la preghiera "Kol Nidré" (parola aramaica che significa "tutte le promesse") che deve essere recitata prima del tramonto. Il testo: "Tutti i voti, gli impegni, i giuramenti e gli anatemi che siano chiamati 'konam', 'konas', o con qualsiasi altro nome, che potremmo aver pronunziato o per i quali potremmo esserci impegnati siano cancellati, da questo giorno di pentimento sino al prossimo (la cui venuta è attesa con gioia), noi ci pentiremo".

Il rito dello Yom Kippur viene menzionato quattro volte nella Torah (in Esodo 30,10; Levitico 23,27-31 e 25,9; Numeri 29,7-11).

Nella  Torah lo Yom Kippur  è denominato “Yom haKippurim”  (="Giorno degli espiatori"). È uno dei cosiddetti Yamim Noraim ( = Giorni di timore reverenziale").

Gli Yamim Noraim vanno da  Rosh haShana a Yom Kippur.

Rosh haShana è il capodanno religioso nel primo giorno del mese, uno dei tre previsti nel calendario ebraico; nella Torah è definito “il giorno del suono dello shofar; nella liturgia ebraica il “Giorno del giudizio”.

Yom Kippur: giorno del digiuno di espiazione, comincia al crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico  di Tishri (= primo mese del calendario ebraico). Nel 2021 dal tramonto di mercoledì 15 settembre al tramonto di giovedì 16 settembre. I primi dieci giorni di questo mese sono caratterizzati dall’introspezione (esame di coscienza), dall'afflizione e dalla preghiera. 

Lo Yom Kippur è un giorno di digiuno totale: ci si astiene dal mangiare, dal bere, da qualsiasi lavoro o divertimento; ci si dedica solo al raccoglimento e alla preghiera.

Prima di Kippur devono essere saldati i debiti morali e materiali che si hanno verso gli altri uomini. Si deve chiedere personalmente perdono a coloro che si è offesi: a Dio per le trasgressioni compiute verso di Lui, mentre quelle compiute verso gli altri uomini vanno personalmente risarcite e sanate.
Ci si deve avvicinare a questo giorno con animo sereno e fiduciosi che la richiesta di essere iscritti da Dio nel “Libro della vita”, sarà esaudita. La purezza con cui ci si avvicina a questa giornata da alcuni è sottolineata dall’uso di vestire di bianco.



Nel sito dell’Unione delle comunità ebraiche italiane c’è scritto che lo Yom Kippur è anche detto
“Sabato dei sabati”, ed è l’unico tra i digiuni a non essere posticipato se cade di sabato.

“Kippur è forse la più sentita tra le ricorrenze e anche gli ebrei meno osservanti in questo giorno sentono con più forza il loro legame con l’ebraismo. Un tempo, gli ebrei più lontani venivano detti “ebrei del Kippur” perché si avvicinavano all’ebraismo solo in questo giorno.
L’assunzione della responsabilità collettiva è un altra delle caratteristiche di questo giorno: in uno dei passi più importanti della liturgia si chiede perdono dicendo “abbiamo peccato, abbiamo trasgredito….”. La liturgia è molto particolare e inizia con la commovente preghiera di Kol Nidrè, nella quale si chiede che vengano sciolti tutti i voti e le promesse che non possono essere state mantenute durante l’anno.
Questa lunga giornata di 25 ore viene conclusa dal suono dello Shofàr, il corno di montone, che invita di nuovo al raccoglimento, e subito dopo dalla cerimonia di “separazione” dalla giornata con cui si inizia il giorno comune”.


« Ultima modifica: Marzo 14, 2021, 09:31:23 da Doxa »

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« Risposta #8 il: Marzo 10, 2021, 21:38:49 »
Il terzo libro  della Torah ebraica e della Bibbia cristiana è il “Levitico”. E’ composto da 27 capitoli riguardanti leggi religiose e sociali, che Mosé diede agli Ebrei durante la loro permanenza nel Sinai.

Nell’antichità il Levitico veniva consultato dai sacerdoti appartenenti alla tribù israelitica di Levi, terzo figlio del patriarca biblico Giacobbe e di Lia. Levi è considerato il capostipite dei Leviti.  I sacerdoti dediti al culto di JHWH potevano appartenere soltanto a questa tribù. Essi, nell’antico Israele, sorvegliavano a Gerusalemme il Tempio e  il tabernacolo. 

Il capitolo 16 del Levitico è dedicato al rito penitenziale annuale (giorno dell’espiazione o Yom Kippur).

[...]

[29] Questa sarà per voi una legge perenne: nel settimo mese, nel decimo giorno del mese, vi umilierete, vi asterrete da qualsiasi lavoro, sia colui che è nativo del paese sia il forestiero che soggiorna in mezzo a voi,
[30] poiché in quel giorno si compirà il rito espiatorio per voi, al fine di purificarvi da tutti i vostri peccati. Sarete purificati davanti al Signore.

[31] Sarà per voi un sabato di riposo assoluto e voi vi umilierete; è una legge perenne.

[32] Compirà il rito espiatorio il sacerdote che ha ricevuto l'unzione e l'investitura per succedere nel sacerdozio al posto di suo padre; si vestirà delle vesti di lino, delle vesti sacre.

[33] Purificherà la parte più santa del santuario, purificherà la tenda del convegno e l'altare; farà l'espiazione per i sacerdoti e per tutto il popolo della comunità.

[34] Questa sarà per voi una legge perenne: una volta all'anno si compirà il rito espiatorio in favore degli Israeliti, per tutti i loro peccati". E si fece come il Signore aveva ordinato a Mosè.
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Re:Confessio
« Risposta #9 il: Marzo 10, 2021, 22:35:34 »
Tornando al cristianesimo…

Gesù Cristo si manifesta come colui che ha il potere di perdonare i peccati.

Dal Vangelo di Marco (2, 1 – 12):

(Gesù) "entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.

Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone.  Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico.  Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: 'Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati'.

Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 'Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo ?'.
Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: 'Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua”. 12 Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.


Sono significativi i gesti di Gesù nell’accoglienza dei peccatori. Dal Vangelo di Matteo,  9, 10 – 13:

"Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: 'Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?'. 12 Gesù li udì e disse: 'Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori' ”.


Dal Vangelo di Luca, 15, 1 - 32

"Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.  I farisei e gli scribi mormoravano: ‘Costui riceve i peccatori e mangia con loro’. Allora egli disse loro questa parabola:

‘Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?  E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.  Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte.

Disse ancora: Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!  Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.  Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.  Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.


Agli apostoli Gesù conferisce il potere di perdonare i peccati.

Dal Vangelo di Giovanni, 20, 19 – 23 (apparizione di Gesù ai discepoli):

“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi!’. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: ‘Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi’. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi’ “.


Lo stesso concetto della remissione dei peccati è presente nel Vangelo di Matteo (18, 18) con la metafora del “legare e sciogliere”: “In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo”.

Doxa

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Re:Confessio
« Risposta #10 il: Marzo 10, 2021, 22:45:22 »
Perché per avere l’assoluzione dei nostri peccati dobbiamo rivolgerci ad un sacerdote ?

Se un pentito si rivolge direttamente alla misericordia di Dio per ottenere il perdono delle proprie colpe può considerarsi assolto ? Dio conta di più di un sacerdote.

Al tempo di Gesù  e fino ad alcuni secoli dopo il sacramento della penitenza non esisteva.

Secondo don Gianni Cioli, docente di teologia morale, non si deve porre la questione in termini di concorrenzialità tra Dio e il sacerdote, evidenziando  che Dio conta di più di un sacerdote.

Chi perdona i peccati è sempre Dio. Il ruolo del prete nel sacramento della penitenza  non deve essere considerato come un diaframma tra il cristiano e Gesù Cristo, ma come un servizio.

Il sacramento della penitenza o riconciliazione ha lo scopo di portare a compimento la condizione di pentimento, definita “contrizione”, condizione necessaria per avere la misericordia di Dio.

Il sacramento della penitenza è un atto di solidarietà da parte della Chiesa , che sostiene il cammino di conversione del credente.  Non lascia solo il cristiano col peso dei peccati nel percorso penitenziale.

Il ministro della Chiesa ascolta  e consiglia il penitente che si confessa; il confessore evita al fedele  il rischio di ridurre la confessione fatta direttamente a Dio, ad un soliloquio che potrebbe condurre a giudizi troppo severi nei propri confronti, confondendo Dio con il Super-Io, oppure, favorire l’inganno dell’autogiustificazione.
 
L’attuale forma celebrativa del sacramento della penitenza fu costituita in un lungo periodo durato secoli.

Dio può perdonare anche al di fuori della prassi sacramentale, senza la mediazione dei ministri di culto, ma sarebbe un errore per un cattolico non usufruire dell’opportunità di accedere al sacramento del perdono e alla relativa prassi di confessare i peccati al ministro della Chiesa.