Leggendo le Metamorfosi di Ovidio, d’un tratto, mi sono tornati alla mente lontane immagini … lontani ricordi … miti … e storia … ma andiamo con ordine …
Galli e Galati
Nelle sue “Storie” Diodoro Siculo scrivendo dell'origine dei Galli ci dice che:
“Nella Celtica in antico era sovrano un uomo illustre, che ebbe una figlia di una statura fuori dalla norma e che, quanto ad avvenenza, superava tutte le altre ragazze. Ma costei, insuperbita per la propria forza fisica e la meravigliosa avvenenza, rifiutava ogni pretendente che la chiedeva in moglie, poiché pensava che nessuno di costoro fosse degno di lei.
“Poiché, nel corso della sua spedizione contro Gerione, Eracle arrivò nella Celtica e vi fondò la città di Alesia, la ragazza, vedendo Eracle ed ammirandone il valore e la superiorità fisica, ne accettò gli abbracci con tutto l’ardore, in quanto anche i suoi genitori avevano dato il loro consenso.
“Unitasi con Eracle generò un figlio di nome Galate, che superava di molto gli uomini della tribù in qualità d’animo e in forza fisica; quando si fu fatto adulto e succedette sul trono dei suoi padri, si assicurò il possesso di ampia parte del territorio confinante e compì grandi imprese di guerra. Divenuto famoso per il suo coraggio, chiamò i suoi sudditi Galli o Galati, dal proprio nome, e da lui prese nome tutta la Gallia”.
Ancora un altro mito: Galatea, Aci e Polifemo
Tutti conoscono la storia di Aci e Galatea, ma non tutti sono a conoscenza della fine …
Aci era un bellissimo e giovane pastore siciliano (aveva 16 anni) amato dalla ninfa Galatea, figlia di Nereo e di Dioride, la quale per lui aveva sdegnosamente respinto l'amore di Polifemo. Avendo però questi sorpreso l'amoroso abbandono dei due amanti, in un accesso di furore, staccato un pezzo di rupe, lo scagliò addosso al rivale uccidendolo. La ninfa ottenne da Poseidone che l'amato fosse trasformato nel fiume omonimo, che oggi scorre sotterraneo nei pressi di Acireale.
Morto Aci, a Galatea non restò altro che lasciarsi consolare da … Polifemo … anche se era “bruttissimo e dal pelo ispido”.
In effetti, da quanto ci narra Ovidio nelle Metamorfosi, Polifemo fece proprio di tutto per ingraziarsi Galatea. Le diceva:
“… Abbi solo un po' di pietà e ascolta, ti supplico, le mie preghiere: a te sola mi sono prosternato. Io che disprezzo Zeus, il cielo e il fulmine che tutto penetra, temo solo te, Nereide: peggiore del fulmine è l'ira tua.
… O Galatea, più candida di un candido petalo di ligustro, più in fiore di un prato, più slanciata di un ontano svettante, più splendente del cristallo, più gaia di un capretto appena nato, più liscia di conchiglie levigate dal flusso del mare, più gradevole del sole in inverno, dell'ombra d'estate …
… più amabile dei frutti, più attraente di un platano eccelso, più luminosa del ghiaccio, più dolce dell'uva matura, più morbida di una piuma di cigno e del latte cagliato, e, se tu non fuggissi, più bella di un orto irriguo; ma ancora, o Galatea, più impetuosa di un giovenco selvaggio, più dura di una vecchia quercia, più infida dell'onda, più sgusciante dei virgulti del salice e della vitalba …
… più insensibile di questi scogli, più violenta di un fiume, più superba del pavone che si gonfia, più furiosa del fuoco, più aspra delle spine, più ringhiosa dell'orsa che allatta, più sorda dei marosi, più spietata di un serpente calpestato, e, cosa che più d'ogni altra vorrei poterti togliere, più veloce, quando fuggi, non solo del cervo incalzato dall'urlo dei latrati, ma del vento che soffia impetuoso! …”
Certamente, come possiamo vedere, Polifemo non lesinò complimenti, né lusinghe … e alla fine … riuscì nel suo intento … Galatea cedette (forse anche per mancanza d’altro …) e la leggenda ci racconta come insieme a Polifemo generò una moltitudine di figli, che formarono una stirpe di alta statura e di notevole forza … Questa stirpe fu chiamata Galatesi (in greco Galatai).
Fino a qui il mito … anzi due miti.
Ed adesso passiamo alla storia: i Galli in Italia.
Plutarco racconta che i Celti, avrebbero lasciato il loro territorio d’origine per motivi demografici, in cerca di nuove terre in grado di sfamarli. La migrazione di decine di migliaia di persone avvenne principalmente su tre direttrici: un gruppo si diresse verso nord (verso la Scandinavia, questi poi divennero i Vichinghi); un secondo gruppo verso ovest, la regione compresa fra i Pirenei e le Alpi (grosso modo l’attuale Francia centro-meridionale; questi furono i Galli), un terzo gruppo si diresse verso sud (i Balcani, la Tracia e l’Anatolia).
Plutarco ci dice anche che, avendo i Galli (della zona francese) gustato il vino prodotto in Italia (introdotto dai Greci) ne rimasero così deliziati da diventarne folli (ἔκφρονες), tanto da migrare in Italia, la terra che offriva un prodotto del genere, e stabilirsi nella pianura padana (Gallia Cisalpina).
Tale testimonianza è confermata anche da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, XII 2).
Brenno e il sacco di Roma
Nel 390 a.C. Brenno partì dalla Gallia Cisalpina con un esercito verso il Lazio. Giunto alle porte di Roma sconfisse le milizie Romane, e impose il pagamento di un duro tributo (mille libbre d’oro). Ma l’intervento di Furio Camillo (“non con l’oro, ma col ferro si difende la patria”) riuscì a capovolgere le sorti della guerra e a sconfiggere i Galli.
Dopo la sconfitta la maggior parte dei Galli ritornarono nelle terre di partenza, tranne alcuni gruppi che invece si diressero verso sud e fondarono alcune città che da essi presero il nome di Galati (una si trova in provincia di Reggio Calabria (vicino Brancaleone) e due in provincia di Messina (Galati Mamertina e Galati Marina).
Questi Galli, venuti a conoscenza della leggenda di Polifemo e Galatea se ne appropriarono e la utilizzarono per nobilitare la loro stirpe.
Victor